Puoi spiegarci cos’è EurAc e di cosa si occupa?
EurAc è una rete di ong che operano nella regione dei Grandi laghi: Repubblica democratica del Congo, Burundi e Rwanda. Abbiamo come scopo quello di fare advocacy o lobby politica. In sostanza, monitoriamo le politiche dell’Unione europea in Africa, in particolare nella regione dei Grandi laghi, produciamo analisi politiche ed elaboriamo rapporti per cercare di influenzare tali politiche o anche per documentarne i risultati. Ci occupiamo prevalentemente di tre linee tematiche: pace e sicurezza, diritti umani e democrazia, risorse naturali. Io seguo in particolare le risorse naturali. Un nostro campo storico di attività è quello dei minerali di conflitto sul quale, come rete, siamo stati molto attivi nel fare pressioni verso l’Unione europea affinché adottasse una legislazione improntata al cosiddetto "dovere di diligenza”, che impone alle imprese europee che importano minerali da zone di conflitto di evitare che tali minerali finanzino conflitti in corso o contribuiscano a violazioni dei diritti umani.
Molti dei gruppi armati che hanno terrorizzato la regione si finanziavano infatti tramite il commercio di questi minerali. Tra l’altro, ora stiamo assistendo a un forte aumento della domanda di queste materie, necessarie per la produzione di telefonini, computer, macchine industriali e così via.
Quali sono i "minerali di conflitto”?
Per quanto riguarda la Repubblica democratica del Congo, il maggiore esportatore di minerali in Africa e uno dei più importanti al mondo, parliamo soprattutto delle "tre t”, cioè tantalio, tungsteno, stagno (tin in inglese), e oro. Il coltan (minerale di estrazione primario del tantalio) è utilizzato nei processi di stabilizzazione delle batterie dei telefoni, ma anche dei veicoli elettrici. Noi ci teniamo sempre a sottolineare che i minerali non sono la causa dei conflitti, bensì lo strumento con cui i gruppi armati si finanziano. Cerchiamo di limitare espressioni come "minerali di conflitto” o "minerali di sangue”, perché l’industria mineraria in Rdc dà lavoro a circa il 10% della popolazione. Oltre alla popolazione direttamente impiegata nell’estrazione, nella lavorazione, nel trasporto dei minerali, c’è tutto un indotto economico che gira intorno all’industria mineraria.
Stiamo parlando dell’impiego di decine di migliaia di persone che sopravvivono grazie al fatto di poter andare ogni giorno nei pozzi e nelle gallerie delle miniere a estrarre, spesso a mano, questi minerali. Teniamo presente che l’estrazione dei minerali è quasi completamente artigianale.
Ovviamente che il settore economico sia importante non vuol dire che non ci siano problemi. Intanto è un ambito altamente informale, in cui i più piccoli, gli artigiani, subiscono forti imposizioni economiche dai gruppi armati. Il finanziamento dei gruppi armati avviene infatti tramite una tassazione illegale dei minerali estratti: esistono dei posti di blocco sulle strade che spesso operano attraverso l’estorsione.
Quello che noi diciamo è che bisogna migliorare la governance del settore minerario, per esempio, tramite il rafforzamento delle capacità negoziali degli attori più vulnerabili, che rappresentano l’anello più debole della catena di produzione e spesso non hanno appunto la forza per contrattare prezzi equi da parte delle imprese acquirenti. Le comunità minerarie, spesso, oltre a vedersi pagare prezzi irrisori, vengono anche spogliati delle terre. Non di rado infatti la cessione della concessione per la zona mineraria avviene con modalità opache, con episodi di abuso di potere e corruzione da parte delle autorità locali e nazionali.
Di qui la necessità di un impegno da parte dell’Unione e degli stati membri affinché il settore venga meglio regolato e organizzato, affinché si interrompa il circuito vizioso tra commercio di minerali, importantissimi per la nostra industria, e finanziamento di conflitti.
Nel 2017 il Parlamento europeo ha approvato un regolamento importante in questo settore. Puoi raccontare?
L’Unione europea nel 2017 ha adottato un regolamento che impone agli importatori europei di allinearsi ai principi di dovere di diligenza. Il regolamento non proi ...[continua]
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