Umberto Croppi: Nel congresso, io l’ho seguito da Radio Radicale, non c’è stato dibattito, né alcun tipo di approfondimento. La svolta è avvenuta solo per due o tre dichiarazioni contenute nei documenti formali, senza alcuna riflessione né vero scontro. Rauti ha notificato le sue posizioni, qualcuno ha pianto, qualcuno ha applaudito, poi se n’è andato: In sostanza è stato un congresso dal profilo bassissimo, anche rispetto a certi congressi del vecchio Movimento Sociale, dove c’era stata vera contrapposizione di tesi, dove gli scontri erano stati reali. Questa grande superficialità è un po’ il segno dei tempi: è l'effimero che premia.
Allora, tutto questo chiedersi se la svolta sia stata vera o meno, se i missini abbiano veramente abbandonato il fascismo -è questa poi la domanda unica e ossessiva- è un po’ privo di senso proprio perché non c’è stato nessun contenuto da cui distanziarsi, anche perché gli elementi di neofascismo presenti nell’Msi da tempo non esprimevano più politica. Questi elementi di neofascismo, paradossalmente, erano quelli utilizzati da Fini al congresso di Fiuggi, quando, mentre Rauti era quello che spingeva sulla possibilità di innovazione, lanciò lo slogan del “fascismo del Duemila” e difendeva l’orticello, ma senza nessuna adesione sostanziale, come pura scelta di marketing e di nicchia. Fini sapeva di poter contare su una piccola porzione elettorale di nostalgici e su quella insisteva e quindi ora gli è stato relativamente facile smontare tutto proprio sul piano dei richiami esteriori al fascismo. A Fiuggi hanno sancito la novità nata il 27 marzo, l’hanno resa formale, e la novità sostanziale è che Alleanza Nazionale ha ereditato lo spazio elettorale della Democrazia Cristiana e, soprattutto, ha ereditato i suoi comportamenti, gli orizzonti, gli uomini, l’apparato organizzativo. A Roma, dove il fenomeno è particolarmente evidente, Alleanza Nazionale ha ereditato in blocco il vecchio apparato democristiano che, tra l’altro, è l’unico in grado di avere relazioni con gli ambienti piccoli e grandi che contano. Le relazioni con gli ambienti economici ed imprenditoriali, in particolare con le grandi famiglie di palazzinari, che oggi ha An derivano tutti dall’assunzione in blocco di un materiale umano che proviene dalla Dc. La vera svolta è in questo e gli elementi di rischio non derivano dal fatto che possa riemergere una qualche edizione del fascismo, ma dal fatto che proprio un’assoluta mancanza di orizzonti programmatici rende questo tipo di persone totalmente aperta a qualsiasi tipo di soluzione, quindi anche a ipotesi di tipo totalitario, ma senza che questo sia progettato. Oggi An, per fare un esempio fra gli altri, ha abdicato a quegli aspetti di xenofobia che invece erano caratterizzanti della seconda segreteria Fini, quella dopo Rauti, ma se domattina valutassero che su questo fenomeno cresce la tensione, e quindi può diventare un elemento di riconoscibilità, di presa popolare, ci metterebbero 24 ore a riabbracciare in pieno questo tipo di scelta.
Marco Tarchi: Per il momento An non ha nessuna ragione di disseppellire una politica di questo tipo perché ce n’è un’altra che consente di tenere in piedi un’immagine di maggior legittimità. Invece una politica che faccia perno sull’ideologia della sicurezza anche negli aspetti più discutibili, che quindi cavalchi la xenofobia e così via -quel tipo di politica che Ignazi chiama dell’”estrema destra post-industriale”- naturalmente comporta dei costi in termini di immagine. Però, nel momento in cui, per esempio, la concorrenza del Ppi all’interno di un blocco allargato come il Polo della libertà o simili dovesse ridimensionare, anche elettoralmente, il loro peso, questa alternativa ci sarebbe, anche se non avrebbe un preciso fondamento ideologico. Croppi ha perfettamente ragione nel dire che quella di An è semplicemente un’alternativa funzionale per coprire uno spazio nel mercato politico che, tutto sommato, nessun altro copre. Uno spazio che addirittura, con il possibile estinguersi della valvola di sfogo rappresentata dalla Lega, diventa ancor più libero. Fra l’altro, che cosa era rimasto del fascismo nell’esperienza del Movimento Sociale? Era rimasta un’identità nostalgica che serviva a motivare, in una porzione limitatissima dell’elettorato, una scelta tutto sommato antipolitica, giocata su un ...[continua]
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