Muhameddin Kullashi, già docente all’università albanese di Pristina poi chiusa dal regime di Milosevic, insegna ora Filosofia all’Università di Parigi 8. Ha pubblicato per le edizioni l’Harmattan, Humanisme et haine, una raccolta di saggi sulla filosofia iugoslava dagli anni di Tito all’ultimo decennio.

Qual è oggi la situazione in Macedonia?
E’ una situazione preoccupante, più preoccupante di quella a sud della Serbia. Nel sud della Serbia infatti, nella vallata di Presevo, dove vive una minoranza albanese sparsa in tre comuni con circa 80.000 abitanti, ci sono state, prima dell’attacco del ‘98 in Kossovo, delle azioni contro la popolazione da parte di Milosevic e parecchie migliaia di persone -sono dati dell’Alto Commissariato dei profughi- sono state costrette dall’esercito che preparava l’attacco a lasciare questa zona. Quando la guerra è finita probabilmente c’è stata l’influenza di certi gruppi dell’ex Uck del Kossovo che hanno reclutato giovani fuggiti da questa regione e hanno creato gruppi che hanno dato vita a una resistenza armata per reazione a quello che il regime di Milosevic aveva fatto. Tuttavia, è una situazione più o meno sotto controllo perché la Kfor è vicinissima, ci sono stati accordi e un rapporto molto forte fra la Kfor e il nuovo governo di Belgrado, e c’è un progetto di soluzione di questi problemi locali.
In Macedonia, invece, la situazione è più preoccupante perché quasi un terzo della popolazione è albanese, tutta la zona occidentale è abitata pressoché interamente da albanesi e nella capitale quasi la metà della popolazione è albanese. Probabilmente c’è stata un’influenza di membri dell’Uck che erano di origine macedone, fra 500 e 700 secondo Kouchner, e quando la guerra è finita un certo numero di questi sono finiti nei gruppi armati che oggi combattono in Macedonia. Cos’è che rende così complicata e pericolosa la situazione? Intanto il fatto che gli scontri armati, la guerriglia, le imboscate, lungi dal risolvere i problemi degli albanesi in Macedonia, stanno mettendo in grave imbarazzo i due partiti albanesi del paese e gli albanesi del Kossovo, dove i giornali sono apertamente critici. Anche perché l’attuale governo macedone è il più moderato visto finora, abbastanza attento alle rivendicazioni degli albanesi e ha contribuito ad una certa distensione fra i due gruppi. Durante la guerra 200.000 kossovari hanno trovato rifugio presso la popolazione albanese in Macedonia e, nonostante i timori, non ci sono stati gravi conflitti. Detto questo, però, ci sono problemi dal 1992, da quando la Macedonia è una repubblica indipendente e le rivendicazioni da parte dei due partiti politici degli albanesi erano pressappoco le stesse di oggi: innanzitutto chiedevano già allora di essere definiti nella costituzione come popolo costitutivo. Questo è un problema che riguarda un po’ tutte le costituzioni delle repubbliche che sono comparse dopo la seconda Yugoslavia -ad esempio ricorderete che quando Tudjman è andato al potere ha cambiato l’articolo che riconosceva i serbi come costitutivi della Croazia, affermando che i serbi erano una minoranza- ma questa logica secondo cui c’è una distinzione fra popolo costitutivo e popolo non costitutivo è un’eredità ideologica della seconda Yugoslavia e delle correnti nazionaliste nate dopo. Penso che la soluzione migliore sarebbe che lo stato di Macedonia fosse definito come stato di tutti i cittadini della Macedonia: macedoni, albanesi, rom, serbi, ecc. Purtroppo nel preambolo della costituzione si dice che lo stato della Macedonia è lo stato del popolo macedone, il che comporta un primo problema, diciamo etnico-giuridico, nel senso che un terzo di popolazione è tagliata fuori; poi c’è un problema più serio che è l’integrazione degli albanesi nelle istituzioni pubbliche e le cose non sono cambiate da 10 anni in qua. C’è una presenza di albanesi in Parlamento, nei ministeri, ci sono 4 o 5 ministri, ma non è cambiato molto a livello di tutte le istituzioni, nella polizia o nel settore economico. In generale, nel settore pubblico, le cifre che si sono potute consultare girano attorno al 5%; c’è una vistosa assenza degli albanesi nelle istituzioni, malgrado una buona parte di loro abbia avuto una formazione scolastica a Belgrado, Zagabria, Lubiana.
Questo ha creato delle frustrazioni e fa sì che le rivendicazioni dei partiti politici albanesi riguardino sempre una richiesta di uguaglianza -uguaglianza è forse troppo, diciamo una parteci ...[continua]

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