Quello che segue è il resoconto di un dialogo fra amici: Vittorio Foa, Carlo Ginzburg e Federico Bozzini. A innescare la discussione il fatto che da anni, ormai, Carlo Ginzburg vive prevalentemente in America dove insegna. Federico Bozzini è collaboratore della Fim Cisl di Verona.

Vittorio Foa. Non vorrei parlare dei libri di Carlo. Vorrei invece fargli delle domande che riguardano un po’ tutta la sua vita, e la mia. Forse tutte le mie domande si riducono a una sola, sempre quella. La cosa singolare è che forse si tratta di una domanda che io faccio a me stesso: ma perché diavolo mi devo arrabbiare se Carlo è così? E’ assurdo che uno se la prenda con un altro perché è diverso da se stesso. La risposta che mi do è che mi arrabbio con lui perché ho l’impressione che non soltanto sia andato all’estero a insegnare per un certo numero di mesi l’anno, ma che vi abbia portato anche la testa. Non tanto perché io veda la sua testa all’estero, ma perché ho l’impressione che lui, anche quando passa di qui, non sia più in Italia. Una delle domande che ne conseguono è: che importanza può avere tenere la testa in Italia? La sua intelligenza uno può investirla in qualunque parte del mondo. Perché dunque io mi arrabbio quando ho l’impressione che Carlo non tenga la propria in questo benedetto paese? Per rispondere credo che mi sia necessario prendere in esame due elementi: il primo è il mio rapporto con Carlo, il secondo è il mio rapporto con quest’Italia che io presumo debba avere un primato nella collocazione della testa delle persone che mi sono care. Mi aiutate a rispondere a queste domande?
Cominciamo con la prima. Perché questo rimprovero non l’ho mai fatto ad altri che pure stimo molto e che hanno scelto di vivere all’estero? Perché invece con Carlo me la prendo? Perché ho l’impressione che l’Italia avrebbe bisogno di lui. Intanto cominciamo a vedere che senso ha questa mia impressione: cosa vuol dire che l’Italia ha bisogno di Carlo? Non mi immagino affatto un Carlo che scrive sulla stampa italiana e che fa dei commenti estemporanei su quello che succede. Ciò che vi accade è solitamente così squallido che non vale la pena di commentarlo. La mia opinione sulla cronaca politica di questo paese è che solitamente l’atteggiamento migliore è quello di non parlarne. Ci sono però dei momenti nei quali uno sente d’aver bisogno di qualche aiuto per capire in che mondo vive. In questi momenti io penso a lui per le qualità della sua persona e per il tipo di rapporto che ci lega: un rapporto di verità.
Quando lui parla io lo ascolto come si ascolta uno che ti aiuta a pensare, a guardarti attorno e a capire un po’ meglio il mondo in cui vivi. Senza dover fare delle grandi apologie, mi pare che il suo pensiero mi aiuti a pensare. Ci sono dei momenti della nostra vita in cui vi sono delle scelte da fare. Carlo non ti direbbe mai quale è la scelta giusta, però ti offrirebbe una descrizione del quadro in cui ci si muove e in questo modo ti aiuterebbe a farla.
A questo punto, perché ho l’impressione che lui non ci sia? Questo è più difficile da capire. Non è che ci siano dei problemi sui quali Carlo non mi dice nulla. Se gli pongo una questione, lui ne parla. Forse la mia insoddisfazione dipende dal fatto che io mi sento molto italiano, che mi sento molto parte di questo paese. E qui bisognerebbe cercare di comprendere le ragioni per cui questo succede. Potrebbe essere interessante capire cosa vuol dire essere italiani in questo mondo. Forse questo è il mio vero limite. Una delle ipotesi che faccio è che forse io, per ragioni biografiche, finisco per essere un patriota in eccesso e ritengo che lui dovrebbe aiutarmi a raggiungere un equilibrio in modo da esserlo un po’ meno.
Ci sono poi altre cose. Forse io ho un’inclinazione al moralismo. Anche qui bisognerebbe prima di tutto capire cosa significa. Però ho la tendenza a dare su ogni cosa che succede un giudizio etico. Probabilmente questo non è giusto e penso che uno come Carlo mi potrebbe aiutare moltissimo a controllarmi.
Però la verità è che quando mi arrabbio con lui non penso ai suoi rapporti con me, ma ai suoi rapporti con questo paese che mi appare spesso così stupido, così disperatamente stupido. In fondo poi non lo è, perché conserva nascoste molte possibilità e moltissime risorse. Però spesso si lascia andare. In certi momenti si ha l’impressione di poter prenderlo per i capelli e tirarlo fuori dall’acqua. Ma per rimetterlo in condizione di respirare bisog ...[continua]

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