In politica una notizia falsa ma plausibile convince più di una vera ma poco verosimile.
Di un fatto, pure accaduto realmente e documentatamente, si possono dare interpretazioni diverse e fuorvianti o fornire giustificazioni di comodo, se il fatto in sé appare poco verosimile. Ma da una accusa che appare verosimile è inutile cercare difesa: anche non risultasse provata nella occasione descritta, è frequente ritenere che abbia comunque un fondamento in circostanze analoghe.
Non occorre portare prove contro un avversario politico, a sostegno di accuse che confortano l’opinione prevalente nei suoi confronti. Mentre è inutile cercarle, perché non sarebbero efficaci, se il bersaglio da colpire non appare attaccabile al riguardo.
Il pregiudizio è alla base del consenso politico, perché il politico stesso lo ricerca e lo alimenta per le sua necessità di caratterizzarsi dinanzi al proprio elettorato.
L’accusa infondata, ma verosimile, contro un avversario, non influisce, però, che sugli incerti: i sostenitori dell’accusato, per la plausibilità dell’accusa, già conoscono il punto debole e non lo ritengono decisivo per il proprio consenso, mentre gli avversari lo ritengono decisivo già da prima della notizia.
Ad esempio: è così insistito il modo di presentarsi che hanno scelto per sé certi politici (Berlusconi come imprenditore insofferente del teatrino e della ritualità politica; Bossi come dissacrante ariete contro tutto ciò che sa di Stato, di Italia, di Europa, di burocratico; Di Pietro come giustiziere inflessibile e senza riguardi verso i corrotti potenti; D’Alema come politico antidemagogico che si diverte a provocare e a schernire soprattutto i propri alleati) che anche quando sono accusati di parole e di fatti non veri (Berlusconi per le gaffe vere o interpretate come tali; Bossi per i vilipendi ripetuti a simboli, istituzioni, sentimenti nazionali; Di Pietro per il manicheismo che si manifesta nella mancanza assoluta di ogni garantismo; D’Alema che pensa ogni cattiveria e trama ogni inganno contro coloro che stanno dalla sua parte) ogni smentita risulterebbe comunque debole e finirebbe per ridare risalto all’accusa.
Come ho già detto prima però, tali accuse, proprio perché sottolineano caratteri del politico già noti all’elettorato, più che convincere qualcuno, confermano ogni elettore nel suo precedente giudizio.
Gli addetti ai lavori sanno bene che alcune notizie che circolano sono inventate di sana pianta, ma sono plausibili e corrispondono ad una generale aspettativa, altre sono vere solo in parte o sono state fraintese o volutamente travisate, altre ancora forse sono vere, ma nessuno sa se veramente corrispondono alla realtà dei fatti, noti solo agli interessati. Infine molte cose vere che accadono non diventano notizia perché non trovano utilizzabilità in quanto poco verosimili, seppur vere.
Due attualizzazioni di quanto sopra detto:
- durante l’ultima vicenda della coppia Lario- Berlusconi è apparso verosimile che lui volesse candidare delle veline prive di altri titoli di merito o che avesse festeggiato una diciottenne perché coinvolto sentimentalmente; le due notizie appaiono oggi non così vere, ma rimangono nella memoria in quanto simili a vicende che molti ritengono plausibili, per Berlusconi. Come d’altra parte è apparso verosimile che qualche cronista o qualche giornale avesse strumentalizzato la delusione e la rabbia della signora Lario per fini elettorali; ovviamente al di là dei fatti, gli elettori di Berlusconi sono rimasti convinti che la sinistra congiura contro di lui per partito preso e i suoi detrattori si sono convinti ancor più del suo scarso rispetto delle istituzioni e dell’etica comune;
- è diffusa l’opinione che i veri leader del Pd abbiano già deciso di separare le proprie strade dopo le europee; il Pd, così come voluto soprattutto da Veltroni, dimostra di non saper contendere i voti, né sul versante radicale a Di Pietro, né sul versante moderato a Casini; meglio allora andare separati per poi colpire uniti con accordi solo elettorali. Credo che, se la notizia è vera, si potrebbero spiegare sia l’avvento di Franceschini al comando, sia la rinuncia di candidature di rilievo e così via.
Ma anche non fosse vera, non sarebbe nell’interesse di D’Alema, di Rutelli, di Letta che fosse andata così? E allora tanto vale interpretarla così. In fin dei conti siamo il paese dei complotti, e se una volta tanto il complotto non c’è, perché non inventarlo?
Francesco Giuliari