Vittorio Rieser è ricercatore dell'IRES-centro studi e ricerche della Cgil di Torino.

Tu hai fama di essere, nel sindacato, favorevole alla fabbrica integrata. Comunque sia te ne sei occupato, in particolare della Fiat di Melfi. Ce ne puoi parlare?
Ho la nomea di essere favorevole alla fabbrica integrata, forse perché me ne sono occupato per primo, prendendola sul serio quando molti sostenevano che era pura propaganda atta a mascherare il solito taylorismo. Adesso tutti riconoscono che non è più taylorismo. Dopodiché io cerco sempre di tenere distinto il piano dell’analisi, che deve essere il più possibile avalutativa, dal piano politico, rispetto al quale, ad esempio sull’accordo di Melfi, ho preso posizioni molto polemiche.
In generale si può dire che si è aperta una fase nuova, non so dire se della stessa portata e della stessa durata di quella taylorista, ma certamente una fase che costituisce una risposta più avanzata del capitalismo alle nuove condizioni del mercato, della concorrenza internazionale, eccetera. Anche rispetto alla fabbrica integrata, comunque, il compito del sindacato è di contrattare al meglio le condizioni di erogazione della forza lavoro. Quello del sindacato non è un compito rivoluzionario, non è rovesciare il capitalismo, e quindi non è neanche quello di rovesciare il modello della fabbrica integrata. Uno può anche sostenere questa posizione, può dire, come ha detto Bertinotti un po’ di tempo fa, “mettiamo la sabbia negli ingranaggi della fabbrica integrata”, sono posizioni politicamente legittime, ma il sindacato non ha questi compiti, il sindacato deve, nell’ambito dei rapporti di produzione esistenti, contrattare nel modo più vantaggioso le condizioni di lavoro.
Questo, per me, è un criterio-base valido sempre. Se un sindacato cerca di andare troppo in là rispetto ai suoi compiti istituzionali alla fin fine ci rimette e ci rimettono i lavoratori. Allora questo è il problema da cui io parto: come contrattare i problemi nuovi creati dalla fabbrica integrata.
E a questo proposito? A Melfi per esempio cosa è successo?
Il sindacato finora ha fatto molto poco e nel caso della Fiat di Melfi meno che meno, nel senso che, semplicemente, ha sempre subito l’iniziativa dell’azienda, a partire dalla scelta della localizzazione ed al collegamento di questa con alcuni vincoli sull’orario e sui turni. Del fatto che oggi il toyotismo prevalga come modello a livello mondiale e che quindi arrivi anche alla Fiat non si può far colpa al sindacato. Ma che Melfi nasca -prima che si discutesse di ogni altra cosa, prima che si cominciasse a costruire lo stabilimento, prima che ci fossero i lavoratori- con già fissati in partenza i regimi di orario su tre turni, notte e sabato compresi, senza riduzione di orario ed estesi anche alle donne, non era affatto inevitabile, era semplicemente una condizione politica, posta dalla Fiat, che il sindacato ha subito.
La seconda tappa è stata l’accordo del 11 giugno ’93 dove, senza negoziazione, il sindacato prende atto di un nuovo metodo di misurazione dei tempi precostituito dalla Fiat. Esiste tutt’ora, nel resto degli stabilimenti Fiat, un sistema di misurazione dei tempi noto come TMC1, derivazione dell’MTM classico internazionale. E' un sistema di tipo tayloristico ed è un sistema che, a detta dei compagni esperti, pur nel limite di aver come punto di riferimento un personaggio inesistente -cioè l’uomo medio, con una stessa sequenza di movimenti che nella realtà, invece, sono diversi se fatti da un uomo di vent’anni o di cinquanta, da un uomo o da una donna- ha una sua logica, assegnando a un certo movimento un tempo maggiore degli altri sulla base di un’osservazione degli effetti stancanti di certe operazioni, e così via. E in più, su questo sistema si è innestata una contrattazione sindacale che ha ottenuto dei tetti di saturazione del lavoratore, delle pause. Questo sistema, bene o male, negli stabilimenti Fiat, anche negli anni peggiori, non è stato rimesso in questione, ma a Melfi lo si è aggirato, in parte con la scusa che certe linee di montaggio nuove, più flessibili, non erano quelle tradizionali, quindi non c’era più la pausa di 40 minuti, ma di 20... A Melfi la Fiat ha introdotto unilateralmente, come sistema di partenza, un nuovo sistema di calcolo dei tempi che, secondo i calcoli dei nostri esperti, ovviamente calcoli approssimativi perché su queste cose la Fiat non ha dato informazioni adeguate, comporterebbe mediamente, con ...[continua]

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