Nel n. 142 di Una Città, Luigi Bobbio ha parlato del sorteggio, sul modello “giuria popolare”, che in alcuni ambiti viene utilizzato per far partecipare i cittadini al processo democratico, e delle varie iniziative messe in atto per correggere il carattere elitario della rappresentanza. Nadia Urbinati, nel n.144, senza negare la crisi della democrazia rappresentativa, oggi effettivamente a rischio di deriva oligarchica, ha avanzato delle perplessità sull’introduzione di pratiche di democrazia diretta. In particolare ha evidenziato il pericolo che, nei forum deliberativi, i cittadini vengano scelti in quanto rappresentanti di un gruppo sociale piuttosto che come individui. Pubblichiamo qui il verbale del forum che ha fatto seguito alle due interviste.
Nadia Urbinati insegna Teoria politica alla Columbia University di New York. Luigi Bobbio è direttore del Master di Analisi delle Politiche Pubbliche presso il Corep di Torino. Pino Ferraris, sociologo, dirige la rivista Parole Chiave.

Nadia. Cos’è in Italia un forum deliberativo? Da noi il termine deliberazione significa nient’altro che decisione, decisione ragionata, collettiva, ecc., mentre i forum deliberativi non sono finalizzati alla decisione, infatti Bosetti proponeva di chiamarli forum informativi.
Luigi. Sì, però è sbagliato, perché il fondamentale elemento distintivo di questi forum non è l’informazione ma la deliberation, appunto. Se noi non siamo in grado di tradurre deliberation, questo è un problema, però non è che ce la caviamo dicendo “sondaggi informati”. Ma questa è una questione nominalistica, il dato interessante è che si richiede un elemento di deliberazione, cioè che la gente argomenti, discuta, dibatta, ecc. Questa è la caratteristica.
La differenza fondamentale è tra i forum in cui i partecipanti sono tirati a sorte e quelli in cui i partecipanti non sono sorteggiati, ma selezionati in altro modo. Qui c’è un primo nodo fondamentale, cioè come si fanno le selezioni dei partecipanti? Sostanzialmente esistono tre modi: autoselezione (cioè ci va chi vuole, “porta aperta” diciamo), una selezione mirata (cioè metti insieme delle persone che, a tuo giudizio, rappresentano i punti di vista rilevanti) e, infine, la selezione casuale: prendere dei cittadini qualsiasi.
Nadia. Ma come fai a conoscere i punti di vista? In base all’appartenenza sociale. E’ questo il problema.
Luigi. Non è così, dipende dal tema sul tappeto. Nel caso della localizzazione dell’inceneritore si trattava di una selezione mirata: erano stati individuati dei siti possibili, 15 per l’esattezza; abbiamo messo insieme i rappresentanti di tutte le 15 comunità e li abbiamo fatti discutere per un anno e mezzo. Questo è un microcosmo in cui si poteva ragionevolmente ritenere che i punti di vista rilevanti fossero quelli delle comunità.
Nadia. Il problema che io pongo è questo: in questi forum deliberativi, l’organizzatore, cioè chi definisce i termini del problema, è determinante. Cioè: chi siete voi? Io intravedo il delinearsi di una democrazia che è sì partecipata, però con questa guida o stimolo, perché costruite il tema, raccogliete le informazioni, preparate gli argomenti, selezionate le questioni, insomma, diventa una forma di democrazia deliberativa pilotata. Si può dire così?
Luigi. Sì. Allora, quali sono gli accorgimenti possibili per eliminare l’arbitrio del “pilotamento”? Il principale strumento che viene usato è quello di cercare di far guidare queste esperienze da comitati in cui siano presenti le maggiori forze in gioco. Faccio un esempio: per il sondaggio deliberativo che abbiamo fatto sulla Tav, abbiamo costituito -con una fatica pazzesca- un comitato in cui ci fossero i pro-Tav e i no-Tav, che hanno in qualche modo selezionato i testimoni, cioè hanno definito il progetto, ecc. Certo, tu puoi obiettare chiedendo: chi forma il comitato?
Nadia. C’è una regressione all’infinito…
Luigi. Però l’idea di mettere insieme un comitato formato dai principali punti di vista discordi che gestisce e sorveglia non è banale. Questo è un po’ un tentativo di rispondere alla tua domanda.
In Piemonte abbiamo organizzato anche tre giurie di cittadini sul traffico. Qui era l’Università che lo faceva quindi era più semplice, anche se poi abbiamo coinvolto il Comune, la Provincia, ecc. Cos’abbiamo fatto? Abbiamo preso i giornali dell’ultimo anno, abbiamo visto chi era intervenuto sulle politiche di quella città e li abbiamo invitati a partecipare a un comitat ...[continua]

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