Ludmila lavora come assistente familiare a Bologna.

Sono cittadina ucraina ma sono moldava. Mio marito è nato in Ucraina e mia suocera è della Repubblica Autonoma Ciuvasija, che fa parte della Federazione Russa. Lui non ha avuto un padre, lei lo ha avuto così, non era sposata e io non lo so chi fosse il padre di mio marito.
Sono arrivata in Italia il 6 marzo 2004. Ho deciso di venire qui perché a casa ho una situazione economica tanto pesante. Mio marito non lavora da vent’anni. Mio figlio adesso ha venticinque anni, lavora e studia, quando sono partita già lavorava. Da noi è incominciato con la Perestroika, si sono chiuse le fabbriche e tanti posti di lavoro. Mio marito ha perso il lavoro. Lui ha fatto degli errori, poteva avere un lavoro ma ha sbagliato e allora ha perso il lavoro. Io sono rimasta in una condizione di povertà grande e per forza dovevo venire, e mi dispiace di essere venuta tardi. Avrei dovuto farlo prima ma non l’ho fatto per la povertà e la mancanza di informazioni. Tutto questo viaggio è costoso, per noi sono tanti soldi. Adesso gli ucraini per venire pagano 2500-3000 euro. A quei tempi io ne ho pagati 1300, e sono soldi grandi. Sono soldi che si danno alle persone che ti fanno attraversare le frontiere clandestinamente, ovvio, il trasporto non sarebbe così costoso. Quando sono partita avevo il passaporto e un Visto polacco, la Polonia non faceva ancora parte della comunità europea. Basta, non avevo altro, il bagaglio mi è rimasto in Polonia, così sono arrivata qui in Italia con il passaporto, il portafoglio e un sacchetto dove avevo un po’ di roba che mi avevano dato alla Croce Rossa a Berlino.
Quando sono partita, per prima cosa, dalla mia piccola città di periferia della regione di Odessa dovevo andare a Kijev, che è lontana, dovevo attraversare tutta l’Ucraina. Mi hanno detto che mi avrebbero fatto un Visto polacco e allora a Kijev, davanti all’ambasciata polacca, aspettavo una signora ucraina e lei mi ha preso il passaporto e mi ha detto: “Nel pomeriggio tu avrai il Visto”. Sono andata alla stazione ferroviaria ad aspettare e lei è venuta nel pomeriggio e mi ha detto che non era stata capace di farmi il Visto per quel giorno. Mi ha detto anche che ero fortunata perché le persone che erano partite quel giorno per la Polonia, alla dogana erano state rimandate indietro. Allora io sono stata tutta la notte alla stazione ferroviaria, il giorno dopo lei mi ha portato il passaporto con il Visto e alle otto di sera ho preso un treno Kijev-Cracovia. A Cracovia dovevo prendere la coincidenza per Zielono Gora, avevo proprio solo due-tre minuti. Eravamo tre persone a fare quel viaggio, siamo arrivati a Cracovia, siamo andati a domandare per i biglietti e il treno intanto è partito. Noi allora abbiamo preso un altro treno, siamo andati a Varsavia, che è tutta un’altra direzione. Però noi avevamo un Visto turistico e non potevamo stare tutta la notte alla stazione, perché i turisti dormono in albergo di solito, e dunque potevamo essere scoperti. Così abbiamo preso il treno che andava nella direzione opposta, siamo andati a Varsavia e poi da lì abbiamo preso un treno Varsavia-Zielono Gora. Abbiamo viaggiato tutta la notte e alla mattina sono venuti con la macchina e ci hanno portato in un villaggio polacco di confine.
Là siamo stati tre giorni in una casa, perché dovevamo attraversare la frontiera tedesca e non si poteva, c’era la neve, si vedevano le orme e così abbiamo aspettato, e dopo ci hanno portato con la macchina vicino alla frontiera. Dovevamo attraversare il fiume Oder, l’abbiamo attraversato con una barca di gomma e quando siamo arrivati eravamo vicini a un villaggio tedesco. Ci hanno detto che vicino al ristorante sarebbe arrivata una macchina e ci avrebbe portato a Berlino. Ci hanno dato anche l’indirizzo di un albergo, dove ci avrebbero portato il bagaglio, e noi siamo andati senza bagaglio.
Io non lo so cosa è successo, qualcosa non ha funzionato bene, perché la macchina è arrivata vicino al ristorante, l’abbiamo sentita, ma sono ripartiti. Allora abbiamo cercato la ferrovia perché sapevamo che dovevamo prendere un treno per arrivare a Berlino (un treno di colore rosso con la scritta Berlino Gugen). Però lì c’erano due o tre strade e noi non sapevamo dove andare, e siamo stati fortunati a trovarla. Eravamo quattro persone e ci siamo incamminate, per fortuna nessuno ci ha visto. Nel villaggio c’era una macchina militare che controllava, forse sapevano che qualcuno ...[continua]

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