Ho continuato fino a diventare maestra di francese e sono tornata al mio paese ad insegnare. L’Algeria aveva appena conquistato l’indipendenza, ma erano in corso forti lotte intestine: c’era la rivolta in Kabilia contro la strategia autoritaria dell’Fln (Fronte di Liberazione Nazionale, partito unico fino al 1989, ndr), capeggiata dal Fronte delle Forze Socialiste, l’Ffs. Io ero una simpatizzante, davamo ospitalità ai militanti della resistenza, e, quando possibile, li rifornivamo di viveri e altre cose utili. Quel che creava problemi non era questo, quanto il fatto di non essere sposata. Io non avevo nessuna voglia di sposarmi, avevo il mio lavoro, la mia vita e stavo bene così, ma la cosa non era ben vista: una ragazza della mia età doveva farsi una famiglia, avere un marito. Una ragazza sola non va bene, punto.
Quando rifiutai anche la domanda di matrimonio del sindaco e poi di suo fratello, scoppiò un vero scandalo, venne considerato un affronto: cominciarono le maldicenze e poi anche le minacce. Mia madre aveva molta paura per me e quando arrivò a casa una lettera-ultimatum volle che chiedessimo protezione alla polizia. E così un giovane venne assegnato alla mia protezione, mi accompagnava per sbrigare tutte le mie faccende. Anche questo fece scandalo: andarsene fuori dal villaggio con un estraneo! Mia madre accettò tutto ciò solo perché non c’era altra scelta. Quel poliziotto estraneo divenne una presenza costante e finii per sposarlo: fu quasi una sfida al villaggio, una rivalsa dopo tante pressioni. Sposare uno di fuori, neanche della Kabilia, figuriamoci!
La mia vita coniugale non è stata facile, io ho vissuto la sottomissione, so cosa significa. Ho continuato a svolgere il mio lavoro, è vero, ma erano scenate per ogni piccolo pretesto, e poi dieci figli... Oggi sono orgogliosa di loro, e di come sono riuscita a cavarmela anche dopo la morte di mio marito.
Io abito in una regione molto povera. Qui ad Amizour abbiamo deciso di creare un’associazione di donne, anche in questi tempi così duri per l’Algeria. Volevamo creare uno spazio per discutere fra noi e per sensibilizzare le donne sulle questioni che le riguardano (educazione, salute, sport, diritti civili, ecc.). Fornire informazioni è un’attività fondamentale, perché molto spesso le donne sono analfabete e vivono segregate. Sono tanti qui gli analfabeti e nei villaggi poche bambine vanno a scuola. Noi aiutiamo le donne anche per fare la carta di identità: la carta d’identità è importante, non foss’altro che per andare a votare. Aiutiamo anche le donne che vivono situazioni di disagio sociale ed economico a richiedere un alloggio, una pensione, gli alimenti; aiutiamo le ex-detenute a reinserirsi nella vita attiva; incoraggiamo le giovani donne a seguire dei corsi locali di avviamento professionale -anche molto "classici", come corsi di cucito o ricamo- perché possano riuscire a vivere degnamente. Stiamo tentando di creare un asilo per dare un aiuto alle madri che lavorano.
Da noi il fondamentalismo islamico non ha attecchito: nelle province di Béjaia e di Tizi-Ouzou si è organizzata fin dall’inizio la resistenza contro i gruppi islamisti, per cui qui il terrorismo ha fatto meno disastri che altrove, anche se, di recente, a Tizi-Ouzou, centro principale della Kabilia, ci sono stati attentati ed esecuzioni: nel 1995 la presidente di un’associazione di donne ...[continua]
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