Dove nasce l’idea di una riforma dell’ortografia tedesca?
La riforma ha preso lo spunto da proposte da tempo discusse. L’ortografia fino ad oggi in vigore era stata definita da una disposizione ufficiale del 1901. Naturalmente si sono avute nel frattempo delle modifiche, ma i principi di base erano quelli. Allora si mirava in primo luogo a rendere più uniforme il modo di scrittura, in modo da compensare le particolarità in uso a livello regionale. Prima di quella data c’erano delle differenze di scrittura tra i vari Länder che sono documentate anche nei dizionari. C’erano per esempio regole bavaresi e regole sassoni.
E questo tentativo di unificazione è senza dubbio riuscito. Il secondo obiettivo era invece la semplificazione, senza che ciò assumesse però grande rilievo. Ci si limitava in sostanza ad eliminare la h che spesso accompagnava la t. Una delle poche parole che conservava la h era "Thron" (trono), e ciò su insistenza dello stesso imperatore che non tollerava nessun intervento sulle parole che si riferivano alla sfera della sua sovranità. E’ un fatto di pura curiosità, ma anche questa volta si pensava di eliminare la h di "Thron", ma ad opporsi ci hanno pensato i bavaresi e l’hanno avuta vinta.
Qual è la storia della lingua tedesca scritta?
La prima volta che è stato scritto il tedesco, anzi bisogna dire il germanico, era poco prima dell’anno 1000. Fu il monaco Notgar Labeo che usò l’alfabeto latino per fissare per iscritto la parola detta tedesca. Grazie a lui abbiamo fino ad oggi alcuni fenomeni di imperfezione, per esempio che la lettera "z" rappresenta i due suoni legati t+s oppure che dobbiamo usare più di una lettera per descrivere un unico suono, come per esempio s+c+h rappresenta quello che in italiano sarebbe "sc". Questi fenomeni documentano che non è stata inventata una scrittura nuova ma che si è usata una scrittura praticamente straniera. Scrivere una lingua significa sempre volerla fare leggere. Sembra banale. Ma ci volevano degli accordi. Da qualche parte un monaco in un monastero ha cominciato a scrivere e naturalmente si è messo d’accordo con i suoi vicini di cella, i suoi confratelli: "Se io lo scrivo così voi lo dovete leggere cosá." E questi accordi si sono tramandati anche in altri monasteri. Sono nate naturalmente anche delle differenze di scrittura, ma c’è sempre stato il tentativo di unificare la scrittura, di trovare una scrittura uniforme. Un grande stimolo in questo senso è stata l’invenzione della stampa del libro nel 1600. Ciò comportava un’allargamento della "clientela" della lingua scritta. Di quel tempo ci sono anche libri di regole ortografiche.
Quali sono le particolarità della lingua tedesca che ne rendono difficile l’ortografia?
In tedesco si tende a conservare nelle parole straniere la dicitura originale. Col tempo però molte parole di uso più comune sono state assimilate pienamente nella lingua e non si avvertiva più l’origine straniera. Quindi non c’era più motivo di mantenere la dizione originale. L’unica traccia che ricorda delle volte l’origine è l’accento sull’ultima vocale, come in "Natur" e "Musik". Non tutte le lingue si comportano in questa maniera. Alcune non hanno nessun timore di adattare le parole straniere al proprio uso, modificandone la pronuncia e anche la dicitura. Se si tiene conto del fatto che ben oltre la metà delle parole in uso nel tedesco ha una provenienza straniera, questa circostanza assume un certo rilievo.
Attualmente stiamo inoltre assistendo ad un’invasione di nuove parole straniere tramite il mondo dei computer. E questo è un aspetto che non può essere trascurato.
Poi viene il fatto che esiste un gran numero di eccezioni. E qui tocchiamo una delle esigenze di base che hanno ispirato la riforma: la semplificazione, intesa nel senso di una sistematizzazione. Non si tratta cioè di un semplice livellamento, ma si vuole rafforzare le regole portanti a scapito delle eccezioni. Non è comunque possibile eliminare tutte le eccezioni, la lingua si articola in modo troppo complesso per poter fare una cosa del genere. Penso qui alle frequenti situazioni di ambiguità, quando per esempio non si capisce bene se un parola è usata come sostantivo o come aggettivo o in modo av ...[continua]
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