Friedrich Denk, professore di liceo a Weilheim, in Baviera, è promotore di varie iniziative contro la riforma dell’ortografia varata nel 1996.

Qual è stato l’impatto della riforma ortografica a scuola?
Il 16 settembre 1996, primo giorno di scuola, ci è stato consegnato un voluminoso fascicolo contenente le nuove norme di ortografia tedesca, insieme alla disposizione di adottarle da subito nell’insegnamento. Nessuno di noi insegnanti aveva avuto la possibilità di esaminare prima le proposte elaborate. Ci è stato solo detto che con queste innovazioni gli errori nel dettato sarebbero diminuiti del 70% e che la riforma non avrebbe comportato costi aggiuntivi. In realtà è evidente che ci sono dei costi: devono essere predisposti, stampati e comprati libri nuovi; devono essere elaborati nuovi programmi per i computer; devono essere svolti corsi di aggiornamento. Presto abbiamo anche capito che la diminuzione degli errori nel dettato non era altro che una menzogna propagandistica basata su un test non affidabile.
Da parte mia constato che questa normativa comporta una diminuzione della capacità espressiva della lingua tedesca. Lo presentano come un progresso, si tratta invece di un chiaro passo indietro e non a caso si è scagliato contro la riforma anche un gran numero di scrittori tedeschi. Alla fiera del libro di Francoforte del 1996 ho contattato gli scrittori più importanti e ne è scaturita la cosiddetta Dichiarazione di Francoforte, con oltre 50.000 firmatari, in cui un gran numero di scrittori (tra cui Günter Grass, Martin Walser, Patrick Susskind, Ernst Jünger), insieme a filologi, professori ed altre personalità di rilievo chiedono che la riforma venga annullata. I ministri per la cultura dei Länder non hanno accolto questa richiesta rimanendo fermi sulle loro posizioni. Non sono stati capaci di ammettere di aver commesso un errore. Per questo io ed anche altri abbiamo presentato un ricorso. Attualmente sono in corso due procedimenti presso le corti più alte della giustizia tedesca, cioè la corte costituzionale a Karlsruhe e il tribunale amministrativo federale a Berlino. Entro giugno prevediamo di giungere ad una sentenza che decida se questa riforma è legittima o meno, cioè se è legalmente ammissibile il procedimento di attuazione della riforma o se invece ci voleva una legge per attuarla. Inoltre deve essere chiarito se i politici hanno la competenza di apportare delle modifiche alla lingua e ai modi di scrittura. Ci sono dei giuristi che sostengono che la lingua non deve essere cambiata dai politici. Si cambia da sola. La lingua appartiene al popolo e non è potere di singoli politici.
Accanto a queste azioni legali ho iniziato, ancora in autunno, una raccolta di firme per un referendum popolare in Baviera (fino ad oggi ne sono state raccolte già oltre 50.000); iniziative analoghe sono partite nei Länder di Schleswig-Holstein e Bassa Sassonia. Infine siamo attivi su un terzo livello, cioè su quello politico: 51 deputati del parlamento federale tenteranno di far fallire la riforma. Presto dovrebbe esserci una votazione nel Bundestag, ma io sono fermamente convinto che la riforma cadrà, soltanto ci vorrà più tempo di quanto inizialmente ipotizzato.
La riforma non porta nessun vantaggio, mentre divorerà alcuni miliardi di marchi. Questa è anche l’opinione di altissimi esponenti politici come Roman Herzog, presidente federale, e Helmuth Kohl, cancelliere federale.
La Dichiarazione di Francoforte rifiuta in modo generale la riforma. La riforma può essere modificata, migliorata?
Riteniamo non praticabile una riforma della riforma per il semplice motivo che la normativa presentata è troppo carente, decisamente debole. Va considerato inoltre che la commissione incaricata di seguire ulteriormente la situazione dell’ortografia è quasi identica al gruppo di lavoro che ha elaborato la riforma. Questa commissione non vuole e non può cambiare in modo significativo la normativa presentata nel 1996.
In linea di principio sono del parere che non si possa così semplicemente riformare una lingua o cambiarla in maniera sostanziale. E’ come se si volesse cambiare la forma di un albero o la forma di una foglia. La lingua è una cosa che si è creata, sviluppata ed evoluta in gran parte da sola, per questo non è ammissibile che si dica: la vogliamo rifare o riformare.
Mi pare insensato anche voler cambiare l’ortografia delle parole straniere, semplificandola. Nella lingua italiana e spagnola ciò è già stato ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!