Tu sei andato a Genova con un gruppo di avvocati. Ci puoi raccontare com’è andata questa esperienza?
Molti avvocati, nelle settimane e nei mesi precedenti al G8, avevano sentito la necessità di essere presenti in un contesto come quello di Genova, dove si percepiva che i diritti della persona, oltre che della collettività, sarebbero stati sicuramente calpestati, cancellati o quanto meno sospesi. In quella situazione, la presenza materiale di avvocati avrebbe certamente avuto un forte significato, addirittura forse sarebbe riuscita a tamponare o a diminuire le violazioni e gli abusi. Avevamo pensato questo intervento basandoci prevalentemente su modelli esistenti nelle manifestazioni americane, anche se comunque mai sperimentati in grande stile, sui numeri grandi.
Intorno all’iniziativa si sono coagulati 30-40 avvocati, in larga misura genovesi -ma non solo-, attraverso un lavoro di tam tam telefonico e soprattutto via internet, facendo riferimento ad alcuni settori della struttura del Gsf. Purtroppo devo ammettere che precedentemente non c’era stato un grosso lavoro di riflessione né di organizzazione; era però già stato fatto un intervento: alcuni avvocati genovesi -che sono stati in qualche modo l’anima di questa esperienza- avevano portato davanti al Tar di Genova l’ordinanza che istituiva la zona rossa e la zona gialla, in quanto violava il diritto alla libera circolazione in città. Intorno al 10 luglio, però, il Tar in sede di sospensiva aveva risposto affermando che prevalevano le necessità di ordine pubblico rispetto al diritto alla libera circolazione e quindi un diritto costituzionale come questo poteva essere sacrificato a un altro diritto, qual è quello di mantenere l’ordine pubblico. Vedremo in seguito che questo tema, del mantenimento dell’ordine pubblico, è stata la costante spiegazione della violazione di tutti i diritti, sia individuali che collettivi. Alla fine, credo che il quadro dimostrerà che su quest’altare dell’ordine pubblico si è sacrificato tutto il sacrificabile, anche una concezione della politica e dello scontro politico ridotti a questione di ordine pubblico, in cui i contenuti di democrazia, prima ancora che di diritto, vanno a farsi benedire. Il ricorso al Tar comunque costituiva già un piccola occasione per contrapporsi a questa situazione, anche se era ovvio che non si sarebbe vinto: il Tar genovese mai e poi mai avrebbe cassato l’ordinanza del sindaco che istituiva la zona rossa e la zona gialla.
L’appuntamento era per giovedì, in piazzale Kennedy, dove si trovavano gli stand di tutti i settori dell’organizzazione del Gsf, compreso il nostro. Da subito ci ha colpito il fatto che è venuto un numero di avvocati molto maggiore di quanto ci si poteva aspettare: nell’arco dei tre giorni è ruotato in piazza almeno un centinaio di avvocati, di cui circa una quarantina genovesi e il resto venuti da fuori, a volte anche semplicemente giovani laureati in legge, ma tanto per il lavoro che avevamo in mente, di interposizione all’interno della manifestazione, non è che si chiedesse chissà quale capacità giuridica; eravamo muniti della nostra brava magliettina gialla con su scritto Genova Social Forum e nella riga sotto avvocato, lawyer, con i numeri di telefono del nostro centro. Avevamo costituito anche due centri di raccolta dati e di coordinamento, uno presso la Lega Ambiente e l’altro all’interno del Gsf, alla Diaz, dove avevamo una stanza con due computer. E sappiamo come è andata a finire.
Quali erano i vostri scopi, che obiettivi vi eravate dati?
Avevamo in mente principalmente due obiettivi. Il primo era intervenire esibendo il tesserino e cercando di instaurare un rapporto con i poliziotti per evitare i fermi e gli arresti; pensavamo che la presenza degli avvocati avrebbe potuto trattenere la polizia dal compiere arresti illegittimi o violenze indiscriminate nei confronti dei manifestanti. L’altro era avere una funzione di interposizione, di intermediazione nei momenti di confronto fra manifestanti e polizia, cercando di decomprimere le eventuali situazioni di tensione per evitare che si arrivasse allo scontro.
Contemporaneamente, fin dal mercoledì, giovedì, si è capito che c’erano almeno altre due esigenze. Una era quella di intervenire alle frontiere, ai caselli dell’autostrada o nelle stazioni -Brignole e Principe- per cercare di fare affluire su Genova tut ...[continua]
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