Pietro Laureano, architetto e urbanista, è consulente dell’Unesco per l’ambiente e la desertificazione, recentemente ha pubblicato Atlante d’acqua, Boringhieri, 2001.

Il 27% del suolo italiano è interessato da processi di erosione e per buona parte del sud, Puglia, Basilicata, Sicilia, Calabria e Sardegna, già si parla di desertificazione. Cosa s’intende per desertificazione, esistono dei parametri generali per definirla?
La Convenzione delle Nazioni unite per la lotta alla desertificazione ha definito la desertificazione come degrado dei suoli dovuto a diversi fenomeni di tipo climatico e ambientale e, in particolare, all’intervento umano; intendendo come degrado dei suoli una perdita di quelle caratteristiche che permettono ai suoli stessi di trattenere il terreno, l’humus, l’acqua e quindi di mantenere la vegetazione. Dal vertice di Rio del ‘92 uscirono tre convenzioni per l’ambiente, una per il clima, una per la biodiversità e infine quella per la lotta alla desertificazione. Se le prime due si occupano di parametri e obiettivi, di analisi del fenomeno a livello globale (gli accordi di Kyoto, ad esempio, tendono a definire la quantità di emissioni globali compatibili con un ristabilimento delle condizioni ottimali di effetto serra), la convenzione sulla desertificazione ricerca obiettivi e parametri a livello locale. Per intenderci, noi sappiamo che il cambiamento climatico ha determinato l’accelerarsi di fenomeni distruttivi ed erosivi su scala globale, ma non è vero che siano dovuti solo al cambiamento climatico globale; quello che in realtà interessa è il microclima locale. In genere la desertificazione è dovuta alla mancanza di pioggia, però anche la pioggia può essere distruttiva, e proprio il cambiamento climatico in corso sta producendo, insieme a una carenza di piogge in determinati periodi, eccessi di piogge in altri, perché il riscaldamento degli oceani ha prodotto una maggiore circolazione di acqua nell’atmosfera, maggiore energia, e quindi più precipitazioni, con estremi climatici violenti. E’ quello che vediamo sempre di più nell’area mediterranea: mancanza di acqua e poi alluvioni, siccità prolungate seguite da trombe d’aria. Dobbiamo aspettarci un sistema climatico che evolverà sempre di più in questa direzione. Comunque l’alternanza di situazioni positive e catastrofi fa parte della storia dell’umanità, che aveva saputo adeguarvisi nel corso del tempo; i sistemi tradizionali di organizzazione dei suoli erano basati sulla necessità di far fronte all’imprevedibilità e all’alternanza climatica. Adeguarsi significa organizzare i terreni; il pendio per esempio inaridisce se non c’è pioggia, ma l’arrivo di una pioggia scrosciante può essere altrettanto distruttivo se i suoli non sono adeguatamente attrezzati con foreste o piantagioni di alberi, muri a secco, sistemi di raccolta e canalizzazione dell’acqua in grado di frenarne l’irruenza organizzandola in rivoli e di captarla in cisterne per le fasi di penuria. Tutte pratiche abbandonate per sostituirle con altre distruttive. E qui arriviamo all’azione dell’uomo: cementificare un’intera area per farne una città vuol dire impedire all’acqua piovana, che prima andava nelle falde e nel terreno, di essere assorbita dal suolo, disperdendola velocemente verso il mare. Abbiamo cementificato gli alvei dei fiumi e i litorali, abbandonato le montagne e il retroterra, tagliato i boschi, spostato le acque a grandissima distanza. Il vento assorbe l’acqua anche dalle foreste oltre che dal mare, sono veri e propri catalizzatori d’acqua per le precipitazioni. Fare i bacini idrici e portare l’acqua dolce nei posti dove manca può non permettere che si rinnovi dove è stata presa, perché se noi portiamo via l’acqua alteriamo il meccanismo climatico, basato su equilibri delicati di condensazione e precipitazioni, ed è possibile che dove una volta pioveva poi non piova più. Azioni del genere sono alla base della desertificazione. Desertificazione non vuol dire deserto; il deserto esiste in una fascia latitudinale in cui si è instaurato da ere geologiche, quindi ha creato una sua condizione di biodiversità legata agli adattamenti specifici in quell’ambiente, a processi di selezione instauratisi nel corso del tempo. Per desertificazione s’intende invece una situazione di degrado estremo e improvviso. E’ il tempo la variabile importante. La desertificazione non lascia agli organismi il tempo di abituarsi e di rispondere alle nuove condizioni; è la rottura ...[continua]

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