Pierre Riches, ebreo nato ad Alessandria d’Egitto e battezzato a Milano all’età di 23 anni, ha studiato filosofia all’Università di Cambridge e teologia a Roma. Ha insegnato negli Stati Uniti, in Pakistan, Uganda, Giappone, Nuova Zelanda.
Esperto del cardinale Tisserand al Concilio Vaticano II, è stato per vari anni parroco nei pressi di Roma. Ha pubblicato Note di catechismo per ignoranti colti e La fede è un bagaglio lieve, entrambi negli Oscar Mondadori, La leggerezza della croce da Leonardo e Pietro da Gallucci. E’ stato ed è amico di molti scrittori e pittori, fra cui William Burroughs, Hannah Arendt, Iris Murdoch, Marguerite Duras, Elias Canetti, Lou Reed, Francesco Clemente, Fabio Mauri, Luigi Ontani e altri.

Vorremmo parlare del problema della verità. Anche nei primi discorsi del nuovo papa la parola “vero” ricorre continuamente. Della “verità oggettiva” già si parlava nella Splendor veritatis. Come vede lei la questione della verità?
Lei sa che ho scritto un libro, Note di catechismo per ignoranti colti, in cui parlo anche della verità. Lì c’è la mia visione della realtà, con i suoi punti chiari e quelli oscuri, ognuno può fermarsi dove vuole e poi, forse, prendere tutt’altra direzione. Mi cito: “La verità c’è, ma va conquistata personalmente. Nessuno può imporla e nessun individuo può dire: questa è la verità. Può solo dire: c’è una e solo una verità. La mia riflessione, la mia esperienza di vita mi dice che la verità va descritta con questa affermazione piuttosto che con quest’altra. Va vissuta in questo modo piuttosto che in quest’altro”. Al capitoletto 35 sono più preciso.
Continuo? “La sera prima del mio battesimo, avevo 23 anni, il mio padrino -che fu Michele Ranchetti- mi chiese: ‘Ma ci credi davvero?’, risposi: ‘Se non è vero è così ben trovato…’. E fino a oggi, anche se ci credo, non saprei dire se è vero nell’accezione laica di questa parola, ma non ho trovato nulla di meglio trovato, neanche il Budda”. E per il Budda ho una grandissima stima. Dunque…
Considero una fortuna essere stato battezzato a 23 anni. La prima cosa che dico ai miei alunni all’università è: “Voglio che pensiate con la vostra testa, non con la mia, né con quella dei libri, dei genitori, dei vostri preti, con la vostra. Ma dovrete aver l’umiltà di confrontarvi coi vecchi, con gente saggia, prima di decidere, e poi, dopo, sbaglierete, hanno sbagliato tutti, e dovrete avere l’umiltà di correggervi, però prima di tutto pensare con la propria testa…”.
Quindi è vero che la verità è una non tante, ma è anche vero che ognuno deve trovare la sua. Poi uno molto spesso trova che la propria verità è conforme a una verità molto più larga che è stata già trovata. Sarebbe dura se ognuno dovesse cominciare da solo… Non per nulla ho imparato da Wittgenstein. Lui non dice così, però si capisce che lui pensa che se si parla bisogna parlare un po’ in questi termini.
Dunque, sono d’accordo col papa nel ribadire che la verità è una.
Poi io credo che lui si sbagli su certe parti della verità. Ad esempio io non sono d’accordo sulla legge naturale come viene presentata nella Chiesa. Mi pare un errore. Che ci sia una legge naturale, che ci sia qualcosa che si possa chiamare così, mi pare ovvio, ma io credo in Dio e, se c’è, Dio vede il mondo in un certo modo e noi non potremo mai vedere il mondo come lo vede lui, perché mai potremo capire Dio. Però certe leggi sono vere e tocca a noi scoprirle, identificarle. Cristo è venuto per questo. E quando dice: io sono la via, la verità e la vita, io ci credo davvero, ma è tutto talmente misterioso... Stavo per dire “ambiguo”, ma è una parola che in italiano ha troppi connotati brutti, io la uso nel senso inglese, ambiguous, dove non c’è l’aspetto negativo; potrei dire ‘talmente ricco’, se vogliamo, talmente sfaccettato, forse è meglio, che va a capire esattamente cosa vuol dire.
Credo comunque che ci sia una legge che Dio ha impresso nella natura, parlo di una legge di tipo morale, però quando dicono, per esempio, che gli omosessuali sono “innaturali” (è un esempio che porto sempre, perché li ho molto a cuore, tra l’altro) mi pare assurdo, perché basta vedere quanta omosessualità c’è nella natura animale, per escludere l’appello a una qualche legge naturale per condannare l’omosessualità in difesa del matrimonio.
Certo, il matrimonio è il sacramento tra uomo e donna per il bene della prole e un reciproco aiuto, e sono contrario al matrimonio fra omosessuali. Sono a favore invece ...[continua]

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