Avevo nove anni, quando sono stata portata via da casa. Cos’è successo? Quando sei piccola le cose possono essere molto sfocate, per cui non capisci bene cosa sta succedendo, e tante volte non te lo spiegano neanche quando sei grande. Quindi racconto quello che ho capito in questi anni. Che poi a un certo punto chiudi, non ne puoi più di portarti addosso quell’esperienza, pensi: ho già dato.
Tutto è cominciato con me e mio fratello che avevamo problemi a scuola, non studiavamo mai, mio papà era uscito dal carcere da neanche due settimane… E mia mamma aveva iniziato a soffrire di un esaurimento, del resto, trovarti con due figli, senza lavoro, ma si stava riprendendo, la situazione non era delle peggiori (quando mi sono ritrovata in collegio ho conosciuto situazioni ben più pesanti). Comunque lei aveva contattato le assistenti sociali perché aveva capito di averne bisogno. La sua richiesta era che ci fosse qualcuno che stesse con noi un’ora al giorno, per darci una mano nei compiti mentre era al lavoro, una specie di baby-sitter, che comunque non si poteva permettere. A me resta il dubbio che parte dell’esaurimento sia stato causato proprio dalle assistenti sociali perché, per il resto, la situazione che c’era, con mio padre che faceva quel che voleva, durava da tempo. Non poteva essere stato quello l’elemento scatenante.
In un primo tempo io avevo cominciato ad andare all’Asl, c’era questa donna, la mia “prima” assistente sociale, che odiavo. Mi ricordo ancora un episodio. Mia mamma mi aveva regalato una barbie, sono andata a scuola con questa bambola e l’ho rotta. Quando sono arrivata dall’assistente piangevo, perché conoscevo la situazione, sapevo che non c’erano i soldi, sono cose che un bambino capisce. E lei, incredibile, si era messa a ridere! Io mi ero infuriata: “Ma come fai a ridere di questa cosa?”. Ho iniziato a pensare che delle volte le assistenti sociali non riescono a capire i bisogni di una persona.
Non solo, di lì a poco le assistenti hanno cominciato a venirci a prendere a scuola, per cui ci facevano anche perdere delle ore, già non andavamo bene, figurati che bel lavoro hanno fatto, peggio che peggio. Invece di dire: “Ti veniamo a prendere il pomeriggio”, ci portavano via la mattina, nelle ore di scuola. Una cosa illogica. Poi quando mio padre è tornato dentro per 4-5 mesi, mia madre è peggiorata e ci hanno portato via da lei. Ancora non mi so spiegare la ragione. A me è rimasto questo preciso ricordo: mia mamma ha chiesto un aiuto alle assistenti sociali e loro ci hanno portato via.
Era fine estate, me lo ricorderò sempre: lunedì 17 settembre, sono arrivata in collegio alle quattro del pomeriggio senza aver nemmeno mangiato. Ce l’avevano detto il venerdì e il lunedì ci hanno portato via. Almeno io l’ho saputo il venerdì. Ci avevano convocato all’Asl; c’erano mio papà e mia mamma, l’assistente sociale e lo psicologo (sembravano Crudelia Demon), dissero ai miei che il lunedì avrebbero portato via i bambini. Io mi sono messa a piangere. Non avevo capito cosa stesse succedendo, ma sentivo l’energia negativa. Come quando la mamma è nervosa e il bambino si innervosisce e si mette a piangere, senza sapere perché lo fa. Tra l’altro l’hanno fatto in un modo… Cioè, anche se uno è piccolo, una spiegazione gliela devi dare, qualcosa glielo devi dire. Non puoi portar via un bambino senza dire niente. Il lunedì poi ricordo che la mamma non ce l’aveva fatta ad accompagnarmi in collegio. Poverina, stava troppo male. Togliere i figli è come dire: “Non sei in grado di fare la madre”, come dare una seconda coltellata a uno già ferito.
Che poi per me la tragedia non è stato il distaccamento da casa, sono sempre stata una persona che si adatta a qualsiasi situazione. La cosa più traumatica della mia vita è stato, più che da mio padre e mia madre, l’allontanamento da mio fratello. Mio padre era comunque una persona che vedevo e non vedevo. Certo, vederlo solo al fine settimana era poco, infatti per me lui era sempre qualcosa di speciale. Poi crescendo le cose cambiano e molti miti cadono…
Quel giorno ci hanno preso e ci hanno separato. Mio fratello è finito a Lecco e io a Monza. Che poi, per dire, l’ultima assistente sociale che ho avuto ha trovato molto discutibile quel provvedimento. Non ci voleva tanto a capirlo: mia mamma soffriva di un grave esaurimento, assumeva pastiglie dalla mattina alla sera, e tu cosa fai, le mandi il figlio a Lecco?! ...[continua]
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