Renate Siebert è docente di Sociologia del Mutamento presso l’Università della Calabria. Ha pubblicato, tra l’altro, E’ femmina però è bella. Tre generazioni di donne al Sud, 1991; Le donne, la mafia, il Saggiatore 1994; Mafia e quotidianità, il Saggiatore 1996; Storia di Elisabetta, Pratiche Editrice 2001.

Qual è il ruolo delle donne nella mafia, hanno effettivamente del potere?
E’ un argomento oggi molto discusso. Io non credo si possa parlare di potere vero e proprio, questo almeno è ciò che mi risulta, anche da interviste fatte a magistrati sulla ‘ndrangheta in Calabria.
Non condivido quindi la lettura che talvolta hanno fatto i giornali, soprattutto in passato, per cui la mafia sarebbe femmina, ecc. Io sono molto cauta su tutto questo filone. Qualche anno fa è uscito un libro, La grande madre mafia, che cercava appunto di analizzare la mafia in base a degli archetipi operanti nella società meridionale (e già su questo ho dei dubbi) per cui la madre diventa la figura sociale che, attraverso relazioni “malate”, distorte, trasmetterebbe ai figli lo stile mafioso. Vedere la donna come “cuore” della mafia, tra l’altro, è anche una forma di colpevolizzazione che io francamente trovo aberrante, perché se c’è un luogo in cui vige un dominio quasi caricaturalmente patriarcale quello è proprio la mafia.
Teresa Principato e Alessandra Dino, nel loro libro Mafia Donna. Le vestali del sacro e dell’onore, hanno elaborato piuttosto il concetto di “temporanea delega del potere”, affermando che le donne sono sempre più attive, soprattutto in questioni finanziarie, come la gestione dei patrimoni o la riscossione del pizzo, anche perché sono molto più scolarizzate che in passato (spesso sono diplomate e laureate) però sempre e soltanto sul piano della delega. Non mi risulta esserci un’organizzazione criminale capeggiata da una donna. Perlomeno i magistrati calabresi, Salvatore Boemi e altri, lo escludono. Da una donna un mafioso può accettare la mediazione, ma solo nella misura in cui essa fa da tramite, parla “a nome di”. Rimane sempre la moglie o la sorella di un capoclan in carcere, che da lì le delega le uccisioni.
Qualcuno ha parlato anche di un percorso emancipatorio per le donne della mafia...
Ne abbiamo discusso a un convegno a Palermo di qualche anno fa. E’ innegabile che negli anni passati alcune donne abbiano effettivamente assunto ruoli di rilievo all’interno della mafia, però da qui a dire che sono diventate “pari” agli uomini ce ne passa. E comunque se anche questa fosse la tendenza, mi sembra che sarebbe più il caso di quello che viene chiamato un processo di emancipazione “perverso”.
Rimanendo sulla questione emancipazione, le mie riserve nascono dal fatto che, se vogliamo prendere sul serio le parole, l’emancipazione ha sempre a che vedere anche con un processo di liberazione, non è puro attivismo o pura omologazione. Allora io sarei comunque molto restia a parlare di emancipazione in un contesto totalitario.
Fino adesso ho avuto la sensazione che, nella mafia, le donne siano non solo bene accette, ma che vengano proprio coinvolte già da molti anni nella gestione economica del potere. Dove mi sembra che il discorso cambi è quando si tratta del potere inteso come dominio, che pur essendo sempre abbinato a quello economico, lo trascende. Cioè il potere della mafia sta nella sua capacità di dare la morte. Ora sul “dare la morte” io credo che intanto gli uomini non si fidino delle donne perché pensano che non siano capaci (del resto le statistiche criminali lo dimostrano: le donne sono pochissimo assassine e moltissimo vittime di uomini assassini). Allora se il potere mafioso, storicamente, non è mera accumulazione di denaro, ma è un’altra cosa che, gratta gratta, è sempre legata a una forma di dominio antica, ancestrale, violentissima, questo chiama in causa un altro tema importante, che è quello del rapporto tra donne e violenza. Comunque, a me pare che, anche nei casi in cui si sono registrati episodi di prepotenza, aggressione, violenza femminile, questi avvenivano sempre all’interno di una condizione di subordinazione, casomai inconsapevole. Cioè non si può non vedere che in quell’ambiente le donne sono subordinate, che chi ha in mano il potere sono sempre e comunque gli uomini.
Tu, a proposito di mafia, sottolinei molto questa presenza di un duplice potere…
Sì, nella mafia c’è il potere economico e il “potere potere”, cioè il dominio, dove il potere economico è indubbiamente fond ...[continua]

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