Cosa era successo?
Kohlhaas si stava recando ad un mercato equino in Sassonia con una coppia di puledri. Al confine con la Sassonia non potè pagare il permesso di transito e per poter proseguire il viaggio lasciò i due cavalli come pegno, che avrebbe poi riscattato al suo ritorno.
Il nobile brandenburghese (Junker) che presiedeva il controllo della frontiera per via dei privilegi accordati alla nobiltà detentrice dei latifondi, si rifiutò di restituirgli i cavalli. Ritornato in Brandenburgo Kohlhaas venne a sapere che la storia dei permessi di transito era un trucco disonesto e che proprio in quel punto di transito i viaggiatori venivano quotidianamente taglieggiati. Kohlhaas decise "di chiedere per sé l’intervento della giustizia pubblica”. Si mise in viaggio per Dresda "per portare la sua querela in tribunale”. Purtroppo però, pur avendo atteso un intero anno non aveva ancora avuto la notizia che la sua querela era stata ricevuta dal tribunale, anzi, egli venne a sapere "che a causa di una soffiata dall’alto la sua querela era stata completamente rigettata”.
Un ulteriore tentativo di ottenere giustizia con una petizione al principe elettore di Sassonia finì con la minaccia di una pena detentiva se avesse ancora perseguito il suo obiettivo. Come conseguenza Kohlhaas si rivolse "alla vendetta”: mise a fuoco il castello dello Junker che andò bruciato completamente. A causa di ciò egli fu condannato a morte e impiccato.
Questo racconto è molto popolare in Germania e viene citato ad ammonimento di non voler farsi giustizia passando per il torto: "Non fare come Michael Kohlhaas!”
Ad una considerazione superficiale sembrerebbe trattarsi di una compensazione materiale: Kohlhaas si ostina a volere la restituzione dei suoi cavalli, e li vuole ben pasciuti. Se si guarda un po’ più a fondo, si vede bene che al narratore, Heinrich von Kleist, non interessava la giustizia nel senso di risarcimento o riparazione ma piuttosto della giustizia nei rapporti umani, nel senso di un uguale rispetto di tutti i contraenti. Questa è la richiesta di uguaglianza in senso democratico, almeno nel senso di un uguale trattamento di tutti i cittadini, seppure nei confronti di una aristocrazia che ancora dominava. In un dialogo con sua moglie Kleist fa dire a Kohlhaas: "Perché non voglio vivere in un paese in cui non ho protezione per il mio diritto”.
Con ciò Kleist sottolinea il principio dello Stato di diritto, irrinunciabile per la democrazia.
Questi sono temi del suo tempo, il tempo della crisi dell’Ancient Regime, che dalla Francia si diffonde a tutta l’Europa. Temi dell’illuminismo, della rivoluzione francese e dell’ascesa di Napoleone. E fu Napoleone Buonaparte colui che, fondando in Francia la giustizia amministrativa, creò una forma di diritto statale per la protezione dei cittadini contro l’autorità dello stato: il Consiglio dello Stato ("Conseil d’Etat”) istituito nel 1799 riceveva la competenza di verificare i ricorsi dei cittadini contro la pubblica amministrazione. All’inizio il Consiglio di Stato doveva sottomettere le sue proposte al capo dello stato. Alla fine, nel 1872, ottenne invece la competenza di decisioni sovrane. Il ricorso al Consiglio di Stato oppure ai tribunali amministrativi ("tribunaux administratifs") inferiori al Consiglio di Stato è il "recours pour excès de pouvoir” (ricorso per eccesso di potere).
Così la Francia diventava per il cittadino l’apripista oggi ovvia della tutela giurisdizionale contro l’autorità dello stato, una tutela istituzionalizzata anche nei paesi vicini alla Francia e infine anche nell’Unione Europea. La disobbedienza dei cittadini nei confronti dell’autorità dello stato viene ammessa, ma in una forma esattamente definita. Il modello francese della giurisdizione amministrativa fu introdotto in Italia nel 1865 con la fondazione del Consiglio di Stato. Invece la Germania non ha adottato questo modello. Qui la tutela giurisdizionale amministrativa si è sviluppata dalla "giurisdizione regolare” (ordentli ...[continua]
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