In che cosa consiste il vostro progetto?
Subito dopo le stragi di Capaci e di Via D’Amelio, dove persero la vita Falcone e Borsellino, abbiamo sentito l’esigenza di andare oltre il momento di comprensibile emotività, per cercare di costruire qualcosa capace di durare nel tempo. Purtroppo, in Italia, la lotta alla mafia è sempre stata contraddistinta -e ancora oggi lo è- dall’emergenzialismo: c’è una strage, un evento eclatante che colpisce l’opinione pubblica, allora lo Stato e la società civile reagiscono. Invece la mafia è un fenomeno storico di lunga durata e va affrontato con strumenti adeguati, che non possono essere improvvisati sull’onda dell’indignazione di un momento. Non è un caso che le leggi più efficaci, più dure, siano state votate dal Parlamento proprio all’indomani di ogni strage di mafia o di omicidi particolarmente eclatanti. Se si va a guardare, la corrispondenza è straordinaria. Perciò all’interno della Scuola abbiamo fatto la scelta di privilegiare il momento dell’approfondimento culturale del fenomeno ma non solo di esso, usando chiavi di lettura e approcci di volta in volta diversi, economico, politico, storico, etico, anche religioso talvolta. Siamo partiti dal presupposto che per un intervento capace non solo di combattere la mafia ma anche di migliorare la politica, per vivere da cittadini consapevoli, è necessario andare a fondo, non limitarsi al tipo d’approfondimento necessariamente superficiale, ma a volte colpevolmente tale, fornito dai giornali o dalla tv. Concretamente, dal 1992, anno di fondazione della Scuola, annualmente organizziamo quattro o cinque seminari residenziali a Palermo, ai quali invitiamo studiosi ed esperti a parlare di argomenti specifici. Sono seminari della durata di quattro-cinque incontri, strutturati in modo da avere, nella prima ora, l’introduzione del relatore, a cui segue una discussione di tutti partecipanti. L’idea di fondo è che tutti possiamo diventare padroni di materie che in genere vengono lasciate agli addetti ai lavori e che, perciò, sono oggetto di deleghe in bianco nei confronti delle istituzioni. I seminari, e le altre attività, si svolgono ogni giovedì dalle 17.30 alle 19.30. Da otto anni, poi, oltre ai seminari invernali, organizziamo anche un seminario estivo residenziale, negli ultimi anni l’abbiamo fatto sulle Madonie, delle montagne molto belle vicino Palermo, quest’anno siamo stati ad Erice. L’esperienza è incentrata sul tentativo di coniugare spiritualità laica e politica, per vedere se questi due termini, apparentemente così distanti e incomunicabili tra loro, possono invece essere conciliati. Un esempio: due anni fa ci siamo occupati di profezia e politica.
Inoltre, da cinque anni, il 22 maggio assegniamo la “Targa Falcone”, un riconoscimento che diamo a percorsi e progetti, personali, ma anche collettivi, che hanno la caratteristica di lavorare nella quotidianità, con continuità e costanza, evitando cioè clamori ed estemporaneità.
L’ultima, il 22 maggio 2005, l’abbiamo consegnata a Francesco Renda, insigne storico palermitano, professore emerito di storia moderna dell’Università di Palermo, di cui di recente è stata pubblicata una storia della Sicilia che va dalle origini ai giorni nostri.
Sottolineate molto l’esigenza della continuità, della quotidianità nel lavoro associativo.
Sì, è fondamentale, ma sarebbe ancora più importante il collegamento tra i vari attori sociali in campo. Nella settimana del 23 maggio, anniversario della strage di Capaci, tutte le associazioni antimafia palermitane e siciliane organizzano qualcosa, eventi, attività, appuntamenti, ma tutto slegato, senza un momento di sintesi e unificazione. Ed è un problema che probabilmente non è limitato alla Sicilia ma riguarda tutta l’Italia. Recentemente, in un editoriale pubblicato da la Repubblica, ho proposto una vecchia idea, che a Palermo gira già da tanto tempo e che in alcune città italiane è già realtà: fare una “casa comune” dell’antimafia, in modo che le varie associazioni possano dialogare o quanto meno conoscersi, e le esperienze possano circolare, senza bisogno di aspettare il 23 maggio per presentare il lavoro fatto nel resto dell’anno.
Ma il vostro pubblico di riferimento è composto ...[continua]
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