Nonostante ogni suo sforzo, una volta eletto papa il 19 aprile 2005, Benedetto XVI probabilmente non è riuscito a far fronte pienamente alla drammatica situazione, che pure aveva egli stesso con tanta forza denunciato, senza ipocrisie e in faccia al mondo. La solidità teologica del suo magistero si era scontrata con troppe incrostazioni, con troppi compromessi e anche con troppe miserie umane, che erano riuscite a infiltrarsi persino nell’ambito dell’"appartamento” papale e che non era riuscito a sconfiggere (cfr. ad esempio: Gianluigi Nuzzi, Sua Santità. Le carte segrete di Benedetto XVI, Chiarelettere, 2012). Per questo, a un certo punto, anche sentendo venirgli meno le forze, ha, per così dire (con linguaggio profano) "gettato la spugna”, con un atto di umiltà imprevedibile, ma anche di grande coraggio (all’opposto di Celestino V, colui che, secondo Dante, "per viltade fece il gran rifiuto”).
Di tutto questo discussero riservatamente i cardinali provenienti da tutto il mondo nelle congregazioni che precedettero il Conclave, nel quale il 13 marzo 2013 venne poi eletto papa il cardinale e arcivescovo di Buenos Aires (Argentina) Jorge Mario Bergoglio, che già nel conclave precedente (quando venne eletto Ratzinger) sembra avesse ottenuto in una prima fase circa 40 voti, ma di cui quasi nessuno aveva parlato nei pronostici giornalistici precedenti la sua elezione. Ecco come qualche giorno dopo, il 16 marzo, parlando con i giornalisti, il nuovo papa raccontò i primi momenti successivi al voto segreto e la stessa scelta del nome: "Nell’elezione, io avevo accanto a me l’arcivescovo emerito di San Paolo e anche prefetto emerito della Congregazione per il clero, il cardinale Claudio Hummes. Quando la cosa diveniva un po’ pericolosa, lui mi confortava. E quando i voti sono saliti a due terzi, viene l’applauso consueto, perché è stato eletto il Papa. E lui mi abbracciò, mi baciò e mi disse: ‘Non dimenticarti dei poveri!’. E quella parola è entrata qui: i poveri, i poveri. Poi, subito, in relazione ai poveri ho pensato a Francesco d’Assisi. Poi, ho pensato alle guerre, mentre lo scrutinio proseguiva, fino a tutti i voti. E Francesco è l’uomo della pace. E così, è venuto il nome, nel mio cuore: Francesco d’Assisi. È per me l’uomo della povertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato; in questo momento anche noi abbiamo con il creato una relazione non tanto buona, no? È l’uomo che ci dà questo spirito di pace, l’uomo povero... Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!”.
In queste poche parole, pronunciate "a braccio” meno di una settimana dopo la propria elezione, sono già segnate le linee essenziali del magistero di papa Francesco, che del resto ama presentarsi più come il "vescovo di Roma” che come "sommo pontefice”, aprendo anche in questo modo la strada a una più intensa testimonianza ecumenica in rapporto alle altre Chiese cristiane, in particolare a quelle ortodosse, come è emerso chiaramente nel viaggio di fine novembre 2014 in Turchia e a Istanbul in particolare.
Non è un caso che il suo primo viaggio apostolico lo abbia compiuto l’8 luglio 2013 a Lampedusa, affrontando la drammatica e tragica situazione dei migranti. Non è un caso che il primo viaggio transoceanico lo abbia compiuto in Brasile, a Rio de Janeiro, nella sua America Latina, in occasione della XXVII giornata mondiale della gioventù. Nel viaggio di ritorno in aereo disse ai giornalisti: "Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?”. E altrettanto importante è stato il viaggio in Terra Santa del 24 maggio 2014, che ha poi avuto la sua ...[continua]
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