Un paese, la Moldavia, che ha visto cambiare tre governi in quindici mesi e che è oggi il più grande beneficiario pro-capite di fondi europei, dove il maggiore oligarca, Vladimir Plahotniuc, controlla il 70% dei media, varie attività economiche e un partito; gli altalenanti e ambigui rapporti con Bruxelles e con Mosca e gli scandali bancari. La frustrazione dell’opposizione e i centomila giovani che hanno visto i loro genitori andarsene a cercar fortuna altrove. Intervento di Paolo Bergamaschi.
A cosa pensereste se vi raccontassero di un paese dove l’uomo più ricco è anche il più potente e ha in mano un’ampia fetta di economia nazionale, il controllo quasi totale dei media e una supremazia illimitata in politica? E se a questo aggiungessimo anche una crisi profonda del settore finanziario con tre banche in profondo rosso, una corruzione pervasiva che intacca ogni settore della vita pubblica e storie piccanti a carico di politici di primo piano? Tranquilli, non si parla di Italia, anche se i più maliziosi e, di certo, faziosi, correrebbero subito con il pensiero alla nostra penisola. Per una volta il paese in questione non è il nostro. Si trova a migliaia di chilometri di distanza, schiacciato fra Romania e Ucraina, su una linea di faglia in cui si scontrano periodicamente la placca dell’Unione europea con quella della Federazione russa scatenando scosse intermittenti di carattere geopolitico che si estendono minacciose in tutto il vecchio continente. "Benvenuto in Moldovistan”, sono le prime parole con cui mi accoglie ironico un diplomatico europeo nella hall di un moderno hotel di Chisinau, a sottolineare come la Moldavia assomigli sempre di più a una autocrazia dell’Asia Centrale che a uno stato democratico che ambisce a integrarsi gradualmente nell’Unione. Le notizie arrivate negli ultimi mesi dalla capitale moldava mi avevano incuriosito e allo stesso tempo preoccupato a tal punto da convincere tre eurodeputati a venire in visita da queste parti, io con loro, per sincerarsi della situazione. Dalle elezioni dell’autunno del 2014, in poco meno di 15 mesi, si sono già succeduti tre governi travolti da scandali e faide interne, mentre cresce incontrollata la rabbia tra la gente, le strade si gonfiano di dimostranti e il paese si svuota di cervelli in fuga verso lidi più sicuri e accoglienti. Nelle aiuole davanti al parlamento è stato perfino allestito un accampamento permanente sulla falsariga di quello sorto spontaneo a Kiev in piazza Majdan nel 2013, solo che questa volta al potere si trovano i partiti che si appoggiano a Bruxelles mentre quelli che guardano a Mosca animano le piazze facendo la voce grossa. La rivoluzione è nell’aria, pronta a scoppiare alla prima scintilla, mentre l’Unione europea tentenna sul da farsi e la Russia assiste compiaciuta.
Ho rischiato altre volte di perdere l’aereo, ma mai come in questo caso mi era capitato di arrivare in aeroporto con il check-in ormai chiuso a dover supplicare l’operatrice della compagnia aerea recuperata, per caso, in un corridoio, a riaprire gli imbarchi per consentirmi di salire a bordo. Uno spaventoso ingorgo autostradale aveva vanificato il largo anticipo con cui ero partito da casa costringendomi a raggiungere lo scalo di Verona appena pochi minuti prima del decollo. Cortesie che succedono solo nei piccoli aeroporti; nei grandi, di solito, vieni travolto dalla ressa e inghiottito nel caos. Poco più di due ore di volo durante le quali leggere velocemente i documenti più recenti sulla situazione in Moldavia, ed eccomi a Chisinau, in un altro piccolo aeroporto di una capitale che non si rende ancora conto di essere tale e che, forse, non ha mai ambito a esserlo, salvo doversi adattare alle curve improvvise e imprevedibili della storia. Il tempo di raggiungere l’hotel, accogliere gli eurodeputati in arrivo da Francoforte, che si inizia con il tradizionale briefing di apertura con gli ambasciatori europei che impiegano solo pochi minuti per sciogliere i lacci cerimoniali della diplomazia ed esternare in modo diretto frustrazione e disappunto. "C’è un enorme problema di credibilità per l’Unione -attaccano all’unisono- abbiamo a che fare con dei prestanome che raccontano a Bruxelles quello che gli europei vogliono sentirsi dire, salvo, poi, nella pratica, fare il contrario una volta a casa”. Chi è al governo continua a definirsi a parole pro-europeo ma, di fatto, la spinta delle riforme si è esaurita da tempo in un paese che è il più grande beneficiario pro-capite di fondi europei. "Chi può scappa -sottolinea l’ambasciatore dell’Unione Pirkka Tapiola- basti pensare che ufficialmente gli abitanti sono quattro milioni, ma secondo le stime delle compagnie telefoniche nella realtà non sono più di due milioni e mezzo”. "Dobbiamo interrogarci su quello che è la Moldavia oggi -aggiunge un altro diplomatico- un piccolo villaggio divenuto strategicamente importante sul piano geopolitico”, chiosa ironico. "Ma non dobbiamo ripetere gli erro
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continua]
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