Vorrei oggi presentarvi una posizione che si differenzia da quella di chi identifica la critica a Israele con l’antisemitismo. In teoria tutti sono pronti a fare questa distinzione. Nei fatti ogni qual volta viene criticata una politica di espansione delle colonie in Cisgiordania, la distinzione collassa. La buona fede delle persone che muovono tale critica risulta immediatamente degna di sospetto. I critici vengono subito additati come parte di una cospirazione contro Israele (e gli ebrei), da parte di un mondo antisemita che ha negli arabi la sua avanguardia.
Cercare di sottrarsi alle critiche e alle polemiche fa parte del fanatismo, è un aspetto importante dei suoi connotati psico-logici, dato che permette al bigotto di sentirsi sempre dalla parte della ragione. Il miglior argomento per sottrarsi alla polemica è allora quello di vedere come ipocrita ogni critica a Israele in quanto rifiuta, del tutto irragionevolmente, di capire che gli ebrei sono sempre stati delle vittime. E perché i critici di Israele sono così irrazionali? Ma perché sono degli antisemiti o degli ebrei che odiano se stessi, o ancora dei burattini involontari, quelli che Lenin chiamava "utili idioti”, in mano ai veri antisemiti, membri di una cospirazione mondiale ancora più pericolosa che ha come fine la distruzione di Israele e un nuovo Olocausto.
Il circolo vizioso è evidente. D’altra parte chi proietta i propri pregiudizi sugli altri diventa spesso ostaggio di un circolo vizioso.
Ecco, io penso che i difensori acritici di Israele, degli ebrei e della tradizione ebraica presentano anch’essi delle caratteristiche tipiche dell’antisemitismo. Detto in altri termini, questi israeliani o ebrei inconsciamente finiscono per rimanere intrappolati nella definizione elaborata dalle ideologie antisemite a cui coscientemente si oppongono.
La questione cruciale è se gli ebrei sono un popolo. Tale questione è spesso inquadrata nella contrapposizione fra "noi” e "loro”, amico e nemico, che il rivoluzionario conservatore Carl Schmitt vedeva come fondamento del concetto di politico. Significa che chi non è d’accordo è antisemita? E ammesso che gli ebrei siano un popolo, questo significa che il loro punto d’unione è necessariamente Israele? Opporsi ad uno Stato ebraico prima del 1945 non era considerato antisemita, così come non lo è criticare un Israele "dominato” dagli ebrei, a meno che non consideriamo Hannah Arendt, Martin Buber, Einstein, e tanti altri ebrei degli antisemiti in incognito.
Elaborazioni più articolate di tali argomenti sono presenti nei miei libri A Rumor about Jews ("Una voce sugli ebrei”, Oxford University Press, 2003) e The Bigot ("Il Fanatico”, Yale University Press, 2014). Le dinamiche del pensiero cospirativo e il suo legame con il fanatismo e con una politica orientata a destra sono da tempo un mio interesse di studio.
Penso ai Protocolli dei Savi di Sion che tanta popolarità hanno avuto nel mondo arabo. Vorrei fare un esempio: ero in Iraq con una delegazione di pace qualche mese prima dell’inizio dell’invasione americana del 2003. Gli iracheni che ci ospitavano sapevano che sono ebreo e molti di loro volevano parlare dei Protocolli dei Savi di Sion. La versione tascabile del mio libro era appena stata pubblicata e quindi non ne fui troppo sorpreso. Ciò che mi stupì invece fu lo "stile” con il quale approcciavano il testo. Non ne parlavano con riverenza o come se fosse stata la Bibbia. Al contrario, lo consideravano un libro, assieme ad altri, da prendere sul serio. Questo poteva sembrare persino più insidioso. Ma in realtà permetteva di aprire la strada a un discorso critico su come funzionano le cospirazioni e su quali presunzioni si fondano: i tedeschi chiamano questo fenomeno Ideologiekritik. Si parte da un assunto ovvio e cioè che le cospirazioni effettivamente abbiano avuto luogo. La Congiura di Catalina nell’Antica Roma ci fu davvero così come Richard Nixon fu autenticamente coinvolto nella Cabala. La differenza tra la cospirazione in generale e le presunte cospirazioni antisemite in particolare è il grado di assurdo degli argomenti esplicativi. La manifestazione più estrema è quella che io chiamo il "feticismo cospirativo” per cui tutto ciò che accade o è accaduto può essere spiegato con un’unica cornice di riferimento, quella cospir ...[continua]
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