Il calo della popolazione residente in Italia ha assunto le forme di un vero e proprio declino demografico. Sono infatti quattro anni consecutivi che la popolazione diminuisce, con una perdita complessiva di oltre 400 mila residenti, più degli abitanti di Bologna. Le migrazioni non riescono più a compensare il surplus di decessi rispetto al numero dei nati. Fino a cinque anni fa la popolazione continuava a crescere grazie agli arrivi di nuovi cittadini da altri Paesi.
Come ogni anno, l’Istat ha pubblicato i dati del bilancio demografico della popolazione residente aggiornandone il calcolo al 31 dicembre 2018¹, pari a 60.359.546 residenti, di cui l’8,7% sono di cittadinanza straniera (5.255.503). La diminuzione della popolazione, di 124mila persone rispetto all’anno precedente, non può essere più ritenuto un episodio determinato da fattori congiunturali.
Dall’inizio del nuovo millennio, tutti gli anni hanno fatto registrare un saldo naturale negativo, con solo due eccezioni (2004 e 2006), lievemente positive. Tuttavia, è negli ultimi dieci anni che si è registrato un forte peggioramento della dinamica demografica naturale: dal 2009, si sono persi più di un milione di abitanti (1.043.978). Se si considera solo la popolazione con cittadinanza italiana, la perdita ammonta a 1.725.009: più dei residenti in Abruzzo e Molise presi insieme.
Record negativo per le nascite
In Italia, la popolazione ha da tempo perso la sua capacità di crescita per effetto della dinamica naturale, quella dovuta alla “sostituzione” di chi muore con chi nasce. Nel 2018 il saldo naturale è risultato negativo e pari a -193 mila unità, con l’unica eccezione della provincia autonoma di Bolzano dove si registra un tasso di crescita naturale positivo (1,7 per mille).
Già a partire dal 2015 il numero di nascite è sceso sotto il mezzo milione, ma nel 2018 si registra un nuovo record negativo mai raggiunto dall’Unità d’Italia: sono stati iscritti in anagrafe per nascita solo 439.747 bambini. La diminuzione delle nascite è di oltre 18 mila unità rispetto al 2017 (-4,0%) e si registra in tutte le ripartizioni con valori più marcati nel Centro (-5,1% rispetto all’anno precedente).
Le cause del calo delle nascite sono da cercare in una pluralità di fattori. Il perdurare, ormai dalla metà degli anni Settanta, di una bassa natalità, ha decurtato il numero di donne attualmente in età feconda. Infatti, si registra una progressiva riduzione delle potenziali madri dovuta, da un lato, all’uscita dall’età riproduttiva delle generazioni molto numerose nate all’epoca del baby-boom, dall’altro all’ingresso di contingenti meno numerosi.
Il contributo positivo dato alla natalità fino ad oggi dalle donne straniere ha iniziato progressivamente a ridursi, sia per l’invecchiamento della loro struttura per età sia per una riduzione dei flussi di ingresso. Infatti, il numero di stranieri nati in Italia pari a 65.444 nel 2018 si riduce del  -3,7% rispetto al 2017. Senza contare la crisi economica che ha avuto un forte impatto sull’incertezza nel futuro, accentuando il ritardo alla transizione verso la vita adulta, già sperimentato dalle giovani generazioni, e la posticipazione della scelta di avere un figlio. D’altro canto, in una popolazione che invecchia è naturale attendersi un aumento tendenziale del numero dei decessi. Tuttavia, possono di anno in anno verificarsi oscillazioni spesso di natura congiunturale, come ad esempio nel 2018 in cui si è avuta una diminuzione di 15 mila decessi rispetto al 2017, comunque in linea con i livelli degli ultimi quattro anni (oltre 600 mila). Sull’andamento del fenomeno possono influire le condizioni climatiche (particolarmente avverse o favorevoli) e le maggiori o minori virulenze delle epidemie influenzali stagionali. Dalla capacità del nostro sistema socio-sanitario di proteggere gli individui più fragili dalle condizioni di rischio congiunturali e ambientali, con azioni di prevenzione e di cura mirate dipenderà, in buona parte, l’evoluzione futura altalenante o meno dei decessi.

Rallenta il contributo della componente migratoria
Nell’ultimo decennio, il bilancio demografico sta sperimentando una ridotta influenza da parte del fenomeno migratorio. I cambiamenti più evidenti riguardano la diminuzione degli ingressi e la ripresa dell’emigrazione di cittadini italiani. Infatti, le iscrizioni in anagrafe dall’estero si sono ridotte da quasi 500 mila del 2008 a 332 mila del 2018 mentre le cancellazioni dall’anagrafe per l’estero sono aumentate in maniera marcata, passando da 80 mila a 157 mila nel decennio. Il saldo migratorio con l’estero si è quindi ridotto a 175 mila unità nel 2018 (il 3,2% in meno rispetto al 2017).
Le 157 mila persone che nel 2018 hanno lasciato il nostro Paese hanno fatto segnare un aumento di duemila unità rispetto al 2017: cresce l’emigrazione di cittadini italiani (+1,9%). Tuttavia, già da alcuni anni si è osservato che tra gli emigrati è consistente il numero di italiani nati all’estero: basti pensare che nel 2017 sono stati circa 33 mila (28,6% degli espatri, +18% rispetto al 2016).
Si tratta prevalentemente di cittadini di origine straniera che emigrano in un Paese terzo o fanno rientro nel Paese d’origine dopo aver trascorso un periodo in Italia e aver acquisito la cittadinanza italiana. A emigrare sono spesso interi nuclei familiari, anche con figli minorenni nati in Italia. Si rischia, così, di veder diminuire la capacità attrattiva del nostro Paese, soprattutto per le nuove generazioni, il cui contributo è invece importante nel rallentare la fase di declino demografico.
Sul saldo complessivo naturale e migratorio, già di per sé negativo, influisce il saldo per altri motivi (- 87.525), dovuto principalmente alle cancellazioni per irreperibilità di persone che non comunicano il loro trasferimento all’estero, e il saldo migratorio interno, anch’esso leggermente negativo per uno sfasamento temporale nella rilevazione statistica tra cancellazioni e iscrizioni nei trasferimenti di residenza.

Note: 1. Il report presenta analisi che si spingono fino a un livello territoriale regionale, ma i dati pubblicati presentano i bilanci delle anagrafi dei 7.954 comuni attivi alla fine del 2018.