Stephen Eric Bronner è professore del Board of Governors di Scienze Politiche presso la Rutgers University e Direttore di Relazioni Globali presso il Center for the Study of Genocide and Human Rights.

L’antisemitismo non muore mai, come ci hanno drammaticamente ricordato le sparatorie alla sinagoga della congregazione “Albero della vita” di Pittsburgh, in Pennsylvania, e alla Congregazione “Chabad” di Poway, vicino San Diego. Ma il ricordo di queste tragedie va già svanendo, ora che questi eventi si confondono con migliaia di altri episodi violenti. Raramente i colpevoli mostrano grandi segnali di pentimento. Questo perché i reazionari in generale, e gli antisemiti in particolare, ritengono di star difendendo la propria comunità dalle macchinazioni di una cabala avversa. Quest’immaginaria cospirazione ebraica permea ogni aspetto della loro esistenza e viene identificata con entrambe le parti di ciascuna contraddizione. I capitalisti e i socialisti, per esempio, non si troverebbero “realmente” in opposizione, ma sarebbero manipolati dallo stesso burattinaio. L’ebreo esiste ad uso del fanatico, e può incarnare qualsiasi cosa l’antisemita desideri: la ricchezza più favolosa o la miseria più infima, la ribellione, l’avarizia o l’eccesso, il capitalismo e il comunismo, il provincialismo del ghetto e lo strapotere delle cospirazioni globali, e -soprattutto- la “mano invisibile” di una cospirazione che minaccia il buon cristiano, l’uomo del popolo. Da molto tempo il feticismo della cospirazione mette a disposizione dei fanatici intrecci densi di significato. Inoltre, genera l’antisemitismo come strumento per giustificare le più contorte supposizioni psicologiche sull’Altro. Ciò non vale solo per l’Europa, dove l’antisemitismo è sempre stato tradizionalmente più forte, ma anche per gli Stati Uniti. Con una comune radice rurale e una base sociale premoderna, se ne trovavano tracce tra le fila degli “Know-Nothings” degli anni Quaranta dell’Ottocento, nel Ku Klux Klan, nel movimento proibizionista “Temperance and Prohibition”, negli influenti movimenti “America First” degli anni Venti e Trenta, nei “Dixiecrats” [una corrente del Partito Democratico a favore del suprematismo bianco e del segregazionismo], nei seguaci del Senatore Joseph McCarthy, e nella destra della “John Birch Society” degli anni Quaranta e Cinquanta. Gli anni Sessanta e i successivi hanno visto emergere al sud i “comitati di bianchi” anti-diritti civili, la maggioranza “silenziosa”, la maggioranza “morale”, gli evangelici, le milizie del mid-West, fino ad arrivare alle marce neonaziste di Charlottesville nel 2017. Nessuno di questi movimenti era esclusivamente antisemita, ma tutti avevano in comune tratti antisemiti.
Che sia negli Stati Uniti o in Europa, tra gli arabi antisemiti o i coloni imperialisti e xenofobi di Israele, entra in gioco lo stesso assolutismo, quello del “sangue e la terra”. Quando non sono gli arabi o gli afro-americani a costituire una forma radicale di alterità, sono gli ebrei il bersaglio perfetto. Pertanto, questo pregiudizio assume un tratto quasi istintivo per il fanatico: sempre a portata di mano, sempre pronto a tornare a galla qualora le circostanze lo richiedessero.
Il pregiudizio poi si manifesta a grappoli. È raro trovare un fanatico che detesti un unico gruppo etnico. I nazionalisti bianchi non si limitano a odiare i neri, i fascisti non se la prendono solo con i massoni e i nazisti non ce l’hanno solo con gli ebrei. Quale sia il soggetto a ottenere il primato dell’odio in un dato momento, è una questione di contingenza: fuori dall’emisfero occidentale, i neri erano “troppo esotici”, e la minaccia da loro costituita solo metafisica. Lo stesso valeva per i musulmani prima dell’undici settembre 2001, mentre gli ebrei sono sempre stati una forma aliena alla civiltà cattolica sin dal loro emergere. Talvolta gli evangelici parlano ancora degli ebrei come dell’anticristo.
Ma la loro principale preoccupazione, ora, è più l’Islam, e il timore della Sharia, che non il Popolo eletto. Stiamo in guardia, però; tutto può cambiare in un batter d’occhio. Gli stessi stereotipi possono spostarsi da un gruppo all’altro con relativa facilità. Prima erano i neri, poi le donne, poi i gay, che non ci si poteva fidare a lasciare nelle stesse trincee dei soldati bianchi. Ebrei, italiani, europei dell’est, irlandesi; tutti sono stati di volta in volta accusati di essere sporchi, violenti, con problemi etici. Il fanatismo rig ...[continua]

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