Anna Bravo se n’è andata. Anna è stata salutata il 10 dicembre a Torino, da numerose amiche e amici. Hanno portato un breve affettuoso saluto il compagno di una vita Franco Carrer, l’amica Franca Manuele e Fabio Levi. A seguire, ripubblichiamo un’intervista che le facemmo nel 1995.

Il ricordo di Franca Manuele
Ciao Anna / La canzone che ti accompagna è quella che cantavi / così noi siamo incollate alla tua voce e al tempo giovane di allora / Raccontami qualcosa di bello, mi dicevi quando la sera, tardi, ci sentivamo: / Tu prima di metterti a lavorare, io prima di andare a dormire / Oggi, di bello c’è che siamo tutte tutti qui con te. Quelle che non hanno potuto raggiungerti e quelli che ci sono con la mente e il cuore. / Questa sala è molto affollata. Ma incredula della tua morte. / Quando abbiamo parlato della nostra morte l’abbiamo fatto con pudore. / Solo poco tempo fa, quando ti ho detto che Non potevi fare scherzi, che per te c’era ancora tempo / Mi hai risposto, ridendo / Vietato morire? / Era da te. Vietato vietare / Dai venti agli ottanta / hai guardato il mondo / Con occhi giovani / Al femminile, / Gli occhi della storica / Della femminista / Della militante. / Hai scrutato il presente alla ricerca di una speranza. / Da due anni, dopo La conta dei salvati, / Hai puntigliosamente letto giornali, riviste, / alla ricerca di fatti, notizie di  cronaca che riguardassero le persone buone, che con gesti, corpo e voce avevano interrotto la violenza, sospeso la sofferenza delle vittime, degli inermi. / I giusti, oggi. / Giusti che se salvano uno salvano tutti. / Il filo rosso della storia del presente,/ Per te. / E tante altre cose.

Il ricordo di Fabio Levi
Anche noi, cui pure non piacciono capi e re, avevamo la nostra regina. La regina di un paese senza sudditi, un paese che tutti insieme abbiamo cercato, e ora continueremo a cercare più soli di prima. Anna era bella e indomita come una regina; con la sua intelligenza piena di passioni, la sua voce roca che cantava Brassens, e i suoi capricci deliziosi.
In un attimo ci è stata portata via. E quell’attimo ha sigillato in un lampo i tanti e tanti anni di consuetudine, di affetto e di ammirazione. Più grande di noi che ci affacciavamo al mondo nel ’68, era fra quelli che già prima avevano coltivato una vita più libera. Non ha esitato dunque neppure un momento a vivere appieno quella stagione straordinaria. E quando è sembrato che, per condurre la lotta continua, fosse necessaria una maggiore disciplina, Anna l’ha accettata, ma senza mai smettere di mordere il freno. Per sentirsi nuovamente se stessa nei lunghi anni in cui ha scelto, fino alla fine, di fare proprio il punto di vista delle donne e guardarsi intorno con nuova e intransigente lucidità.
Per Anna la consapevolezza di quanto fosse stridente, doloroso e ogni volta diverso lo scontro fra la libertà dei singoli e il potere, era la bussola che orientava il suo sguardo anche sul passato. Quando ha raccolto, con grande perizia critica, le storie della Resistenza o i racconti degli ex deportati. Quando ha ascoltato le donne che avevano accudito i giovani militari abbandonati a se stessi dopo l’8 settembre, o si è avventurata per i difficili sentieri della zona grigia in Lager. Anna ha scritto fra gli altri due libri che hanno lasciato un’impronta di lei non soltanto come studiosa, sulla ricchezza del ’68 e sulla necessità della nonviolenza: A colpi di cuore e La conta dei salvati. Due titoli di cui era orgogliosa, perché non si sarebbe potuto dire meglio per rappresentare lo spirito che l’animava.
Forse molti di voi lo sanno già. Anna preferiva lavorare di notte e al mattino riposare. Proviamo a pensare che, d’ora in avanti, il suo possa essere il riposo di un lungo e sereno mattino.