vi scrivo sotto un cielo carico di pioggia, in una giornata di settembre che sembra novembre. È come se le stagioni si sentissero confuse, nel caos, proprio come lo sono stati gli eventi di quest’anno. Fuori, in campagna, i campi sono stati ripuliti dei loro raccolti e fremono in attesa della prossima semina. Non c’è requie, per i campi. Riesco a camminare liberamente in uno stretto sentiero, che separa due terreni. Ci sono 150.000 miglia di sentieri nel Regno Unito, anche se non tutti conducono da qualche parte -e si tratta di un dato che si è dimezzato, rispetto al Diciannovesimo secolo. A una prima impressione, questo dato parrebbe consentire una certa libertà nel libero girovagare, ma paragoniamolo al totale della terraferma britannica di proprietà privata, e lo vedremo come un’offerta ridotta. Il 92% dell’Inghilterra è di proprietà di privati. È solo nell’evoluta Scozia che troviamo un “diritto di girovagare” in tutti gli ambienti naturali.
Stavo pensando a questo antico desiderio, al diritto, all’amore per il camminare, perché negli ultimi mesi è alla natura che le persone si sono rivolte in cerca di sollievo, fuga e conforto.
È un qualcosa di importante, e non solo perché c’è un non so che di insito in noi che ci ricollega alla natura, una sorta di attaccamento culturale all’arcadia; pensiamo anche alle aspre battaglie vinte alla fine del Diciannovesimo secolo da quegli operai che nelle loro domeniche pomeriggio di libertà se ne andavano a passeggiare sui terreni privati e, trovatisi di fronte le arme spianate dei guardacaccia, rivendicavano il loro diritto a respirare l’aria pulita della campagna.
Tutto ciò dopo secoli di delimitazione delle common land, caratteristica molto diffusa del panorama agricolo inglese del Sedicesimo secolo. Giunti al Diciannovesimo secolo, le common land non delimitate si erano per la maggior parte ridotte a zone di pascolo povere, con vegetazione arbustiva, non coltivate, situate per lo più in aree montagnose e in porzioni relativamente ridotte dei bassopiani.
Queste terre venivano acquisite da una grossa fattoria o da un proprietario terriero locale, e venivano delimitate da una recinzione. Un caso evidente di “furto di classe”, come definito dallo storico E. P. Thompson, il cui risultato fu che il povero venne deprivato della terra, reso mera “carne da cannone” per le fabbriche dell’Inghilterra settentrionale.
Travalicare quelle recinzioni è un reato civile, e ciò non fa che rinforzare le iniquità del nostro paese. Ci deruba della nostra facoltà di respirare e camminare liberamente, di ricongiungerci con le nostre colline, le nostre vallate, la nostra terra; ovviamente non è più un reato da impiccagione, come poteva essere quando Robin Hood ribaldeggiava nella foresta di Sherwood, osando persino mangiare il cervo del Re. Ma ora, questo governo Tory sta cercando di rendere l’ingresso abusivo in fondo altrui, il “trespass”, un reato da codice penale.
Sempre più saremo confinati a quegli stretti sentieri tra i campi e a quelle poche aree dei parchi nazionali o ai terreni demaniali in cui siamo liberi di girovagare, di esplorare, di respirare in libertà, nella natura selvaggia.
Il governo conservatore guidato da David Cameron aveva già reso l’occupazione di abitazioni abbandonate un reato penale (mentre prima la conseguenza era una causa di sfratto che è una materia di diritto civile). Quella misura aveva colpito duramente i senzatetto, mentre questo nuovo disegno di legge, volto a criminalizzare chiunque si avventuri in un bosco di proprietà di una qualche tenuta, potrebbe rendere tutti coloro che amano passeggiare, tutti i sognatori, tutti noi, dei delinquenti. E ciò proprio nel momento in cui, più che mai, sentiamo il bisogno di incontrarci all’aria aperta. I parchi pubblici non sono più uno dei tanti agi pubblici: sono diventati fondamentali per le nostre nuove vite.
Le persone sempre più spesso vanno in campagna e scelgono di trascorrere le loro vacanze nei nostri ambienti naturali. I giornali scrivono articoli su questa o quella recondita spiaggia dimenticata. Nella contea di Norfolk, nel pieno dell’estate, erano 120.000 le persone che ogni giorno si recavano nelle proprie spiagge. In Cornovaglia, dove le strade si intasavano di macchine, i residenti hanno cominciato ad affiggere cartelli che chiedevano ai turisti di andarsene, nel timore che questi non portassero con sé solo i propri bagagli, ma anche il virus. Vero è che i turisti por ...[continua]
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