Ora sulla Russia incombono esorbitanti costi militari, innumerevoli e gravi sanzioni, malumore interno, ingenti perdite militari e perdite umane che si aggirano intorno ai 38.000 soldati caduti. L’esportazione di gas naturale e gli oleodotti transnazionali avevano in passato assicurato alla Russia la sicurezza al confine con l’Europa; non è più così da tempo.
Oggi la comunità globale si identifica con il destino sventurato dell’Ucraina; la Russia è accusata di orrendi crimini di guerra; la Polonia e altri stati europei ora temono le sue ambizioni e, cosa ben più drammatica, anche Finlandia e Svezia ambiscono ad aderire alla Nato, un’opzione che il presidente Usa Joseph Biden è riuscito, quasi da solo, a riportare in vita.
L’impresa Ucraina ha avuto come esito tutto ciò che il Presidente russo Vladimir Putin avrebbe voluto evitare -e, forse, ora è pronto a scendere a patti. Tuttavia, le cose non si sono messe poi così male, per lui. Nella madrepatria russa il dissenso è ancora duramente represso e i suoi cittadini si stanno adattando agli effetti depauperanti delle sanzioni. Il Donbass è sul punto di cadere. Le principali città ucraine sono circondate. Ora la Russia controlla gli ambiti porti di Mariupol, Odessa e Kherson; ha messo in sicurezza un corridoio che collega il confine russo con la Crimea, e Putin regna su tutto il Mar Nero.
L’Ucraina è costretta a stare sulla difensiva. La Russia avanza sui suoi bersagli lentamente, ma con fermezza. Mariupol e Bucha hanno visto esecuzioni di massa, stupri sistematici, civili torturati. I rifugi e le vie di fuga sono stati bombardati. Ci sono state deportazioni. Ora su quelle popolazioni incombe la fame, e l’infrastruttura ucraina è distrutta. I servizi sanitari non esistono più; le persone non hanno più una casa e anche il capitale ha abbandonato il paese. In più, il trilione di dollari riversato su Kiev con gli aiuti militari occidentali non faranno che trasformare ciò che rimane di una nazione civilizzata in un campo di battaglia.
L’Ucraina ha già sofferto abbastanza. E di sofferenza ne verrà altra se la Russia comincerà a impiegare i suoi nuovi missili sempre più letali, l’armamentario della guerra batteriologica e le armi nucleari.
Nulla di ciò può essere escluso, e il conflitto già esistente tra Russia e Ucraina potrebbe anche finire per allargarsi in qualunque momento ad altre nazioni. La realtà è che l’aiuto occidentale è prossimo al suo limite. I cittadini dei paesi Nato già stanno cominciando a lamentarsi dell’incremento dei prezzi del gas, della mancanza di generi alimentari e dell’inflazione indotta dalla guerra. La sovranità ucraina, per ora, poggia su un cumulo di macerie.
“Riprendersi e rafforzarsi” è il nuovo slogan della Russia, la quale, non c’è dubbio, terrà gli occhi fissi su Moldovia, Estonia, Lettonia e Lituania. Putin sogna ancora di ricostituire l’impero sovietico, ma è impossibile predire il futuro. Cionondimeno, invadere una di queste nazioni sarebbe una mossa illogica da parte russa, perlomeno mentre si sta leccando le ferite per le perdite subite in Ucraina.
Nonostante le chiacchiere sui media circa i rischi di un “appeasement”, potrebbe essere utile oggi considerare quanto abbiamo appreso dalla guerra civile spagnola. Con la battaglia di Barcellona del 1937 era chiaro a tutti che quella guerra era perduta, anche se l’accordo finale di pace sarebbe stato firmato solo nel 1939. Quanti coraggiosi partigiani antifascisti hanno dato la loro vita in quei due anni?
Gli attori politici pragmatici auspicano il meglio, preparandosi al peggio, e lavorano a strategie politiche che si pongano nel mezzo tra questi due estremi. Il miglior risultato possibile ora è la vittoria dell’Ucraina, il peggiore la sua sconfitta. In entrambi i casi, questo Davide indebolito dovrà avere a che fare con un Golia ferito. Il risultato più probabile, comunque, non è né un indiscusso trionfo de ...[continua]
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