Imparo qualcosa ogni giorno -va beh, diciamo “a giorni alterni”. Questo perché leggo sempre i giornali -ok, diciamo che li leggo “occasionalmente”. A ogni modo, oggi ho appreso che tra le opere più bersagliate dagli aspiranti censori statunitensi ci sono "Il buio oltre la siepe" di Harper Lee, "Uomini e topi" di John Steinbeck e "Il giovane Holden" di J. D. Salinger. Confesso che non vado pazzo per nessuno di queste classici. D’accordo: il libro di Harper Lee ha difeso accoratamente dagli intolleranti sia un senso di giustizia elementare sia il movimento per i diritti civili -tutto questo, poi, in un’epoca in cui la segregazione era ancora in auge- ma il suo stucchevole sentimentalismo mi ha sempre dato il voltastomaco. Ogni accademico radicale contemporaneo che si rispetti, peraltro, non potrebbe esimersi dal ravvisare nel libro di Lee un razzismo e un sessismo lampanti, in quella che è una celebrazione patriarcale del “salvatore bianco”.
Anche in Steinbeck le motivazioni alla base dell’opera sono quantomeno sospette: il suo breve romanzo rappresenta senza pudori la violenza sulle donne, sfoggia epiteti razzisti e si dimostra insensibile rispetto al tema della disabilità mentale. Per quanto riguarda il leggendario adolescente di Salinger, Holden Caulfield, invece, dico solo che quel ragazzo è talmente alienato da avermi sempre dato sui nervi.
Davvero la sinistra vuole censurare queste opere? Ma no, certo che no! Oddio, diciamo forse no. Per fortuna è un argomento irrilevante. Sono i genitori indignati del “Make America Great Again” quelli pronti a preparare i falò in cui dare alle fiamme oltre millecinquecento classici. I fascisti e i loro simili non hanno mai creduto nella libertà di parola, se non per loro stessi. Io pensavo che invece la sinistra dovesse difendere la libertà d’espressione, la trasgressione, le provocazioni, l’erotismo, la fantasia, la critica e la sperimentazione, no? Va beh, evidentemente, i tempi cambiano. E tuttavia ho l’impressione che i miei compagni di sinistra più puritani (e ce ne sono tanti) simpatizzino in gran segreto con le ambizioni censorie di quelli che dovrebbero essere i nostri nemici politici. Mi ricordano spesso che la libertà di parola non è mai libera -concetto molto profondo- e che il potere deriva dal discorso egemonico -un po’ come, credo, deriva dalla canna di una pistola.
Ecco! Argomenti come questi mi hanno fatto riconsiderare le mie posizioni! È vero, gli imbecilli di Trump avranno pure conquistato il Partito repubblicano, ma i miei compagni sono riusciti a conquistare... le facoltà di letteratura di tutto il Paese -cosa che, direi, rappresenta un’impresa ben più impressionante!
Seduto alla mia scrivania, mentre sorseggio un caffè, mi ritrovo a riflettere sul passato. Cosa ci è successo? Accogliere il concetto di identità e farci carico delle micro-aggressioni sono stati sicuramente passi in avanti per la sinistra! In fondo i vecchi ideali erano così… vecchi! Anche i Maga, i sostenitori del Make American Great Again di Trump, ribadiscono sempre che sostengono la democrazia -e io prendo per buona la loro parola!
Per quanto poi riguarda le macro-aggressioni, in fondo hanno poco a che fare con quello che succede nella mia vita, che è poi quello che conta davvero, no? Ci stiamo occupando delle classi... più o meno. Stiamo combattendo il classismo! L'inferiorità culturale e il privilegio sociale associati al potere di classe sono ripugnanti! Non temete: sappiamo cosa stiamo facendo!
Il fatto è che il linguaggio della coscienza di classe, le contraddizioni economiche e il processo di accumulazione del capitale sono concetti che non fanno che confondere la gente; lo stesso vale per i discorsi sulla globalizzazione, l’imperialismo, il post-imperialismo, eccetera.
Che dire? Le teorie sono così tante e il tempo è così poco! Davvero ci importa se la maggior parte delle teorie che si occupano di queste idee si contraddicono? Tanto non le legge nessuno!
Tutti sanno cosa intendiamo quando parliamo di globalizzazione, imperialismo o post-imperialismo. O no? Va beh, fa lo stesso. Alla fine quello che conta è che noi ci dedichiamo a difendere le vittime, per quanto rintanati nei nostri “luoghi sicuri”. Questo lo facciamo! O almeno: ogni tanto lo facciamo.
Attenti a non risultare paternalisti, molti anziani saggiamente avvertono che dobbiamo imparare dai giovani -o anche no. Dopo tutto, loro hanno imparato così tanto da noi! Tanti di questi vecchi esponenti della sinistra insistono sul fatto che gli autori continuano a scrivere il tipo di libri che loro vorrebbero leggere. Chi può negare che l’incomprensibile prosa di James Joyce era indirizzata all’élite eurocentrica, che la descrizione dell’interminabile orgasmo di Molly Bloom nell’Ulisse è pornografica e sessista, che il disprezzo di Joyce per la Chiesa cattolica costituisce un’offesa per i credenti? Credetemi, io avrei censurato tutto!
Non parliamo dell’opera lirica: non solo è noiosa, ma è anche bigotta, sessista, elitista e altrettanto eurocentrica -basterebbe citare il “Ratto del serraglio” di Mozart o “Madame Butterfly” di Puccini!
Effettivamente, mi sono reso conto che possiamo riscontrare una ristrettezza di vedute nel cuore di ogni genio -o meglio: di coloro che ricevono tale etichetta da maschi bianchi eurocentrici e privilegiati! Prendiamo Shakespeare, “Il mercante di Venezia”, l’“Otello”, la “Bisbetica domata” o “Re Lear”... il Bardo non era ebreo, non era nero, non era una donna e non era neanche anziano (almeno secondo i miei standard). Voglio sperare siamo tutti d'accordo sul fatto che l’autore è la sua opera! Dunque, perché mai dovremmo guardare un film di quel maniaco sessuale di Charlie Chaplin? E poi è moralmente accettabile che un uomo eterosessuale interpreti il ruolo di un transessuale? Come può un messicano tradurre l’opera di un giapponese? Tra l'altro, mi pare di ricordare che le orchestre, sotto il nazismo, non potevano suonare opere di Mendelssohn né di Mahler, in quanto compositori ebrei. Ah, no, ma lì la logica era diversa...
Shakespeare? Beh, Shakespeare avrebbe dovuto limitarsi a scrivere di ciò che conosceva, l’Inghilterra e -va bene!- casomai l’antica Roma, ma per quanto riguarda il resto... Dopo aver appreso, grazie a me, che Voltaire aveva invitato i suoi contemporanei a ecrasez l’infame, insultato gli ebrei e bestemmiato contro il profeta Maometto, un giovane radicale comprensibilmente inorridito esclamò: “Allora l'Illuminismo è una stronzata!”. Beh, una rivelazione illuminante! Ci ho riflettuto sopra a lungo. Mentre le ore passavano, il mio cervello non la finiva più di rimuginare. E alla fine mi sono ricordato! È vero: la religione può rendere impotenti i popoli, favorire la superstizione, ingenerare il dogmatismo, ispirare i fanatici... Tuttavia, mi sono reso conto che non è questo il punto! Voltaire può aver difeso le vittime di persecuzioni religiose, può essere stato bersaglio di continui attacchi da parte di conservatori e fascisti, ma il suo attacco all’identità religiosa rimane imperdonabile!
Nessuno ha il diritto di insultare ciò in cui io credo! Dio non voglia! Un giovane insegnante di liceo in Francia ha avuto l’ardire di instaurare un dialogo con alcuni suoi studenti a proposito delle vignette “blasfeme” che raffiguravano il profeta Maometto. È stato decapitato da un fanatico islamista -che non era nemmeno un suo studente. Va bene, la reazione di questo fedele magari è stata un po’ esagerata, ma non è forse vero che quell’insegnante avrebbe dovuto andarci più cauto? Avrebbe dovuto immaginare che quelle sue intenzioni così progressiste avrebbero fatto infuriare i credenti e provocato la propria decapitazione! Possiamo davvero prendercela col devoto musulmano per aver preteso vendetta nel nome del profeta il cui divino volere solo il vero fedele conosce e può dispensare!? Le persone in fondo sono responsabili delle proprie azioni! C'è poco da fare, il nostro giovane docente è colpevole di aver irresponsabilmente ignorato le prevedibili conseguenze del suo gesto!
Le scuole chassidiche invece hanno pensato a tutto! Decisi a isolare i propri studenti dalla vita come la conosciamo e a salvaguardare la loro (vera) identità ebraica, i rabbini istruiti e i loro discenti hanno voltato le spalle alla vita come la conosciamo. Niente di più facile! Rifiutano l’insegnamento dell’inglese, della matematica, dell’uso del computer, della storia o della letteratura mondiale. Questi ribelli si accontentano di insegnare ai loro piccoli angeli l’Yiddish e la lettura della Torah! D’altra parte, che altro c’è da sapere? Un libro basta a coprire tutto lo scibile -anche se altri potrebbero obiettare che “il libro” potrebbe essere il Corano o il Nuovo Testamento. Ovviamente, tra questi, c’è qualcuno che si sta sbagliando di grosso e pagherà il suo errore nella vita ultraterrena. In questa vita, però, è meglio lasciare a ogni comunità il diritto di coltivare l’ignoranza a proprio piacimento, no? Con un po’ di fortuna, alla fine il mondo si trasformerà in una galassia fatta di tanti ghetti per cui la mancanza d’interesse per la cultura degli altri andrà a completare quel senso di tepore che ciascuno prova nel sentire di appartenere a una comunità.
L’identità? Beh, ma quella riguarda noi, non loro! O meglio: riguarda qualcuno di noi. Personalmente non so se ho qualcosa in comune con i chassidici, perennemente impegnati in lotte intestine, o con i fanatici sionisti. Tendo ad identificarmi più con gli ebrei-non-ebrei, come Hannah Arendt, Einstein, Kafka, Rosa Luxemburg e Trotsky.
Potrà mai esserci una moltitudine di sotto-identità, ciascuna con le proprie tradizioni (in conflitto), entro una singola formazione identitaria? O mio dio! Non sarà che il noi può includere anche loro? Per carità, questo è davvero troppo, dimenticate ciò che avete appena letto. Sto iniziando a confondermi... Solo coloro che si identificano con me contribuiscono all’espressione autentica della mia identità (non so se mi spiego). Chiedetelo a chiunque (di noi, non di loro, mi raccomando!).
Il rischio di apostasia è sempre in agguato! Cosa rappresenta meglio l’ebreo-che-odia-se-stesso della ballata Springtime for Hitler in “Per favore, non toccate le vecchiette” di Mel Brooks? Come vero ebreo, autentico ebreo, aborro quella canzone! Ora che ci penso, anche Art Spiegelman avrebbe potuto rappresentare l’Olocausto con un po’ più di tatto nella sua graphic novel "Maus". Ebrei raffigurati come topi, nazisti come gatti, polacchi come maiali!? Sono paragoni che mi disgustano -senza contare che io odio i gatti!
Artisti come questi ben esemplificano la categoria creata da Maurice Barrès, noto antisemita, xenofobo e proto-fascista del Diciannovesimo secolo, quella dei deracinés (sradicati), i non-autentici per definizione. Perché? Ma perché i cosmopoliti e gli intellettuali, con tutte le loro norme universali e i loro astratti criteri di verità, proprio non vogliono capire! Chi ha un’identità autentica percepisce il mondo “di pancia”, e non con la mente! Ciascuno è “radicato” in una propria comunità e i diritti “umani”, di solito mettono a repentaglio gli usi e costumi che rendono unica quella comunità! Peraltro, che vuoi che importi di questi “diritti”? Lo storico conservatore Leopold von Ranke si mostrava ben più vicino alla nostra sensibilità contemporanea quando sentenziava che “ogni nazione è ugualmente vicina a dio!”.
Che dire, adoro questo genere di discorsi! Anche io sono indifferente alle tradizioni culturali -o meglio: a quelle diverse dalla mia! È sempre possibile subire l’influsso nefasto dei forestieri e delle critiche interne, pertanto noi dobbiamo restare vigili -come la polizia morale iraniana! In effetti, i miei compagni di identità non hanno un gran senso dell'umorismo! Intendiamoci, a nessuno di noi piace la censura, ma dobbiamo fare ciò che va fatto. Il compagno Lenin aveva ragione: non si può fare una frittata senza rompere qualche uovo -anche se, a dirla tutta, a volte non si ottiene una frittata, ma solo un gran pasticcio. Ma questo non conta! Se è vero che la destra può invocare la censura, allora perché la sinistra non può ugualmente cancellare la cultura invisa ai suoi membri? Non che si voglia qui tracciare un’equivalenza tra destra e sinistra, ma come diciamo noi “se va bene per l’oca, va bene anche per il papero”!
Lasciamo pure che ciascuna identità coltivi il proprio orticello e censuri quello degli altri; se ci riusciremo, nessuno più discuterà animatamente di niente, nessuno si sentirà più insultato e l’odio scomparirà! Anzi, mi viene da pensare che se imparassimo ad auto-censurare le nostre parole prima ancora di parlare, beh, non avremmo nemmeno più bisogno di censori!
Non sarebbe bello? Tutti i problemi del mondo risolti in un sol colpo! Beh, che dire, sono proprio orgoglioso di aver trovato la soluzione, tutto da solo! Cionondimeno, rimango umile, sono consapevole che rimangono altri problemi di non facile soluzione.
Mi sono imbattuto in uno di questi problemi senza soluzione poco prima che uscisse il mio libro “A Rumor about the Jews” [Una diceria sugli ebrei, Ndt], in cui si offriva un’analisi socio-storica del tristemente noto “Protocollo dei savi di Sion”, un’opera di finzione brutalmente antisemita che rappresenta una fantasiosa cospirazione globale ebraica. Essendo certo che pochi tra i miei lettori avrebbero saputo di cosa trattasse quel libro, mi sono trovato di fronte a un dilemma etico: avrei dovuto includere estratti originali di questo fanatico, mal scritto, delirante e volgare libercolo, rozza espressione di un feticismo della cospirazione? O sarebbe stato meglio proteggere i più sensibili tra i miei simili, evitando di offendere i più sensibili tra i goyim, omettendo di ripubblicare l’osceno testo?
Il mio editore ha consigliato di inserirlo, asserendo che la sua inclusione avrebbe stimolato il dibattito -e permesso al libro di attrarre un pubblico più ampio. Non che questo abbia avuto qualcosa a che fare con la mia decisione di includerlo, sia chiaro! Ritenevo semplicemente che i miei lettori avrebbero dovuto confrontare le vere motivazioni fanatiche del testo originale.
Questo mi porta a fare un’altra confessione. Ogni volta che tenevo un corso sul nazismo, davo da leggere ai miei studenti il barbarico libro di Andrew MacDonald "La seconda guerra civile americana. I diari di Turner", così come facevo loro guardare “Notte e Nebbia”, il documentario di Alain Resnais del 1956, con la sua cruda raffigurazione dei campi di concentramento e delle fosse comuni. Lo so: esporre un’intera classe a queste opere è stato un comportamento insensibile, da parte mia, nonché inutile: non è poi così importante che degli studenti si facciano un’idea di ciò che la mente di un genocida può elaborare, o assistano anche solo a una minima parte di ciò che è stato realizzato, giusto?
Anche se ora l’ho capito, mi sento comunque in colpa! Forse ho suscitato un senso di disagio in alcuni di questi giovani, probabilmente ho provocato delle bue ai loro pancini, forse li ho addirittura traumatizzati a vita! Tutti gli educatori dovrebbero tener presente la fragilità emotiva dei propri alunni! Questo discorso poi non può essere circoscritto all’insegnamento dell’Olocausto. Riuscite a immaginare una classe costretta ad analizzare "Una modesta proposta" di Jonathan Swift, libro satirico in cui l’autore consigliava di migliorare le condizioni dei poveri irlandesi facendo a pezzi i loro bambini e vendendo il nutriente prodotto agli aristocratici inglesi? Oppure pensiamo ai possibili effetti psicologici di quel quadro di Goya -che certo farebbe passare l’appetito a chiunque- in cui Saturno divora con avidità i propri figli? L’artista spagnolo avrà anche anticipato le rivoluzioni stilistiche che sarebbero venute in seguito, ma con ciò? Dobbiamo forse mostrare tali orrori ai giovani? Certo che no! Ciò di cui abbiamo bisogno sono opere che ci rendano orgogliosi di quello che siamo (qualunque cosa questo significhi), non certo lavori che glorifichino il cannibalismo!
Sono esausto... Ma non posso fermarmi: c'è ancora molto lavoro da fare. Dobbiamo mostrare maggiore sensibilità verso gli altri, cancellare tutto ciò che ci offende -o, meglio: ciò che mi offende! Queste idee galvanizzeranno sicuramente i lavoratori e gli elettori indipendenti nelle prossime battaglie elettorali! Ma questo è per un’altra volta! Sto ancora imparando! E non vedo l’ora di vedere quale nuova lezione mi porterà il domani!
(traduzione di Stefano Ignone)
Pensiero censurati
cosa sta succedendo
Una Città n° 287 / 2022 ottobre
Articolo di Stephen Eric Bronner
Tradotto da Stefano Ignone
Pensieri censurati
Una satira spietata dell’ondata oscurantista, questa volta proveniente da sinistra, contro la letteratura del passato, accusata di razzismo, sessismo, classismo e di quant’altro; un desiderio di censura, questa volta “progressista”, che ricorda tempi andati e da cui non si salva nessuno dei capolavori del passato, neppure Shakespeare. Di Stephen Eric Bronner.
Archivio
IL POTENZIALE DI CAMBIAMENTO
Una Città n° 166 / 2009 Giugno-Luglio
Realizzata da Barbara Bertoncin
Realizzata da Barbara Bertoncin
Stephen Bronner è senior editor di Logos, giornale online (www.logosjournal.com). Ha pubblicato, tra l’altro, Peace out of reach. Middle Eastern Travels and the Search for Reconciliation, The University Press of Kentucky 2007. Insegna Scienze Politiche al...
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L'ASSURDO
Una Città n° 232 / 2016 luglio-agosto
Realizzata da Sepher Solyman
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Pubblichiamo un’intervista a Stephen Eric Bronner apparsa sulla rivista letteraria iraniana "L’itrarcoria”.
Cominciamo con una domanda poco convenzionale: quanto consideri positiva, o negativa, la visione del mondo dell’ass...
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LA DEMOCRAZIA NON E' FACILE
Una Città n° 195 / 2012 G
Realizzata da Barbara Bertoncin, traduzione di Andrea Furlanetto
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Stephen Bronner è senior editor di Logos, giornale online (www.logosjournal.com). Insegna Scienze Politiche alla Rutgers University del New Jersey.
Con la salita al potere di Bashar al-Assad, dodici anni fa, la comunità internazionale si...
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LA SINISTRA PATRIOTTICA
Una Città n° 127 / 2005 Marzo
Realizzata da Barbara Bertoncin
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Stephen Eric Bronner è senior editor di Logos, giornale online (www.logosjournal.com). Recentemente ha pubblicato A Rumor about the Jews: Anti-Semitism, Conspiracy, and the Protocols of Zion, Oxford University Press, e Reclaiming the Enlightenment: Toward...
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LA SUA IDEA DI LIBERTA'
Una Città n° 204 / 2013 Giugno-Luglio
Realizzata da Jason Shulman, traduzione di Maria Laura Morgione
Realizzata da Jason Shulman, traduzione di Maria Laura Morgione
Stephen Bronner è senior editor di Logos, giornale online (www.logosjournal.com). Insegna Scienze Politiche alla Rutgers University del New Jersey. Ha pubblicato, tra l’altro, Modernism at the Barricades: Aesthetics, Politics, Utopia (Columbia University ...
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