La copertina è dedicata ai profughi di Gaza. Negli interventi che pubblichiamo (di Rimmon Lavi, Stefano Levi Della Torre, Alberto Cavaglion, Stephen E. Bronner, Avishai Margalit e Michael Walzer) si parla molto dei civili, e di quanto la loro tutela o, più realisticamente, la massima riduzione del danno nei loro confronti, possa, e debba, condizionare il soldato combattente. Ma ancor prima ci si può chiedere se il civile non possa essere mai ritenuto corresponsabile. è inerme, certo, ma è anche sempre innocente? Esiste la responsabilità collettiva? E in quali casi? Fu giusto punire il popolo tedesco? Ma nel caso di Gaza, se per decenni si è permesso ad Hamas di garantire la sopravvivenza dei suoi abitanti, un qualche loro consenso a “governanti” di fatto imposti, può giustificare una punizione? E comunque ci sono i bambini. Quindi qual è in questo caso un accettabile danno collaterale dell’inevitabile risposta a un attacco proditorio ed efferato? Per di più qui si combatte un nemico che non solo ha compiuto una strage premeditata e feroce di civili israeliani, ma dei propri si fa sistematicamente scudo dimostrando un assoluto disprezzo per le loro vite.
Stiamo parlando dunque del problema della forza e del suo uso. è chiaro a tutti quanta importanza abbia per Israele la forza. Ma come ci dice Vittorio Foa, l’uso della forza senza politica, è foriero di disastri (ricordiamoci dell’Iraq). Quali sono gli obiettivi politici di Hamas e di Israele? E se quello di Hamas, finanche nella scelta sicuramente premeditata delle atroci modalità dell’attacco del 7 ottobre, fosse proprio quello di provocare una reazione feroce di Israele contro i palestinesi di Gaza? Quel che sta succedendo è che, man mano che i morti palestinesi aumentano, l’isolamento di Israele cresce, la stipula di patti “storici” con paesi ex-nemici si allontana chissà per quanto, i paesi amici tentennano, quelli arabi e musulmani fremono, nel mondo l’antisemitismo risale alla luce. Un costo simile forse non sarebbe giustificato neanche se tutta Hamas venisse spazzata via, la qual cosa, fra l’altro, è del tutto improbabile. Finora non s’è visto a terra neanche uno degli uomini neri. E comunque, se questa era la strategia di Hamas, criminale anche verso il proprio popolo, possibile che il governo israeliano non l’abbia valutata? Non c’erano altre possibilità? Rimmon Lavi ne propone una, in un'intervista Walzer cita le centinaia di chilometri di gallerie che per forza, dovendo essere aerate, sono individuabili e, immaginiamo, vulnerabili. E perché non uccidere subito i capi che vivono tranquilli in Qatar? Viene da chiedersi quale sia l’obiettivo della destra israeliana. Se è la Grande Israele, e forse lo è da tempo anche se mai dichiarato, diventa preferibile che a rappresentare i palestinesi, condannati a quel punto a una condizione perenne di inferiorità e di apartheid o all’esodo, resti solo un’organizzazione estremista e refrattaria a qualsiasi dialogo e compromesso. Ma c’è qualcuno che può ragionevolmente pensare che in questo tempo illimitato di ingiustizia Israele potrà vivere in pace e fuori pericolo?
Se “a decidere” resteranno Hamas e la destra israeliana, allora non resta che augurarsi, appena i soldati lasceranno il campo, che vi scendano “i civili”. Che scoppino cioè delle “guerre civili”, nonviolente se possibile, sia in Israele che fra i palestinesi. Del resto è nel mondo che soffiano venti di guerre civili, dall’Iran agli Stati Uniti. E non è questo che potrebbe succedere ovunque le destre fondamentaliste, maschiliste e omofobe volessero metter mano alle costituzioni liberali?

Dedichiamo le pagine centrali a Giulia Cecchettin, la cui morte ha toccato il cuore di tutti. Il tema della violenza maschile è al centro del dibattito e anche qui si tratta di forza, di potere, di prepotenza e violenza. Forza e potere sono cose anche buone, si vuol essere “forti e liberi”, si vuol “poter fare”, poter risolvere, aiutare, salvare, ma forza e potere portano la tentazione della prepotenza. Come tenerla a bada soprattutto nei maschi che dalla loro hanno più forza fisica? Con l’insegnamento dell’amore? Mah. Di sicuro con l’insegnamento dell’onore e del suo codice. Ne riparleremo.

Pubblichiamo poi il ricordo, scritto da Michele Battini, di due grandi uomini, Alexander Langer e Clemente Manenti, amici fra loro e anche della nostra rivista della quale furono collaboratori. In gioventù furono entrambi dirigenti di Lotta Continua. Il saggio ...[continua]

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