Quando succedono tragedie come quelle perpetrate da Hamas e poi successe a Gaza mi vengono in mente molte cose:
1. Mi vengono in mente episodi di violenza che in gioventù ho sostenuto o che non ho “visto”: piccole, come la violenza di Reggio Calabria, grandi come la Cambogia, l’Iran (un amore della sinistra per Khomeini) o le morti per le carestie del grande salto cinese. Episodi come le morti causate da Stalin non mi appartenevano e le vedevo come orrori del passato, di cui non rispondevo. Perché non vedevamo (non ero sola): perché mancavano le foto, i social o perché quando, come alcuni pro-palestinesi che debordano nel pro-Hamas, non vedono l’invasione di Hamas con rapimenti, stupri e decapitazioni delle giovani (spero da morte)? O potrei chiedere perché il governo israeliano non vede i bambini palestinesi? Mi ricordo di mia zia, comunista di ferro, che da anziana mi diceva, a proposito dell’ex Urss: “Come non abbiamo potuto vedere?”. Mi chiedo che cosa io non vedo, cosa non vede il mio cuore, e che cosa non vedono coloro per cui le morti israeliane sono da mettersi in conto, cosa non vedo nelle file di profughi da Gaza. Lo so che alcune morti pesano più di altre, ma lo sforzo deve essere di contarle tutte, credo. E poi di vedere come sono morte le persone. Mi vengono in mente trasferimenti di popolazione come quelli tra India e Pakistan nel 1948 (the Partition), oppure delle scene africane di spostamenti forzati o, ancora, lo spostamento nelle campagne di Cina, dei Rohinga e dei Cambogiani; trasferimenti di popolazione in Ruanda, per non parlare degli Istriani. E come diceva un mio amico dopo Hamas: e questa volta dove andiamo? Il senso di non avere altro posto.
2. Pensando alla giovane stuprata, ammazzata, poi smembrata e decapitata da Hamas, mi pongo un’altra domanda: giudichiamo sempre e solo in base alla politica estera, quindi il nemico di un nemico è un amico, oppure consideriamo (anche) la politica interna? In altre parole, la condizione delle donne sotto Hamas non mi pare grandiosa (cosa che non dà a Israele il diritto di eliminare, è per l’invasione che Israele si è mosso). Non ci sono diritti Lgbtq o dignità nell’essere donna in quasi tutti gli stati arabi. Conta? Esportiamo la democrazia o difendiamo i nostri confini all’interno dei quali non lapidiamo le donne adultere? Il cuore va da una parte, e il cervello?
3. Quale sia il punto di partenza è importante nel raccontare una storia perché determina la prospettiva, e quindi le giustificazioni: di solito per Israele è il ’70 era moderna, e per i Palestinesi la Nakbah (la Catastrofe), quasi duemila anni dopo. Allora io mi chiedo chi fissa i punti di partenza (i punti di arrivo sono per il futuro e si vedrà). E se per i palestinesi si fissasse la Prima guerra mondiale quando l’Impero ottomano prese le parti dei tedeschi o nella Seconda guerra mondiale quando la maggiore autorità palestinese, il Muftì di Gerusalemme Amin al-Husseini, consigliò a Hitler di buttare a mare gli ebrei perché costava meno dei forni, in un periodo in cui il nazionalismo arabo fu sostenuto dai regimi fascisti dell’Asse e quello ebraico dagli Alleati. I protettorati inglese e francese sono sì il risultato del colonialismo desiderato nella zona dell’impero sconfitto, e delle sue alleanze. Oppure per gli ebrei che sono diventati israeliani il 1948, così come i palestinesi sono diventati tali nella stessa data? È quello il punto di partenza o per gli ebrei lo sono i paesi ospitanti in Europa e nel Medio Oriente dove erano da duemilacinquecento anni? Cacciati nel 1956 da Nasser (Egitto), o la Libia dove, dopo il pogrom del 1945 a Tripoli, nel 1969 i rimanenti ebrei furno cacciati da Gheddafi, che trasformò in moschea anche molte sinagoghe. L’Italia perse l’Istria con l’accordo di pace del 10 febbraio 1947 (Fiume, Zara e le isole andarono alla Jugoslavia e circa 350.000 persone si dovettero spostare e vivere in campi per un periodo all’arrivo) perché aveva perso la guerra. Voglio dire che quando si perde una guerra si perde, e che è pericoloso ragionare molto sul fatto che il nemico di un nemico sia un amico. Ci sono altri criteri per definire un popolo amico? Per esempio in Etiopia e Nicaragua non è andata benissimo, per non parlare della Russia, dell’Ungheria, dell’Iran, del Sudan, del Mali o della Cina, ecc. Spesso uso i diritti delle donne e delle minoranze etniche e religiose come metro di giudizio. Per me era più facile, e non credo solo per me, quando c’era ...[continua]

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