Sono ex-matti diventati giardinieri, carcerati in semilibertà messi a dirigere squadre di operai per la manutenzione del verde, psicologi presidenti di cooperativa, assistenti sociali che ora fanno il direttore generale: storie di ordinaria cooperazione. Non fosse che i Sommozzatori esistono dal 1983, hanno superato brillantemente due crisi senza mai ricorrere a licenziamenti, applicano il contratto nazionale agricolo-florovivaistico (3 livelli operai e 6 impiegatizi, tredicesima e quattordicesima), fanno parte di due consorzi (Cascina Sofia e Lavorint) e, in provincia di Milano, sono la cooperativa di tipo B col maggior numero di dipendenti (70 e di questi 35 a tempo indeterminato) e il fatturato più alto (4 miliardi previsti per il ‘98).
“La cooperativa è nata all’interno dell’ospedale psichiatrico Paolo Pini per iniziativa di un gruppo di degenti e operatori che avevano seguito un corso di florovivaismo. Si dice che il nome l’abbia inventato un paziente per alludere al fatto che all’interno di ognuno, come sottoterra, ci sono delle risorse da far germogliare”. Giancarlo Brunato, attuale direttore generale racconta: “I primi anni s’è sviluppata dentro l’ospedale, intorno all’esperienza della serra che era stata costruita per il corso. C’era una sola operatrice e faceva sia l’educatrice che il tecnico; i prodotti venivano venduti nei mercati, nelle fabbriche (tramite i consigli di fabbrica) o nelle feste rionali”.
Bergamo, 1982. Alberto, 37 anni, tenta una rapina. “Lavoravo in una fabbrichetta di articoli per ping pong e biliardo e guadagnavo bene, perché era un lavoro un po’ nocivo, ma mia moglie non sapeva amministrare i soldi, sembrava che non bastassero mai. Io mi esasperavo, facevo anche 13 ore al giorno, alla fine ero completamente esaurito, avevo anche il bambino piccolo. Così ho avuto quell’idea della rapina, avevo una calibro 22 con la quale tiravo al poligono insieme a un amico metronotte, un hobby per scaricarmi i nervi. Ovviamente non ero un professionista e ci sono cascato come un merlo. Prima di decidermi ho fatto un sacco di giri e ho dovuto intontirmi con tre whisky. Stavo desistendo, anzi, volevo proprio tornare a casa, poi giro l’angolo e mi trovo una boutique vuota e spalancata. Mi son sentito una cosa ... e sono entrato. Ero tesissimo, ho chiesto l’incasso e, quando il ragazzo mi ha detto che non c’era niente, mi son sentito risollevato e stavo andando via, senonché è arrivato quel suo amico, che s’è messo a scappare e gridare e l’altro, non so perché, m’è saltato addosso e nel parapiglia son partiti due colpi. C’è rimasto lui come potevo rimanerci io. Era un giorno di punta nel centro di Bergamo, c’erano persino i vigili fuori dal negozio e mi hanno preso subito”.
I Sommozzatori intanto hanno lasciato il Paolo Pini. “Nell’86/’87” continua Brunato “anche grazie all’ingresso nel consiglio di persone nuove, più legate all’esterno, si è posto il problema dell’apertura al mercato, quindi del superamento di una concezione materna della cooperativa. Allora abbiamo iniziato il rapporto con alcune amministrazioni locali più sensibili, che, precorrendo la legge 381 (che prevede convenzioni in deroga alle gare d’appalto per le cooperative B), iniziarono le prime convenzioni per l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati. Naturalmente era cambiato il contesto commerciale di riferimento, si era passati da una piccola produzione e una piccolissima vendita alla gestione di un servizio presso terzi, che implicava la cura di giardini già impiantati o opere di risanamento e recupero dei luoghi. Questo significava poter disporre di tecnici e operai specializzati, di macchine costose e amministratori capaci anche nel campo delle pubbliche relazioni, quindi ...[continua]
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