Alcune delle lettere che seguono sono state indirizzate ad Adriano Sofri, nel carcere di Pisa, altre alla nostra redazione.

Napoli, ottobre ’97
Sono detenuto a Secondigliano. Io sono definitivo e come me ce ne sono tanti che versano nello stesso stato. Il Tribunale di Sorveglianza di Napoli lavora in un modo repellente e nefasto; i tempi della presa in considerazione dei benefici sono lunghissimi e molte volte le pratiche si perdono per la strada. Di permessi, nemmeno a pensarci! La cosa che più fa diventare tutto questo deprecabile è che alcuni membri del Tribunale di Sorveglianza di Napoli partecipano a convegni e manifestazioni colmandosi il capo di aureole e di gloria unitamente al nostro benemerito ministro, e poi alla fine restano solo chiacchiere. Parlano di pene alternative, ma perché non pensano ad applicare le leggi che ci sono oggi? Saluti a tutti i lettori ed amici detenuti.
Luigi Amendola

Fossombrone, novembre ’97
(...) In data 16/11/97, alle ore 19,30, in questo carcere al pianterreno, Sezione Ponente, si è impiccato un ragazzo di anni 32, Patricelli Raffaele, per gli amici Ciccio. Se n’è andato in silenzio, in punta di piedi, senza disturbare educatori, assistenti sociali, psicologi, medici. Si sono accorti di lui solo al suono della sirena - sarebbe l’allarme. Anche noi, quando abbiamo sentito la sirena, ci siamo detti: è successo qualcosa. Infatti, il giorno dopo, la sua cella n. 4 era stata sigillata. Il nostro Ciccio non aveva molto da fare, due anni, non faceva colloqui, aveva due bambine, era separato dalla moglie ma si scrivevano. Tempo fa aveva già tentato il suicidio; ultimamente era pallido, con la barba lunga, la faccia scavata e gli occhi fissi e sbarrati, come un automa andava all’infermeria. Si poteva fare qualcosa per Ciccio? Aveva il diritto di coltivare gli affetti familiari? Aveva il diritto di ottenere un permesso per andare a trovare le sue figlie e poter essere felice qualche giorno con loro? Sì! Sì! Sì! Tutti i diritti di questo mondo!!! Lavorava poco, sempre chiuso in cella, le ore d’aria 4,5 e 18,5 le ore di cella. La sua situazione economica era disastrata, mangiava pochissimo, solo il cibo del carcere.
Insomma, visto che nessuno si è accorto di lui e nessuno gli ha dato la possibilità di poter coltivare gli affetti familiari, gli unici che aveva, gli è stata tolta anche la voglia di vivere e così, senza andare ad elemosinare un suo sacrosanto diritto, ha deciso di essere libero per sempre!!! In Italia, se non sbaglio, siamo a quota 55 con Ciccio nel ’97. Ci si scandalizza per la pena di morte in America, per le 35 esecuzioni capitali. Di fatto, in Italia esiste la pena di morte, infatti con tali sistemi si costringono i detenuti a suicidarsi. Non ci resta che contare i morti (...). Ti informo che qui ci sono altri detenuti che sono in vista per fare la fine di Ciccio, ci sono parecchi che non escono dalla cella. Ce n’è uno, si chiama Bronzetti, sono due anni che non esce dalla cella, e nessuno si è accorto. Sai com’è, non dà fastidio, è fermo come un sasso, e così tutto va bene. Quanto potrà resistere? Penso che se nessuno interverrà, tra qualche giorno sentiremo suonare nuovamente la sirena (...). Pensa, è morto impiccato alle 19,30, al cancelletto della porta d’ingresso della cella, sai com’è, prima c’è il blindato, poi il cancelletto; praticamente si è girato di spalle al cancelletto e si è lasciato scivolare, nessuno ha visto niente, nessuno ha sentito, alle ore 19,30. Pazzesco!!! (...). La colpa non è degli agenti, ma di chi doveva vedere il suo stato di salute perché andava in infermeria. Insomma, barba lunga, viso scarno, camminata d’automa, occhi sbarrati che fissavano il vuoto... Vorrei che facessi un appello sul carcere per il nostro Ciccio e per tutti i nostri compagni morti. Un abbraccio.
Cesare

Pisa, settembre ’97
(...) Passo subito alle notizie delle tre ragazze slave. La più piccola si chiama Radosavlievic Rozmaria, ha 18 anni e un figlio di sette mesi, è stata condannata con il patteggiamento a sei mesi di detenzione (quando l’articolo 47/ter prevede che le persone sotto i 21 anni possano avere la detenzione domiciliare). Abita a Milano in un campo fisso. Le altre due sono incinte e coimputate, quella che ha il bambino qui (Niko) si chiama Lasic Tina, ha 22 anni. E’ stata condannata per furto a sei mesi insieme all’altra ragazza, Sanovic Rosanna, di 27 anni, cinque figli di cui due sotto i tre anni, ed è incinta di sei mesi.
...[continua]

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