Io avrò presto sessant’anni, ho fatto la guerra d’Algeria e ho quindi saputo cosa significa aver paura, ma la paura che noi abbiamo conosciuto in gioventù non ha assolutamente niente in comune con quella che viviamo oggi. A diciotto anni eravamo spinte da un progetto, dall’idea della libertà, dell’indipendenza, avevamo una motivazione, non sapevamo quanto la guerra di liberazione sarebbe durata, ma sapevamo che era inevitabile e che l’Algeria un giorno sarebbe stata indipendente. Da tre giorni io e Khalida ci spostiamo per l’Italia, un paese di una bellezza incomparabile e passeggiare per me è stato uno choc perché mi sono resa conto che da più di due anni in Algeria non abbiamo mai potuto passeggiare insieme per strada come abbiamo fatto in questi giorni, perché da più di due anni Khalida non può più uscire, perché vive braccata. Oggi che ho sessant’anni, mi dico che se abbiamo fatto quello che abbiamo fatto quando avevamo vent’anni, era proprio perché la generazione di Khalida fosse liberata da tutti i vincoli che noi avevamo avuto nelle nostre società patriarcali. Mi accorgo, invece, che io sono stata una donna più libera di quanto non sarebbe Khalida oggi, semmai gli islamisti arrivassero al potere. E questo, per la mia generazione, è un grande fallimento.  
Ora vi parlerò effettivamente di SOS Femmes en Détresse perché è qualcosa di abbastanza particolare. In conseguenza dell’introduzione del nuovo codice della famiglia nel 1984, si è creata una situazione del tutto nuova in Algeria: di giorno in giorno, abbiamo visto comparire donne e bambini che dormivano per strada, in prossimità dei commissariati di polizia, alla ricerca di sicurezza, e ci siamo dette che dovevamo fare qualcosa. Ma fare qualcosa è difficile: i mezzi sono limitati, le autorità non sono convinte della necessità di portare assistenza. Con i mezzi che siamo riuscite a raccogliere, abbiamo aperto due piccoli chalets che destinavamo inizialmente a una ventina di persone; oggi, invece, il nostro centro di accoglienza ospita quasi sessanta persone, donne e bambini, in sette stanze esigue. Abbiamo dovuto sopprimere temporaneamente lo spazio attrezzato per i bambini, per potervi alloggiare le donne che continuano ad arrivare, stendendo materassi per terra: potete immaginare le condizioni di promiscuità! Tutti i giorni dobbiamo respingere donne e bambini, perché la richiesta di aiuto è sempre crescente. Dall’aprile 1995, 126 donne e 114 bambini sono stati alloggiati al centro per periodi più o meno lunghi. Accogliamo, prioritariamente, le donne divorziate e ripudiate accompagnate dai figli, le ragazze madri, prive di ogni tutela giuridica, le donne vittime di violenza, compresa la violenza terroristica. Faccio qualche esempio: SOS ha ospitato per mesi, su richiesta della famiglia, una ragazza la cui sorella era stata rapita, violentata e poi decapitata da un commando integrista... Un giorno, si sono presentate da noi due giovani donne del quartiere Léveilley di Algeri, due cognate, con cinque bambini: i loro mariti erano stati sgozzati, assieme ad altri parenti. Quindi, SOS Femmes en Détresse è semplicemente uno spazio che abbiamo aperto per donne vittime del codice della famiglia, che non hanno trovato alcun aiuto da parte dello Stato, perché in Algeria non esiste niente per questo tipo di situazioni. Abbiamo visitato a Bologna una casa per donne maltrattate, siamo state colpite dal tipo di assistenza: lì si ricevono un massino di 6-10 donne e ci sono 3 persone che si occupano di loro. In Algeria la situazione non è nemmeno comparabile. Innanzitutto, perché non c’è alcuna assistenza alle donne da parte dello Stato: in Algeria è praticamente impossibile, per una donna, trovare alloggio e, se non avete un tetto sopra la testa, evidentemente non potete né lavorare né mandare i vostri figli a scuola né vivere la vostra vita, soprattutto se avete 4 o 5 figli come è il caso da noi. La nostra associazione opera dall’inizio del 1992, in condizioni di sicurezza precarie. Nel 1994 l’allora presidente e la tesoriera hanno lasciato il paese perché minacciate e altre defezioni si sono susseguite nel tempo, sempre per ragioni di sicurezza. A SOS non siamo delle professioniste, siamo semplicemente delle volontarie che hanno deciso un giorno di vedere cosa potevano fare per evitare alle donne di dormire per strada. Oggi, SOS si è sviluppata in un modo per noi inaspettato, perché siamo obbligate a farci carico di queste donne per tutto: bisogna nu ...[continua]

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