4 novembre 2008
Chicago. Una città, e un paese, in delirio. E’ l’una e mezza di notte a Chicago e ancora per le strade, anche in questo quartiere residenziale a nord, lontano da Grant Park, si sentono le grida degli americani che festeggiano. Un tassista corre per le strade a finestrino abbassato e grida in un altoparlante: “Obama! Obama!”. Stessa cosa a Washington D.C. dove la gente si raduna alla Casa Bianca. E così per le strade di tutta America.
Eppure non si tratta della vittoria dei mondiali di calcio. E nemmeno di un ennesimo anello dei Chicago Bulls di Micheal Jordan. L’America ha semplicemente eletto il suo nuovo Presidente, ma questa volta l’occasione pare speciale. 700.000 persone hanno scelto di festeggiarla in piazza a Chicago, ovvero a Grant Park, il parco stretto tra l’elegante Michigan Avenue e il gigantesco Lago Michigan. Si sono messi in fila pazientemente fin dalle prime ore del mattino, bianchi e neri, uomini e donne, giovani e vecchi. Ma soprattutto tanti giovani: “Guardali, guarda quanti ragazzi ci sono qui. E’ meraviglioso”, strilla Sharon Davis a conclusione della serata mentre il pubblico lentamente s’avvia verso l’uscita.
Tra i vari cambiamenti che il Presidente Barack Obama promette, uno tra i più importanti è rappresentato proprio dalla rinnovata spinta verso una politica attiva, fatta sul campo e fatta di partecipazione diretta. Resa possibile in particolare da questo entusiasmo dei giovani, di una nuova generazione di elettori.
“Sono esausta, ma felice”, dichiara Cat Brunson, una microbiologa che è arrivata ai cancelli di Grant Park alle 16 questo pomeriggio. “E’ bello vedere questo paese nuovamente unito”, dice sottolineando ciò che, più di tutto, le è piaciuto del discorso di accettazione della vittoria di Obama.
Ed è questa una seconda promessa, ovvero di lavorare per tutti gli americani e con tutti gli americani per risollevare il paese da questo momento di crisi e divisione interna. E John McCain, bisogna riconoscerglielo, dall’albergo di Phoenix dove, davanti a un pubblico dimesso, ha reso ufficiale la sconfitta, si è già detto disponibile a servire con umiltà e onore il nuovo Presidente.
“Mi sento davvero in maniera fantastica”, sorride Chambrous Myers. “Speranza e cambiamento, c’è n’è davvero bisogno”. Per Myers, questo significa riforma sanitaria, lavoro e non doversi più preoccupare per il futuro dei propri figli.
Perché Obama, oltre alla retorica a tratti entusiasmante a tratti fin troppo hollywoodiana, ha giurato che porterà una politica nuova alla Casa Bianca, fatta di riforme reali. Oltre naturalmente al cucciolo di cane promesso alle due figlie in caso di vittoria (“Ve lo siete meritato,” ha detto Obama questa sera rivolgendosi loro).
Il compito sarà arduo e Obama ha già cominciato a preparare il paese di ammiratori al fatto che non basterà un anno, nemmeno i primi quattro, a sistemare le cose. Per ora però il primo candidato afro-americano alla Presidenza degli Stati Uniti si merita una pausa di riflessione che gli consenta di rendersi conto di aver appena portato a termine un’impresa storica.
Venuto quasi dal nulla, Obama ha costruito la più grossa campagna elettorale della storia degli Stati Uniti, portata avanti dall’entusiasmo della gente comune come non si vedeva da decenni, e ha finito per portare a casa una vittoria che va oltre le migliori aspettative.
Al momento, la Cnn attribuisce a Obama 338 voti elettorali, contro i soli 160 di McCain. Il North Carolina, l’Indiana e il Missouri devono ancora essere decisi. Obama però ha già conquistato Pennsylvania, Ohio, Virginia, Florida, Colorado, New Mexico, Nevada e Iowa. E ha battuto il record di numero di voti ricevuti che apparteneva a Reagan dal 1984.
A pensare che la prossima coppia presidenziale sarà un giovane duo bello e di successo, che la prossima First Lady americana sara una signora longilinea elegante e di colore, e che il prossimo Presidente degli Stati Uniti sarà un tale cresciuto tra l’Indonesia e il Kenya e che fa di nome Barack Hussein Obama c’è proprio da chiedersi: “Sono sveglia o sto sognando?”.
Valentina Pasquali
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