La legislatura volge al termine, la politica è in subbuglio, e la crisi economica morde: chi si preoccupa più delle decisioni cruciali che medici e familiari, quando non gli stessi interessati, devono prendere nelle fasi terminali della vita? Da noi il dibattito si è acceso a intermittenza in un recente passato: nel 2006 per la morte prima di Luca Coscioni e poi di Piergiorgio Welby, entrambi affetti da Sla. In questo secondo caso, l’anestesista che lo aveva sedato e poi aveva staccato la spina alla macchina che lo teneva in vita è stato persino imputato per "omicidio del consenziente”, ma definitivamente prosciolto poco dopo; nel 2009 per la morte di Eluana Englaro, per 17 anni in coma dopo un incidente automobilistico; e di nuovo nel 2012, per la morte del cardinale Martini che, affetto dal morbo di Parkinson negli ultimi 16 anni della sua vita, rifiutò infine quelle cure che lui stesso definì di accanimento terapeutico.
Da dove nasce il problema
"Nel corso del XX sec., in particolare nella seconda metà, gli straordinari progressi della medicina ne hanno potenziato le capacità di prolungare la vita e di rianimare pazienti clinicamente morti, imponendo però il confronto con la constatazione che, in talune circostanze, la vita aggiunta o restituita al malato è caratterizzata da intense sofferenze fisiche e psicologiche o da gravi condizioni di invalidità. A partire dagli anni Settanta l’emergere di un nuovo modo di affrontare le dimensioni etiche delle scelte mediche parallelamente al declino del paternalismo medico e al riconoscimento dell’autonomia decisionale del paziente, ha acceso un importante confronto sulle decisioni inerenti la fine della vita” (Corbellini, 2007). È a partire da questi problemi che nel 2008 Neodemos ha pubblicato due articoli con i risultati di indagini su questo tema, in Italia e in altri paesi: come si regolano i medici quando si trovano a dover prendere decisioni estreme su pazienti che si trovano al limite estremo della vita (Guido Miccinesi e Eugenio Paci, "Le decisioni mediche di fine vita”, Neodemos 2008; ma v. anche Miccinesi, Puliti e Paci, 2011).
Il contesto
Il tema è stato recentemente ripreso da Pennec et al (2012), che hanno reso pubblici i risultati di un’indagine del 2010, svolta presso un campione rappresentativo di 5200 medici che hanno seguito i decessi avvenuti in Francia nel dicembre 2009. In verità i questionari inviati erano più numerosi (quasi 12 mila), ma un tasso di risposta del 40% non è una cattiva percentuale in questo genere di indagini. Data la delicatezza dell’argomento, come si può capire, è stato garantito il più assoluto anonimato ai rispondenti.
Nel confrontare i risultati francesi con quelli italiani citati sopra, si tenga però anche presente il diverso contesto normativo. In Francia vige, dall’aprile del 2005 la cd. Legge Leonetti, i cui punti cardine sono i seguenti:
- il malato ha il diritto di rifiutare un trattamento da lui ritenuto "irragionevole” in rapporto ai presumibili benefici e il medico ha il diritto di sospendere o di non iniziare trattamenti inutili, o sproporzionati, o con l’unico obiettivo di un artificiale mantenimento in vita;
- tutti coloro le cui condizioni lo richiedono hanno diritto a cure palliative, anche se queste possono avere come effetto secondario l’accorciamento della vita residua del paziente;
- il principio di autonomia del malato è rafforzato. Il malato può rifiutare certe cure, e il medico si deve conformare a questa volontà. Se il malato non è in grado di esprimere una volontà, il medico prende la sua decisione, eventualmente anche di sospensione del trattamento, dopo aver tenuto conto dell’eventuale testamento biologico (o dichiarazione anticipata di trattamento), e del parere della persona di fiducia (se questa era stata nominata) o, in mancanza di questa, del parere della famiglia, dell’equipe di medici che segue il caso e di un medico "terzo”.
I principali risultati dell’indagine
I risultati principali dell’indagine, ripresi con enfasi dalla stampa francese indicano che circa la metà dei decessi esaminati è stata accompagnata da decisioni mediche prese correndo coscientemente il rischio di accorciare la vita del paziente. Anzi, a guardar bene, più di metà: conviene infatti probabilmente escludere dal denominatore i 798 decessi improvvisi, relativamente ai quali non vi sono state decisioni mediche da prendere. Nei restanti 3925 casi, 2252 (il 57%) hanno comportato decisioni di questo tipo. Ma non si tratta quasi mai di eutanasia, vietata in Francia come quasi dappertutto nel mondo (Per una sintesi della legislazione vigente in alcuni altri paesi che hanno affrontato il tema, v. Mancino e Pilello, 2012). Si tratta invece di decisioni prese con lo scopo di migliorare la qualità della fase finale della vita del paziente, che potrebbero aver avuto come effetto collaterale il rischio, non voluto ma coscientemente corso dal medico, di accorciare la vita del malato, e che sono quindi pienamente nello spirito e nella lettera della legge Leonetti attualmente in vigore in Francia. Nella maggior parte dei casi (1327) si è trattato di cure volte a eliminare o almeno ridurre le sofferenze del malato. Comparativamente rari (12%) sono stati invece gli interventi che miravano a prolungare il più possibile la vita del paziente, a qualunque costo, e tra questi, non è escluso che ce ne siano anche alcuni presi sotto l’impulso di una degenerazione improvvisa delle condizioni di salute del malato, ma che, se avessero avuto successo e avessero creato quelle condizioni di vita "caratterizzata da intense sofferenze fisiche e psicologiche o da gravi condizioni di invalidità” come dice Corbellini (2007), avrebbero poi anche potuto portare a un ripensamento, e andare quindi a incrementare i casi di quelle scelte che la legge Leonetti rende oggi possibili in Francia. Per saperne di più bisogna però entrare più nei dettagli dei risultati dell’indagine, che conteneva un centinaio di domande. Questi risultati sono pubblicati, sia pur in forma per il momento solo provvisoria in Pennec et al (2012b).
Per saperne di più
Corbellini Gilberto (2007) "La fine della vita ”, Enciclopedia della Scienza e della Tecnica.
Mancino Davide e Pilello Antonio (2012) "Fine vita, le leggi negli altri paesi” , MicroMega, 6 sett.
Miccinesi Guido, Puliti Donella, Paci Eugenio (2011) "Cure di fine vita e decisioni mediche: lo studio Itaeld” , Epidemiologia e Prevenzione, 35.
Pennec Sophie, Monnier Alain, Pontone Silvia, Régis Aubry (2012a) "Les décisions médicales en fin de vie en France”,Population et sociétés, n.492.
(tratto da neodemos.it)
* Facoltà di Scienze Politiche
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