Nel mese di settembre Luca Meldolesi ed io siamo stati a Toronto, con l’intenzione di conoscere più da vicino l’amministrazione pubblica del sistema federalista democratico canadese. Vari amici ci hanno indicato come esperienza interessante quella dell’Health Quality Ontario, e ci hanno presentato a Les Levin, il vice-direttore dell’Ohtac (Ontario Health Technology Advisory Committee). Les ci ha ricevuto nel suo ufficio, ci ha parlato con entusiasmo di quello che era riuscito ad ottenere dal punto di vista del miglioramento delle cure sanitarie e dell’aumento della produttività dell’amministrazione pubblica. E mentre parlava noi ci rendevamo conto che i problemi che aveva affrontato erano i nostri stessi problemi (aumento dei costi, pressione delle società produttrici di macchinari, cattivo utilizzo delle risorse), che gli strumenti che avevano utilizzato non sarebbero mancati nemmeno a noi, ma che loro erano riusciti nello straordinario compito di far lavorare insieme diverse parti dell’amministrazione, di dialogare costruttivamente con la politica, di unire competenze e saperi diversi.
Le note che seguono si basano su quell’incontro e sulla consultazione del sito dell’Hqo.
Efficacia, efficienza e economicità
L’Ohtac è una struttura che svolge analisi di evidenza su efficacia, efficienza ed economicità (value for money) delle nuove tecnologie mediche. È l’esempio di un gruppo di persone motivate a usare bene le risorse pubbliche per la Sanità, co sì da offrire la cura migliore possibile. Questa esperienza è nata dall’iniziativa di due persone, Les Levin, medico, e Birthe Jorgensen, giurista, che sono riusciti a far passare l’idea che le decisioni riguardanti le cure mediche e le innovazioni tecnologiche dovevano essere prese in base alle prove. È un esempio di spending review virtuosa: spendere meno (porsi il problema di risparmiare, perché l’aumento della spesa sanitaria è insostenibile), spendere meglio (assumere le tecnologie più efficienti e dismettere quelle obsolete), fare di più (offrire cure sempre più efficaci).
Gli aspetti più interessanti di questa esperienza, come ci sono stati raccontati da Les Levin, vice direttore di Ohtac, e come abbiamo potuto apprendere dalla documentazione presente sul sito (www.hqo.ca), riguardano sia il modo di condurre le analisi di evidenza (reviews, field evaluations) sia il rapporto con i politici e con i tecnici e gli amministratori.
La mission di Ohtac
Fare in modo che le cure siano le più appropriate, in base alle prove, consapevoli del fatto che molte nuove tecnologie proposte dalle società produttrici non possono vantare studi ben fatti, e quindi la raccomandazione di usarle non è attendibile, oltre a essere economicamente sconsigliabile.
Secondo le parole di Les Levin, "Si mira a una convergenza di evidenza e di policy. Ci siamo accorti che il 90% delle raccomandazioni venivano accolte pur non essendo basate su studi validi. Col lavoro svolto dalla nostra agenzia siamo arrivati a rigettare il 40% delle proposte, perché la tecnologia non era buona” . In effetti, si tratta di resistere alla pressione di acquistare nuove tecnologie molto costose, senza nulla perdere dei vantaggi che esse possono effettivamente portare quando siano dimostrati.
Nel sito di Ohtac si legge: "Le raccomandazioni sono guidate da un quadro di riferimento (decisions determinants framework) che considera il beneficio clinico offerto da un intervento medico, oltre al suo valore economico (value for money), che tiene in conto valutazioni sociali ed etiche, e fattibilità economica e organizzativa”.
Chi lavora per Ohtac
Ohtac è composta prevalentemente da epidemiologi, una ventina, che fanno l’analisi "evidence based”. Si avvale della collaborazione dell’Università, in particolare di economisti che fanno l’analisi economica e di medici che fanno analisi cliniche (University Health Network). Inoltre, lavora a contatto con l’associazione dei medici, con gli ospedali e con organismi di comunità, per poter valutare sia gli aspetti organizzativi sia quelli della qualità della vita. In sostanza, Ohtac svolge un lavoro interdisciplinare (epidemiologi, clinici, economisti) e in équipe con altre istituzioni.
Come lo fa
Inizialmente, sulla base di una richiesta del Ministero della salute di indagare su una nuova tecnologia, si fa una revisione (review) della letteratura esistente. Seguono varie fasi. L’analisi può essere di vario tipo: una review rapida o un aggiornamento di review esistenti, riguardo a una terapia; una mega-analisi che mette a confronto diverse terapie per una malattia. Poi si fanno raccomandazioni, le si mette sul sito per ricevere commenti dai professionisti e dal pubblico, si risponde ai commenti, si perfeziona la review; infine si fanno raccomandazioni post-review.
Nel caso che ancora non si sia raggiunta una convinzione precisa in merito all’efficacia, utilità clinica o economicità, si fa una "valutazione sul campo” (field evaluation), ossia una valutazione operando con medici e pazienti reali, in ambienti reali. Come dice Levin: "Abbiamo tanti esempi di valutazioni in cui i risultati sono stati differenti da quello che ci si aspettava, perché la tecnologia funziona diversamente nel mondo reale da quello che si vede in laboratorio; e questo ha avuto conseguenze significative per la politica”. Esistono due tipi di valutazione sul campo. Il primo tipo, chiamato "coverage with evidence development”, si svolge negli ospedali, con la partecipazione di pazienti e medici. Altre valutazioni sul campo vengono condotte da un centro universitario dell’Università di Toronto (Center for Global Health Innovation), che ha il preciso scopo di indagare gli aspetti riguardanti il fattore umano. Spesso i loro studi rilevano rischi riguardo alla sicurezza e forniscono raccomandazioni ai progettisti e ai produttori.
Un esempio: la Pet
Parliamo della valutazione di una particolare tecnologia, la Pet, la tomografia a emissione di positroni. È una tecnologia importante, che riguarda il cancro, e quindi suscita una grande sensibilità. Tuttavia in questo campo le prove avanzate non erano di buona qualità, e quindi la raccomandazione di adottarla non era attendibile. "Così decidemmo che l’unica alternativa per noi era quella fare una valutazione sul campo di questa tecnologia, e coi nostri partner accademici abbiamo sviluppato una capacità di valutarla in tempo reale. È stata una grande esperienza. La Pet è un regolatore del glucosio, lo inietti e puoi vedere se il glucosio è recepito (taken up), e poiché le cellule del cancro assumono il glucosio più rapidamente, è un modo di vedere se c’è il cancro. Negli Stati Uniti lo hanno adottato senza alcuna analisi delle prove necessarie a capire se funziona o no, perché erano spinti dagli interessi commerciali dei produttori. E così anche altri paesi hanno cominciato ad adottarlo. La review della letteratura scientifica mostrava che non c’erano prove di una reale utilità clinica, non si capiva cosa ci fosse di nuovo rispetto ad altri tipi di test. Quindi abbiamo deciso che non lo avremmo adottato a meno che non facesse una grande differenza rispetto ad altri test. Così abbiamo cominciato a fare dei random control clinical trials, in Ontario. È stato il più ampio esperimento clinico per il Pet scanner al mondo; è stato seguito anche da riviste internazionali. Abbiamo così dimostrato che in un tipo di cancro la Pet è addirittura pericolosa e farebbe prendere decisioni sbagliate; nel cancro al seno non aggiunge nulla agli altri sistemi diagnostici, e avrebbe solo fatto aumentare i costi. Nel cancro al colon il vantaggio è veramente minimo. Invece nel cancro ai polmoni è efficacissimo e quindi lo abbiamo adottato solo per questo specifico caso”. Hanno fatto una stima di quanto risparmiato: senza la valutazione avrebbero speso 160 milioni di dollari all’anno. Dopo la valutazione, l’uso della Pet costa cinque milioni di dollari. Ma le cose non sono poi state facili sul piano politico. Sempre Les racconta: "Io sto in un sotto-comitato e ho visto molto abuso verbale dall’opposizione: ‘Basta con queste sciocchezze, funziona, è solo che non volete spendere i soldi’. Ho avuto a che fare con quattro diversi ministri della Salute, ma ciascuno è rimasto fermo: ‘No, dobbiamo procedere in base alle prove’.
Altri tipi di analisi
Le valutazioni di cui abbiamo parlato fin qui riguardano nuove tecnologie, per decidere se applicarle o meno. Ma anche molte vecchie tecnologie continuano a essere usate solo per routine. Per evitare che si spendano soldi per esami o terapie inutili si fa un’indagine riguardo l’appropriatezza. Dice Levin: "L’anno scorso abbiamo cominciato a esaminare tecnologie e interventi. Laddove l’evidenza ha mostrato che non erano più rilevanti, abbiamo dovuto dirgli addio. Abbiamo lavorato col governo e con l’associazione dei medici e abbiamo individuato tutta una serie di test fatti solo per routine. Oggi non possono essere più richiesti. Questo ci ha permesso grandi risparmi. E se un laboratorio fa un test che non è più ammesso, lo mettiamo fuori dal sistema. Queste non sono parole, sono fatti. Tutto il denaro così risparmiato (o almeno gran parte) dovrebbe essere reinvestito per comprare nuove tecnologie. Se il governo vuole conservare parte di quel denaro, è sua prerogativa, ma noi cerchiamo di convincerlo a impiegarlo nelle nuove tecnologie”.
Il rapporto coi politici
L’Ohtac ha costituito, insieme ad altre strutture, Health Quality Ontario (Hqo), un’agenzia del governo, ma indipendente (at arm’s length). Questa collocazione è molto favorevole, e l’ha voluta il governo per sottrarsi alle pressioni che riceveva dalle industrie. Inizialmente è stato l’Ohtac a dimostrare che l’evidenza sulle tecnologie efficaci comportava pure un risparmio su quelle inefficaci, e adesso è il governo che chiede di dare evidenze. C’è una legislazione che insiste sulla evidence driving policy.
A questo proposito, c’è una differenza tra il governo del Canada e quello dell’Ontario. In Canada il governo fa il "global funding”, dà i soldi agli ospedali, dice loro di usarli come vogliono, e di renderne conto alla fine dell’anno. In Ontario vige il sistema dei "modules of care”. Per ogni paziente che si presenta si individua un "module of care”, e ci sono delle linee guida che indicano come deve essere trattato e cosa costa il tutto. Per elaborare queste linee guida si è creato un network con vari partner.
L’aspetto positivo di lavorare col governo -spiega Levin- è che "il governo è interessato a un problema, a una malattia, non a una singola tecnologia. E questo spinge a sviluppare delle mega-analisi, in cui si scompongono i vari aspetti e si mostra dove c’è più valore, senza essere condizionati da una particolare terapia o tecnologia solo perché è stata proposta”.
La trasparenza e il rapporto col pubblico
Il lavoro dell’Ohtac è ispirato alla trasparenza. "Tutte le analisi che abbiamo fatto vanno sul sito, come tutte le raccomandazioni. Ospedali, medici, industria, sono tutti coinvolti nella evidence based analysis. Tutto questo ha dato al processo una grandissima credibilità”.
Quando un’analisi di evidenza e le raccomandazioni sono pronte, vengono pubblicate nella sezione "Aperta ai commenti” dove restano 21 giorni: gli stakeholders vengono avvisati che possono postare commenti che verranno presi in considerazione prima della versione finale. E anche dopo che è stato postato il rapporto finale ci sono ancora 60 giorni in cui è possibile inviare commenti e suggerimenti.
Vengono infine organizzati focus groups o panel di discussione per i cittadini in modo da poter meglio comprenderne le esigenze anche dal punto di vista della qualità della vita.
L’implementazione delle raccomandazioni
Una volta che i politici abbiano deciso di adottare una raccomandazione della Ohtac, quest’ultima è in grado di seguirne l’applicazione nei diversi centri: ciò ha conseguenze sia per gli ospedali che adottano o meno le nuove tecnologie, sia per i medici se continuano a raccomandare l’uso di tecnologie obsolete. Levin ci ha mostrato un grafico in cui si vedeva, per una determinata malattia, come nei vari presidi sanitari aumentava l’uso della nuova tecnologia e diminuiva quello della tecnologia obsoleta.
Tuttavia, se il processo funziona dipende ovviamente anche dal modo in cui vengono stilate le linee guida e formulati gli indicatori di performance, basati sull’evidenza e quindi su cure standard. A una nostra obiezione che ci poteva essere il rischio di un automatismo, Levin ha fatto un sorriso e ha detto: "No, perché lo standard è comunque soppesato dai medici. Io sono un medico pratico, io continuo a fare pratica un giorno alla settimana, e i medici non vogliono essere incastrati (boxed in), vogliono poter dare un giudizio clinico. Ci deve essere flessibilità, tanto è vero che le raccomandazioni vengono rinnovate ogni anno. La flessibilità è del 20%. Se invece un medico si discosta dallo standard per l’80 % è chiaro che bisogna intervenire”.
I rapporti con l’industria e l’innovazione
"Quando c’è un’innovazione il processo per brevettarla è molto lungo, può durare anche otto anni. E poi il governo deve prendere una decisione, e almeno l’80% di quanto viene proposto viene rigettato perché l’evidenza non è buona. Invece, quando valuti in tempo reale, nel mondo reale, le cose vanno diversamente. Nel febbraio 2012 abbiamo varato un programma chiamato Etca (Excellence Technology Clinical Assessment), e abbiamo deciso che avremmo lavorato con gli innovatori, con l’industria, con il governo, con l’accademia, per usare l’evidenza e liberarci del mercato nel campo della valutazione. Vogliamo fare tutto in uno studio: regolazione e investimento. Ora abbiamo nove tecnologie sotto osservazione, due presentate dalle multinazionali, sette da gente che ha fatto innovazioni in piccole start up”.
"Noi stiamo facendo le valutazioni nelle istituzioni accademiche. L’industria paga per queste valutazioni, ma il denaro va a un corpo neutrale, e quindi non c’è rapporto diretto tra l’industria e chi fa ricerca. Nel board di questo corpo neutrale ci sono vice ministri della salute, dell’economia, accademici, personale dell’ospedale che sorvegliano sull’andamento della valutazione.
Questo riduce il costo della tecnologia, perché le imprese produttrici non devono più assumersi il rischio aspettando che gli diano il brevetto. Se poi alla fine noi diciamo che questa è una buona tecnologia, si abbrevia il processo”.
"Se fosse l’industria a fare questo lavoro, non sarebbe credibile, quindi non lo fa. Oggi l’industria mette in circolazione un prodotto e lo si valuta quando è già sul mercato, col risultato che ci sono farmaci inutili o peggio dannosi. Anche l’industria dovrebbe capire che conviene fare queste analisi prima che il prodotto venga commercializzato. Dobbiamo portare il sistema di valutazione dal post-mercato al pre-mercato”.
Cosa ci insegna questa esperienza
È un’esperienza in cui il linguaggio della qualità e dell’evidenza viene preso sul serio. Tanti concetti che altrove nascondono il nulla, qui prendono corpo e si trasformano in esperienza vissuta, cambiamento e flessibilità. Proviamo a elencare alcuni insegnamenti. Innanzitutto, spendere meno, ossia risparmiare su quello che non è più il caso di fare, è sinonimo di fare meglio. Quindi diffidare di quelli che -come anche in Canada esistono- criticano questo approccio dicendo che non si vuole spendere per il welfare. In secondo luogo, le analisi devono essere condotte senza alcun feticismo per un particolare metodo, e anzi essere aperte a tutti i metodi che possono servire per arrivare a una ragionevole certezza, tanto da poter dare delle raccomandazioni. In terzo luogo, ci dev’essere un legame di fiducia e collaborazione tra tecnici e politici, tra valutatori e decisori; ed è bene che l’agenzia si veda impegnata nelle varie fasi di analisi-decisione (raccomandazioni)-implementazione. Infine, il tutto funziona grazie alla collaborazione tra diversi soggetti (tecnici e politici, governativi e accademici, teorici e pratici) e alla multidisciplinarietà (epidemiologia, economia, statistica, psicologia e lavoro di comunità). Non va poi dimenticato il quadro federale in cui si inserisce questa esperienza. La provincia può anche scegliere in modo diverso dal governo federale se reputa che questo sia più adeguato ai problemi dei suoi cittadini in un settore così vicino alla loro vita come la salute.
Nicoletta Stame dal Canada: un comitato pubblico per nuove tecnologie mediche.
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