Cesare Moreno è uno dei coordinatori di "Maestri di strada” (maestridistrada.it), Onlus di Napoli.

Ci racconti un po’ dei Maestri di strada e ci aggiorni sulle vostre attività?
L’associazione Maestri di strada è una onlus che raccoglie educatori e professionisti che lavorano contro la dispersione scolastica. È nata formalmente nel 2003, quando l’allora Presidente Ciampi decise di fare una donazione a sostegno del Progetto Change finanziato e organizzato da istituzioni statali e comunali. Poi, per motivi ignoti, il Progetto Change è stato chiuso e così dal 2009 l’associazione si è completamente rinnovata. Abbiamo proseguito cercando i finanziamenti da fondazioni private, da bandi istituzionali e così via. Diciamo che da sei o sette anni a questa parte le attività dell’associazione Maestri di strada si sono incrementate e lavoriamo con un numero crescente di scuole. Da tre anni siamo anche vincitori di un bando comunale per la prevenzione della dispersione scolastica e anche di alcuni bandi regionali sulle stesse tematiche e attività: scuola di comunità, scuola aperta, scuola viva, ecc... Quando abbiamo cominciato, più o meno dieci anni fa, avevamo centomila euro di finanziamento, adesso gestiamo un budget sui 500-600 mila euro.
Quanti siete?
Siamo cinquanta docenti, quarantacinque operatori (educatori, psicologi, esperti, genitori sociali, staff organizzativo), coinvolgiamo circa 250 giovani con le loro famiglie e lavoriamo in venti scuole della periferia est di Napoli. Tra l’altro cominciamo ad avere come collaboratori alcuni dei nostri primi ragazzi.
Adesso avete finalmente una scuola tutta per voi. So che avete scelto di avere questo edificio con un contratto di affitto, rifiutando la gestione in comodato gratuito.
Sì, paghiamo un affitto perché non intendevamo costruire una struttura basata sui favori del sindaco del momento. Volevamo una struttura giuridicamente e soprattutto economicamente ben fondata perché stiamo cercando le risorse economiche per ristrutturare. In parte le abbiamo già reperite, in parte le troveremo e questo è e sarà possibile perché abbiamo un contratto di affitto per dodici anni. Se così non fosse, chi investirebbe tempo e denaro per un luogo che è a disposizione in uso provvisorio e precario? Che poi nella pratica significa che domani mattina si può svegliare qualcuno con un pensiero diverso e cambiare tutto. Così il contratto di affitto era la condizione sine qua non per reperire i finanziamenti per la ristrutturazione, se no anche questa scuola sarebbe andata in malora e basta, come sta avvenendo per altri sette edifici scolastici che sono stati dismessi e da cui hanno portato via tutto, non sono rimasti neppure i sassi.
Edifici scolastici qui nella zona?
Sì, a Ponticelli, a San Giovanni e a Barra.
Il Comune di Napoli non ha i soldi e non saprebbe nemmeno come gestirli perché non ha idee. Non c’è un budget neppure per mettere un guardiano.
Addirittura in un caso hanno avuto una denuncia alla Procura della Repubblica per inquinamento ambientale, perché la scuola, oltre a essere stata devastata, era diventata una discarica.
Ma questo spazio è già attivo?
Quest’estate c’è stato il primo esperimento di funzionamento all’aperto, abbiamo avuto più di un centinaio di ragazzi dalla scuola dell’infanzia alla scuola superiore che hanno frequentato i vari laboratori.
Siccome la struttura è fatiscente e deve essere pesantemente ristrutturata, usiamo solo gli spazi esterni, infatti i ragazzi stanno solo all’aperto.
Noi adulti e soci, a nostro rischio e pericolo, stiamo anche all’interno. Proprio in questi giorni abbiamo messo a punto un Pon metropolitano, Programma Operativo Nazionale, per partecipare a un bando per fondi europei.
Noi da sempre pensiamo che occorra scoprire e valorizzare i talenti dei ragazzi, ma in realtà non è che li dobbiamo scoprire noi, devono poterli riconoscere loro perché una delle conseguenze di una cattiva scuola, di una cattiva educazione è che le persone non sono consapevoli delle ricchezze che hanno. Quindi una delle prime cose che devi dire è: “Tu sei ricco... sì, sei povero economicamente, ma sei ricco per una serie di tante altre cose”. Il Cubo, perché questo posto si chiama così (“Cantiere Urbano Beni Comuni a Napoli Orientale, CUra, Bellezza, sognO”), sarà uno spazio formativo e di sviluppo di buone pratiche sia grazie all’utilizzo delle risorse interne dell’associazione Maestri di strada, sia grazie alla collaborazione con altri ...[continua]

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