La Nuova Italia nacque nel ‘26, quindi in pieno fascismo. Mio nonno Ernesto era legatissimo sia a Mussolini che a Gentile. Credeva alla “rivoluzione italiana”. Era anche dentro la nomenklatura, aveva partecipato in prima persona alla riforma Gentile, e rimarrà legato al fascismo fino al ‘29, fino al Concordato, e a Gentile per tutta la vita.
Allora faceva l’editore con Vallecchi, dirigeva la parte storico-filosofica, già abbastanza “hegeliana”. A un certo punto sentì il bisogno di far da sé, come spesso succede nell’editoria. Pensiamo a Paolo Boringhieri che se ne va da Einaudi, ad Alberto Mondadori che va a fare, a casa sua poi, il Saggiatore, a Luciano Foà che litiga con Cantimori ancora da Einaudi perché non vuol pubblicare Nietzsche e con Bobi Bazlen e mio cugino Roberto Calasso fonda Adelphi. Spesso all’origine della storia degli editori di cultura, ma anche dei grandi editori, c’è il bisogno del “dipendente” di liberarsi dei vecchi padroni, di mettersi in proprio.
Quindi Ernesto fonda la sua casa editrice. Una cosa curiosa è che il primo libro della Nuova Italia è un testo di Gentile su Alfieri, già pubblicato, pochissimi mesi prima, da Vallecchi. Il povero Vallecchi fu espropriato del suo ultimo libro che divenne il primo della Nuova Italia.
La casa editrice nacque a Venezia. Mio nonno è vero che voleva far da sé, però, essendo professore universitario, non voleva “sporcarsi le mani”, firmare i contratti con gli autori, discutere di percentuali. Cosa fece? Convinse il nipote, a cui lui era legatissimo, un nipote molto amato, a occuparsene. Questi era Maranini, il famoso costituzionalista, figlio della sorella di Ernesto, che aveva sposato Paolo Maranini, un anarchico romagnolo, anche lui legato al fascismo rivoluzionario dell’inizio e poi andato subito all’opposizione, dopo l’avvento al potere.
Siccome Maranini insegnava a Venezia, la casa editrice nacque lì. Ernesto gli affidò tutte le grane, onore e oneri. Maranini, pur essendo molto giovane, aveva già una grande personalità (sarà un notissimo docente a Firenze, alla Facoltà di Scienze Politiche, la “Cesare Alfieri” di Giovanni Spadolini... questo per dire anche degli intrecci sorprendenti). E fu Elda Bossi, moglie di Maranini, una donna assai intelligente, scrittrice per bambini, a curare per la Nuova Italia una collana molto bella di libri per l’infanzia, traducendo dalla Germania, dalla Francia, anche dal mondo anglosassone e russo, dove perdurava la tradizione fine-ottocentesca della letteratura per bambini.
Ma, inevitabile, arrivò il litigio con mio nonno, tutto venne ripreso dai Codignola, e il povero Maranini, dopo aver fatto il lavoro “più sporco”, quello duro, di avviamento, venne emarginato. Ma devo dire, senza particolare dispiacere da parte sua, che aveva poco interesse per l’aspetto editoriale, molto invece per il lavoro universitario, scientifico. Poi, del resto, i suoi libri ancora per anni usciranno presso la Nuova Italia, e diventeranno dei ‘classici’, come La costituzione di Venezia.
Fatto sta che dal ‘30 la casa editrice approdò a Firenze, ma Ernesto riuscì anche quella volta a starsene fuori. Chiese di diventare amministratore delegato a quello che diventerà il suo consuocero, mio nonno materno, il colonnello Ubaldo Tommasi, un militare molto simpatico che di libri non sapeva assolutamente nulla, si occupava di cavalli. Aveva combattuto nella prima guerra mondiale, era medaglia d’argento, aveva patito con grande coraggio Caporetto, aveva fatto con D’Annunzio l’impresa di Fiume, dopodiché, all’avvento del fascismo, si era dimesso dalla carriera, non per antifascismo, ma per semplice buon gusto, perché non sopportava il fascismo. Così venne catturato dal consuocero e messo ad amministrare, per dieci anni esatti, dal ‘30 al ‘40, la Nuova Italia. Credo di poter escludere che avesse mai letto un libro in vita sua, tanto meno della Nuova Italia i cui testi considerava noiosissimi. In quei dieci anni in compenso, si costituì la Nuova Italia davvero, il catalogo storico, attraverso innanzitutto le riviste. La Nuova Italia era una rivista all’inizio, diretta da Luigi Russo, e poi c’erano tutte le riviste legate alla scuola, cioè all’esperienza precedente che Codignola aveva fatto prima e durante la riforma Gentile. La discussione sulla scuola non è che non ci fosse, era fortissima, però Codignola, allora, aveva già una sorta di distacco dalla questione del rapporto fra scuola e Sta ...[continua]
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