Come nasce la rivista Via Dogana?
Luisa. Come nasce è spiegato nel primo numero: Rosetta Stella, un anno prima, e quindi nel 1990 (il primo numero è del giugno 1991), aveva offerto venti milioni per un’impresa di donne, e li aveva offerti a me personalmente. In realtà per me che lavoro come se i soldi non esistessero non era facile decidere cosa farne. C’era già la Libreria delle donne e allora ho pensato all’idea di una rivista. Il problema più grande è stato far accettare questa idea a Lia Cigarini, che è la donna a cui io faccio riferimento per cose importanti: per fare una rivista di politica delle donne, con il nome della Libreria delle donne, bisognava che lei fosse d’accordo. Adesso è favorevole a Via Dogana, ma allora era perché si pubblicasse con lo stile dei “Sottosopra”: un manifesto una tantum, quando c’è qualcosa da dire.
Alla fine abbiamo dato vita a questa rivista: lo scopo era comunicare il nostro sapere, far conoscere la nostra pratica politica. Ma poi, in pratica, la rivista ci ha obbligate a pensare, a continuare a pensare quello che capita, quello che diventiamo. L’abbiamo chiamata Via Dogana perché era l’indirizzo della Libreria delle donne di Milano. E’ una scelta metonimica. Il movimento delle donne non usa nomi metaforici, usa nomi di stampo metonimico, come questo; di preferenza, a Milano, sono i nomi delle vie. Questo può sembrare una forma di minimalismo, in realtà ha un preciso significato: c’è quello che effettivamente c’è; non si fanno costruzioni metaforiche.
Vita. Adesso l’indirizzo della Libreria è cambiato, Via Pietro Calvi 29, però il nome della rivista è rimasto quello della vecchia via.
Annarosa. Intorno alla rivista si è creata, molto presto, una rete di gruppi e di riferimenti relazionali in tutte le città. Luisa e Rosetta Stella, per molti anni una dirigente dell’Udi, hanno cominciato a formare questa rete scrivendo alle donne con cui erano in rapporto perché sapessero della nascita della rivista e la facessero conoscere nelle loro città.
Luisa. C’erano gruppi, o anche singole donne, a Cagliari, Catania, Palermo, e in altre città della Sicilia, e poi a Catanzaro, Foggia, Pescara, Roma dove si andava spesso a presentare la rivista, ospiti del Circolo Virginia Woolf, e poi Firenze, Bologna… -ricordo che all’epoca, si discuteva sempre della difficoltà di radicarsi a Torino- e ancora Venezia, Mestre, Verona… Nomino questi luoghi e potrei nominarne altri ancora, perché erano e in gran parte continuano ad essere associati a singole donne, a singoli gruppi, a incontri, a iniziative.
Annarosa. C’era il senso di un’impresa comune.
Luisa. Senza questo la rivista non avrebbe potuto vivere. Dico subito che è sempre stata una rivista difficile, che dice cose che non vanno nel senso comune. E’ una rivista che dice che è importante l’autorità, che c’è la disparità e noi non lottiamo per l’uguaglianza, perché non è questo che ci interessa; dice cose che sono in contropelo rispetto alla sinistra e alla militanza, quindi bisogna che ci sia un rapporto personale di fiducia, di credito, per andare a leggerla, perché non ti ci vai a specchiare.
Vita. Una della redazione degli inizi, Cristiana Fischer, ebbe un’idea per distribuire Via Dogana senza perdere copie: siccome sono poche le città con una libreria delle donne, le donne delle varie città erano invitate a individuare una libreria preferita, dove appunto inviare la rivista; così nacque la “mappa delle librerie preferite dalle donne”.
Annarosa. L’idea funziona ancora, tant’è che è stata p ...[continua]
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