Guglielmo Ragozzino è giornalista del Manifesto. Vive a Roma. Presto sarà in libreria il suo libro Un mondo in riserva, scritto insieme a G. B. Zorzoli ed edito da Franco Muzzio Editore.

Un tempo forse si è esagerato a vedere nel petrolio la causa di tutto ciò che succedeva nel mondo. Oggi, però, sembra che questa parola non la si possa più usare, a meno di passare per vetero-marxisti o complottisti monomaniaci. Eppure basta pensare a quello che succede in Iraq, o all’Asia, alla Russia, il petrolio c’entra eccome…
Io temo che di petrolio si parlerà ancora a lungo perché rimane la nostra fonte principale di energia e tale resterà, credo, per i prossimi decenni. E anche se ha perso qualche posizione a favore del gas, costituisce sempre il 39% circa dei consumi energetici mondiali, con tutte le preoccupazioni conseguenti, sulla diminuzione delle scorte o sull’eventualità di aumenti di prezzo tali da provocare rallentamenti o crolli dell’economia mondiale.
C’è da dire che attualmente il petrolio, come materia prima, può essere sostituito dal gas o dal carbone, perfino da prodotti agricoli, per quasi tutti gli usi, anche per la produzione di materie plastiche, grazie a procedimenti che magari sono più complicati, ma che potrebbero apportare indubbi benefici all’ambiente. Per il trasporto invece, rimane ancora indispensabile.
Quello che vediamo oggi è il prodotto di un’evoluzione cominciata a inizio Novecento, quando le navi andavano ancora a carbone, e che non si è ancora arrestata. Fu il primo Lord dell’Ammiragliato, il ministro della marina inglese, di nome Winston Churchill, a favorire, d’accordo con Samuel, uno del grandi imprenditori della Shell, il passaggio al petrolio per le navi di sua maestà. Per garantirsi il petrolio necessario fondarono una compagnia, che alla fine venne chiamata British Petrol, o Bp, ma all’epoca aveva un altro nome ed era di proprietà, appunto, dell’Ammiragliato inglese. Ecco allora com’è andata la storia.
Per le automobili -qualcuno pensa- la faccenda sarebbe potuta andare benissimo in un altro modo: di automobili elettriche all’epoca ce n’erano già, ma così non è stato. Forse le batterie elettriche, gli accumulatori, si sono rivelati insoddisfacenti, in particolare non ci sono stati progressi significativi dal punto di vista della riduzione della loro dimensione e della durata della carica.
Occorre ricordare che in quel periodo, cento anni fa, così lontano da poter essere considerato quasi mitico, l’utilizzo del petrolio per l’auto è stato condizionato anche dal fatto che la lampada elettrica di Edison aveva reso superfluo il suo uso principale come olio lampante per l’illuminazione. Occorreva perciò uno sbocco, e fu trovato facendo degli accordi con l’industria dell’auto, in quel periodo “delle origini” che vedeva agire contemporaneamente dei titani come Rockefeller da un lato, Edison dall’altro e Ford da un altro ancora. Ford stesso aveva lavorato alla Edison prima di passare all’industria dell’automobile. Erano grandi imprenditori che riuscivano a prevedere le cose e a costruirvi intorno, in modo lecito o illecito, come del resto faceva Rockefeller, le loro compagnie, avendo in mente cose straordinarie. Il risultato è stato il binomio indissolubile tra industria del petrolio e industria dell’auto.
Che tu ritieni possa perdurare anche in futuro?
Sì. Possiamo prefigurare una situazione in cui, tra una ventina d’anni, quasi tutto il petrolio mondiale verrà consumato dal sistema dei trasporti, soprattutto dalle automobili e dal trasporto merci, anche tenendo conto dei tassi di incremento della motorizzazione previsti in questo arco di tempo per paesi come la Cina, l’India, l’Africa e l’America Latina. Per la produzione di energia elettrica, invece, i paesi più ricchi utilizzeranno il gas e quelli meno ricchi il carbone; poi forse ci sarà un po’ di rinnovabile, soprattutto idroelettrica. Non pare probabile, invece, un ritorno massiccio del nucleare, sistema che preoccupa assai, non tanto gli ambientalisti, quanto il mondo dei finanzieri, dei banchieri e degli assicuratori perché è un sistema molto difficile da far accettare alle popolazioni. E questo provoca dei costi che non sono né quantificabili né bancabili.
Quanto incide anche l’aspetto geopolitico sul petrolio?
L’aspetto geopolitico incide moltissimo. Il petrolio si trova soprattutto in Medioriente, e non a caso il controllo di tale regione è stata la causa di buona parte delle vicende più recenti. ...[continua]

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