Tu, Julian e molti altri membri del Living Theatre avete origini ebraiche. Cosa hanno significato per voi queste radici, le avete rifiutate o in qualche modo si sono travasate nelle vostre scelte politiche ed esistenziali?
Malina. Nella Bibbia si racconta questa bellissima, triste, storia che non è molto conosciuta perché la si ritiene una specie di vergogna. E’ la storia della tribù di Korah, che è un po’ un “padre” dell’anarchismo. Nel deserto Mosè e suo fratello Aaron erano i soli ad avere il diritto di entrare nel Santuario, nel santa sanctorum voluto da Dio. Un giorno Korah e la sua famiglia dissero a Mosè: “Dio ha detto che noi siamo santi perché facciamo parte del popolo santo, perché allora solo tu e la tua famiglia potete entrare nel santa sanctorum? Vogliamo poter entrare anche noi”. Questa richiesta fece arrabbiare Dio ed infatti, la notte successiva, la terra si aprì ed inghiottì tutta la tribù di Korah. E questo solo perché lui aveva detto che siamo tutti uguali, “se tu sei santo anche noi lo siamo”. Questo crimine è stato così orribilmente punito perché questa tribù ha osato mettere in discussione l’Autorità, Mosè e l’autorità superiore, coloro che stabiliscono chi può e chi non può. Questo, forse, è il primo esempio di una ribellione anarchica, di uno spirito anarchico. Io sono anarchica ed ebrea e questa è la mia interpretazione del passato che ci presentano i rabbini. Anarchica sono diventata molto tardi, forse da quando ho cominciato a parlare di politica con Julian ed abbiamo letto alcune riviste come “Why?” e “Liberation”. Dicevano “il lavoratore ha diritto a tutto ciò che produce”, ma sono anarchica perché sono pacifista, per me il pacifismo è la base di tutto. Questa scoperta del pacifismo risale a quando avevo 12 anni, grazie ad un film sulla vita di un’ infermiera inglese uccisa dai tedeschi in Belgio, nel 1914 o 1915. Era un film sentimentale, il soggetto era stupido, ma alla fine del film c’è la lettera che lei scrisse al padre la notte prima della sua esecuzione. In questa lettera ci sono parole che mi hanno toccato profondamente. In quello stesso periodo mio padre, che era rabbino, si dava molto da fare per rendere cosciente il popolo americano del pericolo rappresentato dal nazismo, per far conoscere quello che succedeva in Europa. Fondò anche un giornale, che si chiamava “Judish Zeitgeist”, e ha lottato molto per rendere cosciente la gente. La protagonista del film alla fine scriveva: “Adesso, al cospetto di Dio e dell’eternità, mi rendo conto che il patriottismo non basta. Io non devo odiare e disprezzare nessuno, nemmeno i miei assassini” ed io ho pensato: questa è la verità. Sono andata a casa piena di emozione e ho detto a mio padre: “Papà è necessario che non odiamo i nazisti ...[continua]
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