Keser Velibor, serbo bosniaco, da oltre quindici anni vive in Italia, a Thiene, in provincia di Vicenza, dove ha avviato un’impresa edile. Sposato, ha due figli.

Siamo venuti in Italia all’inizio del 1992 quando è cominciata la guerra. Io avevo lavorato dall’86 fino al 91 in Algeria. Facevo l’autista di camion. Avevo vent’anni, dovrebbero essere gli anni più belli della vita e invece lavoravo dodici ore al giorno, poi con quel caldo…
Ero stato assunto da una ditta di Zagabria, ricordo che c’erano anche ditte italiane, e i loro autisti per lo stesso lavoro prendevano il doppio del mio stipendio e ogni tre mesi avevano il biglietto aereo per tornare a casa, noi ogni sei mesi. Un trattamento molto diverso. Poi gli italiani mangiavano cucina italiana, noi araba. D’altra parte non avevo avuto scelta. Subito dopo la scuola ero andato militare e in Bosnia non c’era lavoro. Insomma quando ho visto questo annuncio di una ditta croata che cercava autisti, ho preso e sono partito. Tra l’altro metà dei soldi che avevo messo da parte sono rimasti là. Con la guerra hanno bloccato i conti, e se adesso li vado a chiedere non mi danno la liquidità, ma me li danno in mattoni. Senza contare il fatto che l’ultimo anno non sono stato pagato per niente. Tirava già una brutta aria…
Comunque con l’inizio del conflitto, sono stato richiamato, a quel punto me ne sono venuto via perché non condividevo quella guerra. Era gennaio. Pensavamo di andar via per poco e invece non siamo più tornati.
Abbiamo deciso di partire anche perché mia moglie era incinta del primo figlio che adesso ha 16 anni, e Banja Luka, la città più vicina, era bloccata e senza presidi medici.
Ovviamente siamo arrivati qua senza permesso di soggiorno. Eravamo clandestini. I primi anni non c’erano permessi per i profughi, almeno io non ne sapevo. Il primo permesso che abbiamo avuto è stato come “turisti”. Allora era molto difficile. Oggi è più semplice, chi viene qua trova tutto pronto: casa, lavoro, prima non avevi niente.
Siamo riusciti a regolarizzarci dopo un anno: alla fine del 1993 avevamo i documenti a posto. Nel frattempo, però, alla fine del 1992, io avevo portato mia moglie a Belgrado, dove aveva una zia, per partorire, qui non si poteva, senza essere in regola, per cui il nostro primo figlio è nato là.
Il primo permesso di soggiorno l’abbiamo avuto a Firenze, a Vicenza non era possibile, ricordo che abbiamo aspettato 24 ore, in fila. Adesso finalmente abbiamo la carta di soggiorno, è a tempo indeterminato. Non dobbiamo più rinnovarla ogni anno. Come funziona? Dopo sette anni di residenza regolare si ottiene. Noi siamo residenti dal 2002.
Per la cittadinanza ancora non è chiaro, bisogna portare i certificati e qualche carta al tribunale di Vicenza e poi aspettare…

Da quando sono arrivato ho quasi sempre lavorato come muratore, mi sono fatto un po’ tutti i cantieri della zona, poi ho fatto due anni con una ditta, un anno l’autista, due anni in fabbrica e infine sono partito come artigiano edile. Ho visto che c’era tanta richiesta per l’edilizia. Mi è andata anche bene, ho sempre avuto lavoro, anche grazie alle conoscenze, però ci vuole tanta serietà, e soprattutto puntualità. Abbiamo deciso di metterci in proprio nel dicembre del 1998. Adesso abbiamo tanto lavoro, ma all’inizio è stata dura, perché bisognava farsi conoscere, tant’è che i primi tempi al sabato e alla domenica giravo per cantieri, mi prendevo giù i numeri delle ditte o delle agenzie immobiliari, veniva anche mia moglie, trascorrevamo il fine settimana così…
Quando ho cominciato avevo tre dipendenti, man mano che passavano i mesi e aumentava il lavoro assumevo altra gente, fino a che sono arrivato a dieci dipendenti. A quel punto anche mio fratello ha aperto una partita Iva e così ci siamo divisi. Dopo due anni sono di nuovo tornato a dieci dipendenti e anche il più giovane dei fratelli si è messo in proprio. Adesso io ho dieci dipendenti e lui ne ha sei e lavoriamo insieme.

Abbiamo lasciato la Bosnia in tempi diversi. Prima è venuto mio fratello più grande, nel 1991 mi pare. Io inizialmente sono andato a Zagabria poi in Austria. In Austria erano più freddi e anche il fatto che fossi serbo, insomma… In Italia è tutto diverso, basta che lavori e non fai robe strane ed è tutto a posto, nessuno ti chiede niente.
Siamo arrivati a Thiene per puro caso. Mio fratello maggiore aveva trovato lavoro in una ditta e a un certo punto mi ha chiamato. Lui a sua volta era stato ch ...[continua]

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