Lea Melandri è stata redattrice della rivista L’Erba Voglio (1971-1975). Ha scritto Come nasce il sogno d’amore e Lo strabismo della memoria. Ha diretto la rivista Lapis. Da poco, per la Manifestolibri, è stato ripubblicato il suo libro L’infamia originaria.

La tragica vicenda di Diana ha innescato reazioni veramente imprevedibili…
A me continua a sembrare una vicenda estremamente significativa, anche per capire alcuni problemi centrali della nostra civiltà. Oltre ad aspetti allarmanti e inquietanti, ne sono emersi alcuni, che potrebbero invece aprirci a una consapevolezza diversa di alcuni fenomeni che si agitano nel nostro tempo. Comunque, la prima osservazione che mi viene da fare è che non si può liquidare quello che è successo facendo finta che non sia accaduto, né, tanto meno, facendo dell’ironia. Una riflessione si impone.
In primo luogo mi sono chiesta perché io per esempio, pur essendo appassionata fin da bambina alle storie dei reali, non avevo mai provato curiosità per una vicenda oggetto dei pettegolezzi dei giornali scandalistici, delle televisioni e dei giornali di informazione, che a me sembrava, tutto sommato, abbastanza banale. Per dire, le storie dei Savoia di un tempo erano straordinarie al confronto. Non c’è dubbio, allora, che è stata la morte a trasformare la vicenda di Diana in un evento così straordinario. Intanto credo che il modo stesso in cui è avvenuta ha fatto acquistare un significato allarmante, perché ci ha mostrato che tutto quello che ci intrattiene quotidianamente, tutto ciò che i media producono e che ci fa compagnia, ci consola e viene incontro ai nostri sogni, può scomparire di colpo. Questo flusso continuo di produzione mediatica può improvvisamente essere sospeso, può sparire. E non perché noi lo facciamo morire, spegnendo la Tv o cambiando canale; ad allarmare è la sparizione, la morte che non dipende da noi, l’avvenimento non previsto che può aprire una breccia e fare intuire anche l’aspetto effimero di quella realtà che ci intrattiene quotidianamente. In questo caso poi, quella morte era doppiamente rivelatrice, perché avveniva all’interno stesso del circuito mediatico: i media possono distruggere quello che hanno prodotto. La morte quindi in qualche modo apre un vuoto, crea un’orfanità. E questo ci costringe a mettere a fuoco il bisogno che c’è dietro, i significati, i simboli di cui sono portatrici le immagini che ci avvincono.
Però non è che i media creano dal nulla…
Se l’evento, così come è arrivato a noi, è sicuramente l’effetto anche della straordinaria potenza dei mezzi di informazione che oggi possono sintonizzare la gente da un capo all’altro del pianeta, e creare contagio, allargando enormemente la partecipazione, sarebbe sicuramente sbagliato e ingenuo ridurre tutto a una costruzione, a un artificio dei media.
E’ evidente che c’è una materia su cui i media lavorano, una materia di esperienze, passioni, sogni, che entra in circolo nella costruzione dei media, ma che preesiste.
Diana è diventata non solo lo specchio di tutte le Diane che sono in noi, la moglie, la mamma, l’amante, ma anche il luogo di una infinità di proiezioni, un caleidoscopio di proiezioni, che comunque come punto di accentramento hanno sicuramente il femminile, il luogo, cioè, della costruzione immaginaria per eccellenza in tutta la cultura, in tutta la storia dell’uomo, a fronte di un mutismo, di un’assenza, di una scomparsa delle donne dalla storia. D’altra parte anche in questo senso la vicenda di Diana è estremamente emblematica: ci pone di fronte, contemporaneamente, a una scomparsa, a una morte e a un’esaltazione immaginaria. E’ venuto alla luce tutto ciò che il femminile rappresenta per la civiltà, per la storia e la cultura dell’uomo: la vicenda cosiddetta intima, privata, tutto ciò che ha a che fare col nascere, il morire, gli amori, le passioni, i sentimenti, la vicenda del corpo, la sessualità, la crescita degli individui; quella parte di esperienza che la storia ha allontanato da sé, che è stata messa al bando dalla scena pubblica, che la vicenda pubblica della storia degli uomini ha creduto di custodire, magari anche come la cosa più preziosa, nel silenzio.
La figura di Diana è stata associata costantemente a questi altri aspetti: si è parlato di lei in relazione all’irrompere dei sentimenti appunto nella vita pubblica, all’irrompere dell’umanità contro il formalismo, si è parlato di ribellione al potere, e poi di santità. Tutti gli elementi storicament ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!