In un’intervista precedente tu individuavi il centro del problema della politica nell’amministrazione dello Stato. Ecco, ma nella società? Che problema c’è rispetto alla politica?
Guarda, io parto da Monsignor Della Casa, che considero il fondatore della sociologia, un Bourdieu ante litteram, e non scherzo, e dal suo Galateo che dopo 500 anni viene stampato ancora, il che è già abbastanza stupefacente. 500 anni! C’è una battuta, secondo me formidabile, di Monsignor Della Casa, che meglio non può spiegare il senso del suo Galateo. A un certo punto, rivolgendosi appunto a questo ragazzo, Galateo, per spiegargli l’importanza dell’apprendimento delle buone maniere, dice: "Perché tu devi capire, le grandi virtù sono importantissime e bisogna assolutamente coltivarle: l’onore, il coraggio, eccetera. Però raramente nella vita ti capita di doverle usare. Invece, soffiarti il naso ti capita ogni cinque minuti”. Allora, se tu impari a usare il fazzoletto invece di smocciare col naso, è tutto di guadagnato.
Ecco, io sono arrivato a questa conclusione: secondo me oggi, dopo tutte le sofisticherie liberali, post-liberali, neoliberali che noi abbiamo conosciuto e che sono sacrosante, perché i diritti e la giustizia sono tutte cose di cui non si può fare a meno, c’è bisogno anche di trovare un livello in cui mettere in pratica la politica nella sua quotidianità e non solo nel momento in cui andiamo a votare (che poi, tra l’altro, non ci andiamo neanche più, ma questo è un altro discorso) oppure quando ci scagliamo contro i corrotti, "Bossi il cattivo”, "Sono tutti uguali, anche gli altri”, "Lui di più, io di meno”, poi arriva Grillo che è diventato miliardario col blog a spiegarci che sono tutti dei ladroni, che sono tutti da cacciare a calci… (io non so proprio più cosa pensare, ma lasciamo perdere, non è questo di cui voglio parlare).
La mia risposta è che bisogna far politica, imparare a far politica alla Galateo, cioè bisogna imparare a capire che la politica è fatta di piccole cose. È fatta anche di grandi idee, quindi i diritti dell’uomo, l’Onu, il Tribunale internazionale, tutto quello che vuoi tu. Però è fatta soprattutto, quotidianamente, minuto dopo minuto, di piccole cose. Le piccole cose sono le buone pratiche di cittadinanza e sono l’amministrazione, attività, cioè, in cui la gente può esprimere la propria responsabilità. Questo è per me il punto della questione. Io sostengo che questa sarebbe una piccola rivoluzione, del tipo di quella che fece Della Casa rispetto ai principi cavallereschi che avevano dominato fino a metà Cinquecento. Teniamo presente che ancora agli inizi del Seicento Cervantes è ancora lì, sui principi cavallereschi, così Rabelais, e prima di loro la famosissima Christine de Pizan. In realtà la cavalleria, con tutto il suo fantastico armamentario di valori, di dottrine, di comportamenti, con le vedove, il cavaliere senza macchia, non c’è più. C’è invece una società che ha cominciato a muoversi, ha costruito le città, è diventata ricca, ha pratiche quotidiane di comportamenti diffusi anche, non più appannaggio solo del principe e dei suoi pochi cortigiani.
Nello stesso periodo di Monsignor Della Casa hai Baldassarre Castiglione, che è pure più famoso, e ambienta il suo "Cortegiano” in una corte come quella di Urbino, che in realtà è un pollaio con dieci capre, ma ha un palazzo fantastico con la più sfarzosa corte del mondo. E questo qui ci scrive su un romanzo dicendo che lì c’è il tipo ideale dell’uomo. Ma dico, siamo scemi? Monsignor Della Casa, che invece è probabilmente gay, tra l’altro sporcaccione, che vorrebbe diventare cardinale ma non lo fanno mai, forse proprio per quello (vabbé che allora...); che è uno che fa il nunzio a Venezia, che compila l’indice dei libri proibiti, tanto per dire che è uno che fa sul serio, non certo un chiacchierone; ebbene, questo scrive un librettino in cui ti spiega che ...[continua]
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