La Bosnia Erzegovina all’inizio di maggio è stata colpita da un forte alluvione. Può dirci qual è la situazione oggi?
I primi giorni di maggio è piovuto molto. Il 4 maggio eravamo arrivati a 4 litri/mq. Se la pioggia si fosse fermata lì non sarebbe successo niente, ma durante i pochi giorni di sole successivi al maltempo abbiamo visto le previsioni e capito che potevano sorgere problemi. In base alla nostra esperienza sappiamo infatti che già quando cadono 70 l/mq, arrivano le frane e secondo le previsioni ne sarebbero scesi molti di più. A quel punto abbiamo proclamato lo stato di emergenza, per poter mobilitare tutti i servizi e mettere in atto un intervento di protezione civile. Qualcuno è rimasto sorpreso da questa nostra decisione: alcuni dicevano che ci era preso il panico, altri che era tutta una finta per attrarre i media; altri ancora hanno capito che avevamo fatto un’indagine seria. Non abbiamo comunque avuto il tempo di spiegare le nostre ragioni perché è ricominciato a piovere senza sosta per molti giorni... La maggior parte delle città hanno proclamato lo stato di emergenza il 15-16-17 maggio; a quel punto noi eravamo già avanti con il nostro lavoro, che è stato molto serio. Per dire, come protezione civile qui a Tuzla abbiamo mobilitato 60-70 esperti; a livello del Cantone a cui fanno capo 13 municipalità avevano ingaggiato solo sei, persone per l’intero territorio.
Per fortuna, poi, qui a Tuzla, è dal 2000 che facciamo interventi di prevenzione. Qui il terreno è facilmente soggetto a frane.
Gli esperti ci hanno spiegato che è un terreno geologicamente giovane, e così quando c’è tanta acqua, gli strati superficiali, sui quali si trovano le case, si staccano. Sotto quello strato c’è invece materiale impermeabile. Grazie alla squadra di geologi e tecnici abbiamo suddiviso il Comune in dodici zone e per ciascuna abbiamo messo in piedi un team costituito da geologi e ingegneri edili; ci siamo organizzati come un comando d’armata e siamo stati costantemente presenti nei luoghi più colpiti. Le nostre riunioni venivano spesso organizzate in loco, con gli abitanti lì in attesa di sapere se avrebbero dovuto essere evacuati oppure no. Sono stati coinvolti anche molti volontari, soprattutto dove le macchine non potevano arrivare. Il nostro record era di 100 l/mq, questa volta siamo arrivati a 250 l/mq.
Fino a oggi ci sono state più di 1800 frane nel solo territorio di Tuzla. Non tutte fortunatamente hanno interessato luoghi abitati. Fino a due giorni fa risultavano circa 1200 case danneggiate, alcune completamente, altre in parte ricostruibili.
Abbiamo fatto di tutto per mettere in sicurezza le case più a rischio. Ci sono diversi possibili interventi. Se le case si trovano sul pendio di una montagna quindi in una zona inclinata, si possono fare dei canali per deviare l’acqua. Con vari sistemi di drenaggio abbiamo salvato migliaia di case. In alcuni casi abbiamo costruito dei pozzi per raccogliere l’acqua in eccesso.
Ora stiamo valutando la possibilità di fare un intervento innovativo. È un’idea mia e dell’assessore competente e i geologi hanno detto che non siamo pazzi, che è possibile. Ci sono delle zone dove ancora non si sono costruite case. L’idea è di togliere lo strato superficiale di terra, quella più precaria, così da costruire sul terreno più duro. In pratica si tratta di provocare noi le frane. Resta il problema di dove mettere la terra prelevata, che tra l’altro è di alta qualità. Ecco, abbiamo preparato un progetto per costruire un cimitero comunale, che qui a Tuzla non abbiamo. E allora un’idea potrebbe essere quella di usare proprio quella terra, così risolviamo due problemi, quello del cimitero e quello delle frane!
Sono già state individuate un paio di zone dove sperimentare questa tecnica.
Ci siamo impegnati anche per normalizzare la vita in città, per rimettere in funzione le strade, l’acquedotto (mezza città era rimasta senz’acqua), l’elettricità, e anche il ritiro della spazzatura per evitare che la città cadesse in uno stato di anarchia. Anche questo direi che è stato fatto in tempi record. Infine abbiamo lavorato sul piano sanitario, per evitare epidemie.
Durante l’alluvione ci sono state manifestazioni di solidarietà inattese.
Noi, come Comune, abbiamo portato il nostro aiuto a Bijelina, che è nella Republika Srpska, a Orasje, nella Federazione, e poi a Brcko, nell’omonimo distretto e a Doboj, sempre nella Repu ...[continua]
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