Ginetta Latini insegna alla Scuola "senza zaino” Brunacci di Milano; Francesca Olivini è la mamma di due bambine che frequentano la scuola.

Cos’è la scuola senza zaino?
Ginetta. La scuola senza zaino è nata a Lucca nei primi anni Duemila sulla base di un gruppo di lavoro messo assieme da un dirigente scolastico, Marco Orsi, che poi ha scritto diversi libri sul metodo. Con sorpresa un po’ di tutti è diventata una rete nazionale molto ampia che comprende adesso 250 istituti in quasi tutte le regioni d’Italia. La zona in cui sono più diffuse è la Toscana, però la seconda è la Puglia. È un metodo a tutti gli effetti che prevede come prima cosa il cambiamento radicale degli spazi di un’aula scolastica. Collegato a quello, ci sono metodi di insegnamento e apprendimento che assomigliano vagamente alla scuola montessoriana perché hanno degli oggetti come mediazione per l’apprendimento, però la modifica sostanziale è che gli oggetti vengono prodotti dagli insegnanti della scuola. Al momento in Italia ci sono sette "fabbriche degli strumenti” e quella centrale si trova a Lucca. Ci sono strumenti sia per i vari ambiti disciplinari, matematica, logica, italiano, inglese, ma anche per la gestione della classe e poi oggetti di cancelleria, quaderni, matite, penne, eccetera, che sono speciali e pensati.
Come viene riorganizzato lo spazio dell’aula?
Ginetta. Quando si entra nella rete nazionale Senza Zaino, la prima cosa che viene fatta è riprogettare e riallestire gli spazi dell’aula, che è il centro del cambiamento. C’è proprio il passaggio dal modello di lezione frontale, verbale a un sistema tutto diverso in cui non esiste più la cattedra, ma non esiste più neanche il banco monoposto in cui il bambino sta seduto da solo. Quell’assetto con l’insegnante che parla e i bambini che ascoltano è come se fosse esploso in uno spazio che diventa tutt’altro. Ci sono dei tavoli grandi un metro e trenta per un metro e trenta, dei tavoli quadrati, a cui lavorano mediamente gruppi di sei bambini.
Parliamo di scuola primaria come origine, ma ormai ci sono anche scuole dell’infanzia, scuole medie e da quest’anno abbiamo anche tre scuole superiori.
Il resto dell’aula è suddiviso in altri spazi: mini laboratori dedicati alle parole o area linguistica, ai numeri o area matematica; il terzo angolo è dedicato alla scienza o all’arte. E poi c’è uno spazio molto particolare che si chiama Agorà, delimitato da mobiletti bassi che si individua subito; da noi è l’unico ricoperto di parquet; è uno spazio dotato di sedute morbide, cuscini, parallelepipedi di psicomotricità, divanetti. È lo spazio di passaggio tra il fuori e il dentro; è il primo luogo in cui i bambini si sistemano quando arrivano a scuola e dove si fa questo rito di accoglienza o di condivisione delle parole prima di cominciare la giornata scolastica.
Francesca. I bambini di una classe fanno il giro dicendo "Sono felice perché...”, "Sono triste perché...”, oppure ci si dice dove si è arrivati ieri con il lavoro e come lo proseguiamo oggi. È proprio un momento in cui ritrovarsi e rimettere a fuoco il fatto che siamo qui dentro.
Ginetta. Un altro elemento importante è la "didattica differenziata in contemporanea”, che è il passaggio naturale dal fatto che prima si ascoltava e si lavorava tutti assieme con l’insegnante che guidava, mentre qui invece l’insegnante è una coordinatrice di attività diverse che si svolgono contemporaneamente.
Il cuore della didattica sta pertanto nell’organizzare delle attività differenziate: noi maestre abbiamo uno sgabellino con il quale ci spostiamo nei vari tavoli; tendenzialmente organizziamo un’attività di avanzamento in cui spieghiamo cose nuove e poi attività di rinforzo che i bambini svolgono in autonomia. Se devo insegnare la divisione a due cifre, per esempio, lo faccio al primo tavolo, mentre gli altri bambini fanno esercizi per conto loro. Gli angoli o mini laboratori sono attrezzati con i famosi strumenti per l’apprendimento che sono di vario tipo.
La cattedra non esiste più come concetto. Il tavolo delle maestre è in una posizione decentrata ed è uno spazio di lavoro e d’appoggio.
In questo nuovo assetto la gestione della voce diventa fondamentale. Anche qui ci sono strumenti, simboli, oggetti che scandiscono il volume nei vari momenti della giornata. Uno tipico è un pesciolino fatto di cartapesta o plastificato, che simboleggia il silenzio. Quando leggiamo o faccia ...[continua]

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