Quando è nato il progetto "fratello maggiore"?
Angela Villani. Il progetto è nato a fine ’92 come momento di riflessione sulla funzione dell’educatore. All’inizio partecipammo, come docenti, a una serie di incontri sulla capacità di ascolto che ogni educatore, docente o meno, deve avere nei confronti degli adolescenti. L’iniziativa era stata organizzati dagli operatori dell’Usl 39, che copre il territorio di Soccavo, un quartiere della periferia ovest di Napoli, e del Centro di documentazione per l’infanzia del Comune di Napoli. Questi incontri ci hanno spinti a riflettere sul rapporto che avevamo con gli adolescenti, sia come insegnanti che come adulti.
Dopo questi primi incontri, il progetto "fratello maggiore" ha preso corpo, dapprima nelle scuole di Soccavo, e poi in tutta la città. Addirittura, adesso sono in corso dei gemellaggi con la Provincia di Napoli e con il Comune di Grosseto per esportare questa esperienza al di fuori del territorio cittadino. Anzi, lo stesso Ministero della Pubblica Istruzione ha inserito questo progetto tra le iniziative volte a combattere la dispersione scolastica nella scuola dell’obbligo.
Man mano che si diffondeva in nuove scuole, "fratello maggiore" cresceva anche sul piano culturale, perché i ragazzi sono stati coinvolti in maniera sempre più attiva. Molti "fratelli maggiori", che sono studenti delle superiori, sentono infatti l’esigenza di continuare a collaborare, anche dopo che hanno ottenuto la maturità. Alcuni "fratelli maggiori" della prima ora continuano a partecipare al progetto anche adesso che sono laureati, in veste di volontari. Se prima erano degli animatori veri, perché erano ragazzi, oggi sono dei professionisti dell’educazione, al pari di noi docenti. Quindi, il progetto, per i ragazzi coinvolti, ora non ha più limiti di tempo né di spazio, perché, come dicono loro, "un fratello maggiore è sempre un fratello maggiore", anche quando non è più "in servizio". E’ un abito mentale che si conserva nel tempo.
Qual è il punto di forza del progetto?
Angela. La forza del progetto sta nel fatto che chi partecipa viene considerato soprattutto come persona. Se il ragazzo "fratello maggiore" si sente importante è perché si sente protagonista del progetto. La stessa cosa avviene per il docente, che in questi anni si trova in situazione di grossa sofferenza per il senso di impotenza rispetto a certe dinamiche psico-educative e al suo ruolo come parte del sistema-scuola, che è un sistema apertamente in crisi. Il docente che partecipa al progetto ha uno spazio personale di rielaborazione dei propri vissuti negativi legati alla propria esperienza educativa. Questa rielaborazione viene affrontata in gruppo, perché il gruppo è potente. La sinergia del gruppo è sfruttata a tutti i livelli del progetto, dal ragazzo al coordinamento. Quest’ultimo si occupa della formazione dei ragazzi. I ragazzi entrano in classe supportati dall’intervento dei volontari, ossia i vecchi "fratelli maggiori", e da momenti di riflessione, che hanno la funzione di rielaborare quei vissuti che diventano troppo forti o troppo problematici rispetto al carico che uno se ne può fare.
Allo stesso modo, ci si cura della formazione degli adulti, perché anche il docente è un persona che ha bisogno di essere presa in carico. Il docente, oggi, ha bisogno di un nuovo ruolo. Abituato ad essere l’informatore per eccellenza nei confronti dei bambini e degli adolescenti, si ritrova ad avere un ruolo più da educatore che da informatore, dovendo spesso gestire problematiche psicologiche e sociali di origine extrascolastica.
Il ragazzo che dà problemi in classe è un ragazzo che proviene da una famiglia che non svolge più il proprio ruolo, quando non c’è addirittura. Oppure, i ragazzi stessi si trovano a vivere in anticipo problematiche proprie di una fascia di età più adulta. Di fronte a questo disagio generazionale, il docente ha bisogno di collocarsi in una nuova dimensione.
Quali sono le finalità del progetto "fratello maggiore"?
Angela. Si mira anzitutto a far sì che i docenti sviluppino una capacità ...[continua]
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