Stefano De Matteis vive a Napoli, insegna Antropologia culturale all’Università di Urbino. Ha pubblicato Antropologia delle anime in pena, Ed. Argo, Napoli.

A quando risale il culto delle anime del Purgatorio a Napoli ?
Bisogna innanzitutto precisare che il Purgatorio è un’invenzione recente, degli inizi del secondo millennio, creata per cristianizzare le apparizioni, gli eidola e i phantasmata precristiani. Le Goff lo definisce il “terzo luogo”, un luogo liminale di passaggio, collocato fra l’Inferno e il Paradiso, dove i “revenants”, i “cattivi morti”, che comparivano in precisi momenti dell’anno (ad esempio alle cesure stagionali) e in certi luoghi (crocevia, confini) si sono convertiti in anime benefiche grazie alla pietas dei vivi. Il Purgatorio quindi rende possibile uno scambio tra vivi e morti. E’ significativo che nell’immaginario dei nativi si sia realizzata una sorta di identificazione tra Napoli e il Purgatorio, un’identificazione che ha radici precristiane. Si fonda, per un verso, sul mito dell’Averno, il lago fra Cuma e Napoli dove gli antichi avevano collocato la discesa agli Inferi e dove ancora Galileo riteneva che fosse situata la “selva oscura”, ma arriva fino ai nostri giorni. Penso alla commedia di Eduardo Questi fantasmi, dove appunto i personaggi-fantasmi vengono descritti come vere e proprie anime del Purgatorio. Per un altro verso poi a Napoli c’è il Vesuvio, la rappresentazione concreta della possibilità della catastrofe, dell’irruzione del fuoco dell’Inferno nella quotidianità della vita, della realizzazione cioè di un Inferno in terra. La città viene così percepita come una terra incerta, purgatoriale, con l’Inferno immediatamente sotto i piedi, un luogo in cui la vita terrena -che per la religione cattolica è un momento di passaggio in vista della vita celeste- diventa doppiamente “di passaggio”. Non stupisce dunque che il senso della precarietà abbia profondamente permeato il sistema culturale e l’identità napoletana. Essa infatti si regge sull’indipendenza e sull’autonomia e si afferma grazie a un sistema culturale basato sull’anonimato, sulla circolarità e sulla collettività. Un sistema che si determina e si regge, materialmente, grazie alle attività “libere” di lavori autoregolati, una indipendenza che riorganizza le incertezze esistenziali e rielabora culturalmente i rischi e le insicurezze della vita. Una stessa precarietà caratterizza anche le anime del Purgatorio, che si trovano in una condizione liminale di attesa; si tratta soprattutto di anime che hanno perduto la loro identità. E’ infatti l’anonimato la loro caratteristica principale e non è un caso che a Napoli il culto moderno si sia sviluppato a partire dalla peste del 1656. La peste realizza la catastrofe, l’apocalisse, la rottura di ogni legame familiare, di cordoglio e di elaborazione del lutto. La quantità di morti era tale che non c’era possibilità di dare sepoltura individualmente, venivano quindi predisposti enormi spazi dove si buttavano i cadaveri degli appestati. In questo modo il corpo non poteva più essere sottoposto al rituale del passaggio che lo allontanava dalla comunità per consegnarlo all’aldilà e non c’era più la possibilità, per i morti, di conservare il nome, così perdevano la loro identità. I luoghi dove venivano ammassati i cadaveri erano numerosi, da Piazza Mercato a Santa Maria alle Croci, fino alla grotta detta degli Sportiglioni (dei Pipistrelli) a Poggioreale, anche se, col passare del tempo, ci si è accorti che i morti erano ovunque: la peste aveva creato una tale saturazione che, ancora nell’Ottocento, le cronache narrano che, quando veniva rifatta una strada, dal terreno sottostante emergevano dei resti anonimi. Si è quindi provveduto a raccogliere questa quantità di resti in alcuni luoghi, come il camposanto delle Fontanelle, che è quello che ne raccoglie di più. Per l’immaginario devoto questi resti sono anime abbandonate e marginali, rappresentano le anime del Purgatorio, quindi anime bisognose d’aiuto.
Questa marginalità permette di istituire un’identificazione fra anime del Purgatorio e poveri ?
Sicuramente. Anime del Purgatorio e poveri condividono la stessa condizione d’incertezza, entrambi sono “esposti” (le anime attraverso i loro resti, i poveri esposti alla pietà umana, i loro figli anche materialmente “espositi” alle porte dei conventi). Esiste del resto una relazione molto interessante fra il culto delle anime del Purgatorio e la morte dei poveri. A Napo ...[continua]

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