Carmelo Mandosio vive a Padova e lavora come capotecnico presso l’Officina Fs di Vicenza.

Da anni sei impegnato in una compagna per il riconoscimento dei danni provocati dall’esposizione all’amianto. Come hai cominciato ad occupartene?
Allora, per quanto riguarda le ferrovie si è cominciato a sospettare che ci fosse un problema anche tra noi tecnici e le persone comuni, alla fine degli anni Settanta. I primi casi di tumore polmonare si erano verificati nell’officina Grandi Riparazioni di Foligno, nel 76.
In realtà però l’ambiente scientifico ne era conoscenza da almeno 50 anni. Sembra accertato che il primo caso di mesotelioma, un tumore specifico dell’amianto, risalga al 1906 ed era stato rilevato sia nell’ospedale di Londra che in quello di Johannesburg in Sudafrica.
Studi erano poi stati fatti sia nel 1933 che nel 1955. Comunque chi aveva dato un impulso abbastanza preciso alla ricerca sulle conseguenze da esposizione all’amianto, definendo persino il rapporto dose-risposta era stato Selikoff. Selikoff era un epidemiologo americano, di origine russa, che aveva preso in esame quasi 17.000 manutentori dei treni nelle ferrovie americane e li aveva seguiti dal 66 al 77, cioè per circa dieci anni.
Ebbene, lui aveva visto che tutti questi lavoratori esposti avevano un’incidenza di tumori superiore di 3-4 volte rispetto alla media. Il tumore polmonare, per esempio, era superiore di 4-5 volte, e anche quello alla prostata. Insomma negli ambienti inquinati dall’amianto c’era -a seconda del tipo di tumore- una moltiplicazione di queste patologie.
Puoi spiegare cos’è l’amianto e come agisce?
L’amianto è un silicato che può essere di calcio o di magnesio; è una sostanza indistruttibile con grandi capacità fisiche di utilizzo.
Con l’amianto infatti si realizzano circa 300 prodotti, che sono un’enormità. Quando ho iniziato a informarmi e studiare ho scoperto che ogni settore era in qualche modo inquinato d’amianto. Non ci immaginiamo neanche quanti oggetti della nostra vita quotidiana possono contenere amianto. Posso fare degli esempi. L’amianto è utilizzato nella guarnizione dei motori, ma anche in quella dei rubinetti; nei filtri da bocchino per le sigarette, ma anche in quelli per l’olio, la birra e il vino; nei pannelli per la cucina; nei ferri da stiro; nei frangifiamma dei fornelli...
Quindi c’era un uso massiccio e indiscriminato di questo prodotto, intanto perché costava poco e poi c’era una lobby internazionale che penetrando nel mercato con una politica abbastanza forte e aggressiva, in un certo senso ne imponeva l’uso. E’ poi innnegabile che c’è anche un fattore “qualità” nella scelta dell’amianto. Tieni presente che l’amianto è conosciuto fin dall’antichità, veniva utilizzato nelle bende per avvolgere i faraoni o i dignitari in Egitto, e anche dai romani. “Amiantos” infatti è una parola greca che vuol dire indistruttibile, puro; mentre “Asbestos” significa non incendiabile; lo dico perché una delle patologie amianto-correlate è l’asbestosi.
Nonostante l’uso risalga così indietro nel tempo, l’attenzione nei confronti dell’amianto è piuttosto recente, nel senso che fino alla fine del secolo non c’era una diffusione così intensa, l’uso, tutto sommato, era piuttosto limitato. Il problema inizia ad assumere dimensioni preoccupanti quando un ingegnere svizzero, un certo Ludvig Hatchek, miscelando le fibre di amianto crea una struttura abbastanza resistente, chiamata Eternit, eterno.
I primi stabilimenti di Eternit nascono a Glarona, in Svizzera. Due anni dopo ne viene aperto uno anche in Italia, a Casale Monferrato, che ha lavorato dal 1906 fino al 1983-84, quando è stato chiuso. Insomma, in 80 anni quella fabbrica ha inquinato completamente la cittadina di Casale Monferrato, provocando una serie di morti per mesotelioma.
Di cosa si tratta?
Il mesotelioma è una malattia molto rara, è un tumore alla pleura dovuto all’intervento delle fibre d’amianto, aghi molto sottili che vengono inalati attraverso il sistema respiratorio e si vanno a incastrare nei polmoni. L’intervento, insomma, è fisico, non è chimico.
Le fibre d’amianto si vanno a incastrare dentro gli alveoli polmonari e possono restare là tutta una vita, come possono anche degenerare, provocando, ad esempio, l’asbestosi, che è una malattia classica di chi è esposto all’amianto, e che non è altro che un’innumerevole cicatrizzazione del tessuto polmonare, che diventa rigido provocando una diminuita capacità respiratoria.
Un’altra ...[continua]

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