Lei è stato fra i primi a porre l’attenzione sul lavoro autonomo di seconda generazione, come si disse, ma a sinistra su questo tema poco si è fatto e studiato…
In realtà ad aprile di quest’anno, subito dopo le elezioni regionali, e la relativa batosta, questo tema, ormai scomparso, era saltato fuori nuovamente a sinistra. Ne avevano riparlato il segretario della Cgil ed il Ministro del Lavoro, probabilmente per trovare risposte a domande come “ma perché non ci hanno più votato?”, “cos’è che non abbiamo fatto o che avremmo dovuto fare?”. Non proprio delle prese di posizione, ma delle frasi qua e là dentro le interviste che in quel momento i politici davano ogni giorno. Poi è successo che l’Unità ha pubblicato un inserto dedicato interamente ai cosiddetti lavori atipici e questo alla vigilia delle elezioni dei rappresentanti sindacali nei fondi di gestione dell’Inps. Siccome c’è il versamento obbligatorio del 13% all’Inps per i collaboratori coordinati e continuativi e la gestione di tale fondo prevede un comitato nel quale ci sono anche i rappresentanti dei lavoratori, si trattava di preparare le elezioni, che poi, mi dicono, sono andate piuttosto male per la Cgil.
Allora, dopo tre anni di silenzio, ho colto l’occasione per dire la mia, mi sembrava di averne il diritto ed ho scritto un articolo che L’Unità ha pubblicato il 12 luglio. Ho ricordato due o tre episodi piuttosto squallidi che mostrano come a sinistra ci sia per questo fenomeno del lavoro indipendente o molto disinteresse o totale incomprensione, certamente un forte disprezzo.
Il fatto è che la cultura del lavoro presente nella sinistra vede solo tre tipi di lavoro: quello degli alti burocrati di Stato, quello dei dipendenti pubblici, e il lavoro operaio; nient’altro. La mia opinione personale è che noi parliamo tanto di new economy, di new economy e Internet, di new economy e finanza, di new economy e logistica, dimenticando però che se c’è una cosa importante nella new economy è il lavoro, un nuovo modo di lavorare che svolge un ruolo più importante della finanza, di Internet, della logistica, perché ne è il presupposto. Se in un’epoca storica di grandi cambiamenti - io credo davvero che siamo ad una svolta della storia - la sinistra non è capace di riconoscere le novità insite nel fattore lavoro, nella disposizione soggettiva e nella condizione oggettiva del lavoro, può parlare di tecnologie finché vuole, ma stenta a giustificare la sua ragion d’essere. Che ci sta a fare una sinistra? A promuovere Internet? A promuovere la finanza, la logistica? Non c’è proprio bisogno di una sinistra per questo. Veramente mi chiedo quale giustificazione storica resti per l’esistenza di una sinistra.
Internet è una cosa per cui uno sta di fronte a un computer, solo come un cane, chiuso in una stanza. E non si sente un cane, ma padrone del mondo.
Questa è una nuova disposizione soggettiva del lavoro, e per farlo ci vuole un nuovo tipo umano, qualcuno, cioè, che invece di lavorare insieme ad altri, di stare in un ufficio, in una fabbrica, in una situazione di collettività, come è sempre stato negli ultimi duecento anni, se ne sta solo di fronte a uno schermo; queste mi sembrano nuove forme di lavoro che presuppongono un homo novus, una nuova progenie, a sua volta condizione, non solo effetto, di una tecnologia e, anche, di un nuovo tipo di prodotti o di servizi. La catena di montaggio fordista sarebbe nata senza la massa di immigrati europei negli Usa? Oggi il nuovo operaio che sta al computer ha le caratteristiche antropologiche, economiche, sociali, del lavoratore autonomo. Uno studio dell’International Labour Organization dà per scontato che negli anni a venire la maggioranza del lavoro sarà autonomo, così come nei decenni precedenti era stato dipendente.
Lo ripeto: se la sinistra non si rende conto che è avvenuto un cambiamento radicale; se non cerca di capire che cosa può fare per questa nuova umanità, verificando se ha qualcosa da dire o qualcosa da dare, che ci sta a fare? L’unica cosa che la sinistra riesce a “dire di sinistra” è: “O poveri i poveri del mondo!”. Ipocrisia dei figli e dei mentori dell’opulenza.
Su questo terreno la Chiesa dice e soprattutto fa molto di più.. Ma non solo per i poveri, forse la Chiesa cattolica riesce anche a cogliere qualche oscuro biso ...[continua]
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