Sergio Bologna, già docente di Storia del movimento operaio e della Società industriale, è stato tra i primi a portare in Italia il tema della logistica.

Dopo l’incidente della Ever Given si è riaperto il dibattito sul “gigantismo navale”, che non è un tema nuovo. Nel pezzo pubblicato in Ritorno a Trieste lo fai risalire agli anni Settanta. Vorrei chiederti intanto cosa si intende con questa espressione, quali sono i processi e le “ragioni” che hanno portato a questo fenomeno, la sua reale efficienza e le prospettive.
Negli anni Settanta riguardava le petroliere, furono costruite navi da 500 mila tonnellate, ma è durata poco. Nel container invece la crescita delle dimensioni delle navi sembra non arrestarsi mai e quindi preoccupa (anche nelle crociere succede qualcosa di simile). In caso d’incidente, a parte i rischi per le persone e per le merci, può restare paralizzata un’intera economia cittadina (Amburgo per esempio) così come con l’incidente di Suez è rimasto semiparalizzato un intero comparto dei traffici marittimi mondiali. Gli armatori giustificano le loro scelte con le economie di scala, ma è stato dimostrato che non è del tutto vero. Ma anche se fosse vero significherebbe che loro ci guadagnano ma ci perdono le finanze pubbliche degli stati, costretti a investire grandi somme nell’adeguamento dei porti. È il caso di Genova per esempio che ha in programma di costruire addirittura una nuova diga foranea per permettere alle grandi navi di entrare nel porto. Che cosa cambia per le industrie, per i consumatori, per i cittadini se le merci arrivano con una nave da 16.000 Teu o con una da 24.000 Teu? Niente. Che cosa cambia per il porto? Niente, anzi con una nave più grande rischia una maggiore congestione.
Questa sorta di competizione sulle dimensioni porta con sé un’analoga rincorsa di scali e reti logistiche. Cosa sta succedendo da questo punto di vista? Cosa succede quan­do uno di questi giganti entra in un porto e in quali porti può entrare? Cioè di che contesto ha bisogno per funzionare?
Quanto più grande è la nave, tanto minore è il numero di porti che tocca nei suoi itinerari. Perché? Perché sempre meno porti hanno gli spazi e le attrezzature necessarie per sbarcare e imbarcare la merce di una nave gigante. Se mediamente una nave da 14.000 Teu tra sbarco e imbarco movimentava 800/1000 Teu per toccata, una da 24.000 Teu può anche movimentarne 6.000. Quindi rimane più tempo in porto e la sosta diventa molto cara. Allora diminuisce il numero delle toccate.
Ti faccio un esempio: una nave da 14.000 Teu che veniva dalla Cina poteva toccare Rotterdam, Liverpool e Amburgo. A una da 20.000 Teu non conviene e allora tocca solo Rotterdam e lì sbarca anche la merce destinata a Liverpool e Amburgo. Saranno necessarie altre due navi piccole per portare la merce da Rotterdam a Liverpool e da Rotterdam a Amburgo.
L’incidente, ma già la pandemia, ha messo in luce i limiti e le debolezze di un modello di sviluppo fondato su filiere globali e basso costo del lavoro. Anche qui quali sono le prospettive? C’è un qualche ripensamento in corso? Quali alternative?
Si parla da dieci anni almeno, dalla crisi del 2008, di riportare in Europa le fabbriche delocalizzate (re-shoring) oppure di accorciare le catene di fornitura. Qualcosa in effetti sta succedendo, dopo la pandemia ormai ci pensano un po’ tutti, qualcosa succederà. Però questo a medio termine non avrà effetti sul gigantismo navale. Le navi che sono in costruzione nei cantieri, il portafoglio ordini dei cantieri, è in gran parte per navi giganti. Solo la compagnia che gestisce la nave che ha bloccato Suez, la Evergreen, società cinese di Taiwan, ne ha ordinate venti. Nel 2023 è previsto che un esercito di navi giganti scenderà in mare. Ci sono capitali in abbondanza e il mercato finanziario è in mano alle Leasing Financial Companies cinesi. La vera ragione del gigantismo sta nel funzionamento della finanza dello shipping, sta nella finanziarizzazione del settore. Qui entriamo in un campo molto tecnico, provo a semplificare al massimo. Immaginiamo qualcosa che non è molto diverso dal prendere in leasing un’automobile. Una compagnia di navigazione ordina una nave a un cantiere. Firma un contratto di noleggio a lungo termine. I soldi per pagare il cantiere in pratica li riceve dal cantiere stesso tramite la sua società di leasing. I grandi cantieri del Far East, Corea del Sud, Cina, Giappone, per mantenere la loro leadership sono generosamente fin ...[continua]

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